29 gennaio 2005
Caserta, caso di pedofilia
Giuseppe Sangiovanni

 

 

PIANETA PEDOFILIA

La sconcertante testimonianza di una giovane donna casertana, vittima di attenzioni particolari dall’età di otto anni

“VIOLENTATA PER ANNI DAL CONVIVENTE DELLA MADRE”

Dopo anni di violenze sessuali subite, ha trovato il coraggio di denunciare il bruto e farlo condannare

Caserta- Non passa giorno - che i mezzi d’informazione riportino notizie di pedofilia e di violenze sui minori- perpetrate in famiglia(luogo protetto e sicuro per gli orchi)- mettendo in risalto, come causa di questa piaga, il degrado ambientale, sociale e culturale in cui avvengono gli abusi. Certo, queste sono concause da rilevare, ma il problema è sempre esistito nei secoli- come la storia, una tremenda testimonianza, raccolta dal cronista in un piccolo e caratteristico comune dell’entroterra casertano, completamente sconvolto da questa vicenda.

Una storia inquietante, raccontata da T.P., 22 anni- oggetto di particolari attenzioni, e violenze- perpetrate dal convivente della mamma, dopo anni denunciato, quindi condannato alle patrie galere.

Ragazza dotata di una determinazione non comune, lucida e serena- nel ripercorrere momenti tristi e angoscianti- che segnano e sconvolgono la vita di chiunque: testimonianza “didattica”- rilasciata con la speranza che possa servire, allarmare, mettere in guardia nel futuro, giovani vittime.

Decisa a raccontare la sua storia, dopo la condanna- a sei anni di carcere inflitta dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere all’ex convivente della mamma-che senza alcun timore, con la figlia, ha raccontato in esclusiva nazionale al nostro giornale quest’orribile storia-

Una “vittoria” importante(la condanna)- per T. e A. – quest’ultima, mamma della ragazza- dal sapore speciale in una piccola comunità, dove si mormora, si chiacchiera ed è più facile colpevolizzare il pianeta donna. Vittoria giunta dopo anni d’inenarrabili violenze subite- dalla ragazza- che ha continuato a vivere nello stesso posto- con il prevedibile disagio, con gli occhi puntati contro, con parole-macigni- scagliate al suo indirizzo- da beati spettatori del dramma vissuto- cadenzate al suo passaggio, nella piazza principale del paese, dal fruttivendolo, dal macellaio- e persino dalle quattro bizzoche- incrociate- nei pressi della chiesa.

Vittime, che in questi anni - mai hanno chiesto vendetta: desideravano ardentemente giustizia, puntualmente arrivata.

“ Chi si deve vergognare non siamo sicuramente noi”-dichiarano sincronizzate le due donne.

Intervista- “liberazione”, per la vittima dei soprusi di un “papà”-orco, che in ogni modo le ha lasciato il segno; un incubo senza fine, vissuto nel silenzio, per circa nove anni tra le mura domestiche.

Una famiglia rispettabile, unita, quella di T. e A- mai accortasi del dramma vissuto dalla figlia.

“Non mi ero accorta di nulla, lui era normale. Nulla. Non avevo il minimo dubbio, di quello che accadeva dentro casa”- precisa A.- che dalla convivenza con l’uomo ha avuto un altro figlio.

A favorire il silenzio imposto, la paura, la difficoltà di far acquisire agli atti le prove, l’ingenuità di una bambina-ragazza: decisa a raccontare tutto dopo il ritrovamento di una prova schiacciante, risultata determinante nel processo- celebrato dal Tribunale sammaritano.

“ Il mio calvario è cominciato prestissimo. Non avevo il coraggio, avevo paura di riferire il mio dramma a mia madre”- racconta la ragazza- ero intimorita dalle sue minacce(ndr. del patrigno)- terrorizzata, poi plagiata da quell’uomo- che ha approfittato per anni di me”.

  Mi abbracciava tutt’altro che “paternamente”- ricorda la ragazza- “carezze e terrore che mi paralizzavano, mixate ad uno strisciante senso di colpa, per la mia ingenua complicità. Avevo otto anni, quando è successo la prima volta, violenze subite per nove lunghissimi anni”.

 “Malato” che non faceva distinzione tra il bene e il male, per lui non esistevano regole. Non si rendeva conto-prosegue T., che io intuivo le sue reali intenzioni, ed era troppo vigliacco nel continuare imperterrito.

Poi, finalmente, la liberazione da quell’incubo, l’abbiamo cacciato da casa(anche il mio fratellino- il suo stesso sangue non lo vuole più rivedere).

 “Questa “persona” mi ha sporcato.  Prima ancora di conoscere l’amore del cuore, ho dovuto scoprirne l’aspetto malato e perverso”: una “macchia”, che adesso T. cerca di “lavare”, una confessione-liberazione mediatica, che spera possa servire a chi potrebbe trovarsi in situazioni analoghe. Per aprire gli occhi alla gente.

 Una storia, una brutta storia, dolorosa e lacerante, difficile da dimenticare. Storia che segna la vita di donna, di moglie, di madre e di nonna. Ma T.- è in possesso di un forte carattere, di una smisurata capacità di reagire: sogna come tutte le sue coetanee una sua famiglia, un marito e dei figli- vuole mettere una pietra tombale sulla “prevaricazione domestica subita”.

Una vicenda sporca che si è svolta come spesso succede tra le pareti di casa, che ha rubato alla giovane donna “ il dolce domani”, parafrasando il titolo efficacissimo di un inquietante romanzo dello scrittore americano Russel Banks. “ Che nulla v’è quaggiu’ su cui fidare, per quanto si voglia mascherare, ombre familiari, in un buio stanzino”- dai “Fiori del Male” di Baudelaire.

Una brutta storia di pedofilia- un uomo vampiro del cuore e del corpo della figlioletta della sua convivente, rapita del suo sorriso.

 

 

PEDOFILIA, MALATTIA SEMPRE ESISTITA

La mamma dei papà-orchi, è da secoli incinta! Pedofilia malattia “psichiatrica”. Ai primi del novecento, uno psichiatra italo-svizzero a fare l’associazione. Fantasie, impulsi legati a situazioni singolari riguardanti il mondo dei piccoli. Pressochè sconosciute le motivazioni che inducono la persona a “contrarre” la malattia. Una patologia “senile”, fenomeno antico come il mondo. Fenomeno diffuso, oggi amplificato dai mass media- che va ad occupare ogni giorno, prime pagine e non di giornali autorevoli: perché queste notizie morbose colpiscono il lettore. Come prevenire un fenomeno di cosi grande rilevanza e responsabilità sociale? Con la prevenzione a vari livelli, a cominciare dalla famiglia e dalla scuola- che devono saper cogliere- il minimo segnale.

                                                         Giuseppe Sangiovanni

 

 

    

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