18 settembre 2004
Vive peggio dei cani in una macchina
Giuseppe Sangiovanni

 

 

CI SONO PERSONE CHE VALGONO MENO DI UN RANDAGIO

 

CI VANTIAMO PURE DI ESSERE UN PAESE CIVILE!

 

Alfredo Rivetti, 49 anni, ignorato dalle istituzioni tira avanti in condizioni allucinanti

 

VIVE PEGGIO DI UN RANDAGIO IN UNA MACCHINA ABBANDONATA

 

Una vecchia Tipo trasformata in monolocale. Gli unici amici rimasti: quattro cani

 

Gli amici di Alfredo

 

Vaccheria(Caserta)- Di persone che vivono in strada, che dormono sotto i ponti o nelle stazioni, nelle grandi metropoli, ce ne sono a iosa, persone che molto spesso per scelta vivono in strada, rifiutando ogni tipo di aiuto. La cosa che colpisce, nella storia, che ci apprestiamo a raccontare, è che la stessa ha come scenario un piccolo centro, dove tutti si conoscono, dove tutti dovrebbero essere più uniti e solidali: una riserva di solidarietà a quanto pare in estinzione.

Solidarietà, parola completamente sconosciuta per il nostro protagonista, che vive peggio di un cane tra l’indifferenza dei parenti e delle istituzioni sorde e cieche. Sotto il cocente sole estivo, e d’inverno al freddo e al gelo. La sua casa, il suo monolocale(che fa da camera da letto, cucina e tinello) è fatto di lamiere, in realtà è una vecchia Fiat Tipo, parcheggiata sul ciglio di una  strada comunale, che congiunge la  località Vaccheria, a San Leucio, due piccole frazioni del comune di Caserta. Si chiama Alfredo Rivetti, 49 anni, un uomo dimenticato da tutti, una persona “normale”(il concetto di normalità è vasto)- caduta in disgrazia. Ottavo di nove figli, non ha mai navigato nell’oro, ma fino a qualche anno fa, un tetto in testa almeno l’aveva. La morte dei genitori e le precarie condizioni di salute, hanno peggiorato la sua situazione. In un baleno, ha perso tutto: affetti, casa e il lavoro di commesso in una tabaccheria. Sfrattato senza pietà, rifugiatosi in una vecchia baracca fatta di legno e lamiere, adiacente il fabbricato, acquistato da nuovi proprietari. Ma neanche in quell’orrida baracca ha trovato un poco di pace: qualcuno forse per il “suo bene”, in sua assenza la distrutta. E così, Alfredo che non accetta di andare in comunità, è finito in strada. Ai margini di una strada, nella vecchia Fiat Tipo.

Alfredo davanti alla sua casa-macchina

 

 

STANZA DA LETTO SOTTO LE STELLE

Una stanza da letto open, sotto il sole e sotto le stelle, dove da mesi “dorme”, riposa e sogna rannicchiato una casa vera, con un bagno, una doccia, il riscaldamento, l’acqua, la luce.

 Lui non chiede la televisione, Internet o il telefonino: ha bisogno di servizi indispensabili, che un paese civile non può negare: nonostante vizietti, difetti, tipici di una persona sfiduciata, che ha perso tutto, beffata da un destino crudele, con problemi di salute, sicuramente ridotti in un domicilio più umano.

Alfredo cucina

“Non ho avuto una vita facile-racconta Alfredo- eravamo nove figli- ho cominciato a lavorare che ero un ragazzo: ho fatto di tutto, il carrozziere, il saldatore, il fabbro, il cameriere, il tabaccaio.

Ho vissuto sempre con i miei genitori, con loro non andavo d’accordo, ma ci sopportavamo, tra alti e bassi tiravo avanti discretamente, fino alla loro scomparsa”.

Alfredo consuma il piatto di minestra appena cucinato

 

La parabola discendente per lui ha inizio proprio alla morte dei suoi cari. Perde il lavoro, ma le bollette della luce e l’affitto ogni mese arrivano comunque. Perde pure la casa.  La disperazione a livelli di guardia: prologo ai primi sintomi di una forte depressione, sfociata poi in crisi sempre più profonde, tanto da dover ricorrere al TSO(Trattamento Sanitario Obbligatorio).

Tre anni fa l’ennesima svolta negativa e traumatica. Conosce una donna ucraina, s’innamora(almeno lui), la sposa, dopo qualche mese “l’amore” finisce.

 

“Volevo una moglie, ma sono caduto ingenuamente nel tranello, lei mi ha sposato per ottenere la cittadinanza, un matrimonio di convenienza poi è andata via-sottolinea amareggiato- mi ha pure ingannato sull’età, diceva di avere 44 anni, poi ho scoperto che ne aveva cinquantasette”.

Alfredo indica quel che rimane della sua baracca

 

COFANO DISPENSA

Il resto è storia recente, vita vissuta sotto il  misero tettuccio della Tipo. Nell’abitacolo un materasso, un rotolo di carta igienica, più di un cuscino, un piumone, sulla portiera un grande orologio, che segna implacabili le infernali ore trascorse “nell’albergo a cinque stelle”, distante pochi metri dal sontuoso Real Belvedere, del miliardario Leuciana Festival(Falco e Areni sanno dell’esistenza di questo povero Cristo?).

Sul pannello del cofano della Tipo, la cucina-dispensa

 

Nel cofano la cucina-dispensa, una pentola, la macchinetta del caffè, un barattolo di zucchero, un pacco di pasta semivuoto, contenente qualche decina di rigatoni, una lattina di olio di semi, un succo di frutta, un fornellino a gas, naturalmente scarico- che ora costringe l’uomo ad accendere un falò su due pietre di tufo per preparare un caffè o cucinare la  pasta, quando c’è.

In tre boccioni di vetro, l’acqua “corrente”, per lavarsi,  poi ancora la “stanza da pranzo”, composta da  un misero tavolino e sei sedie.

Alfredo durante l'intervista

 

“Vivo peggio di loro- dice indicando gli unici amici rimasti, Elsa, Cruiz, Harley e Pagliarone: quattro cani che gli fanno compagnia-“non sono miei, li ho conosciuti qui e stanno con me- loro stanno meglio- ogni tanto viene una signora gli porta da mangiare… a me niente”-ammette sconsolato, abbassando gli occhi. “ Per chi abbandona un cane ci sono pene severissime, si rischia la galera, è una vergogna, io per lo stato valgo meno di un randagio”.

All'interno della macchina il giaciglio su cui dorme

Parole dure come macigni. Le parole di un uomo che  vive tra l’indifferenza di tutta la società(solo qualche amico lo aiuta sporadicamente)- un marziano per la sua famiglia, per le istituzioni civili e religiose, beati spettatori di un dramma che si consuma da tempo, sotto gli occhi della gente che passa e tira dritto, senza neanche degnarlo di uno sguardo.

 

Davanti alla casa dove ha subito lo sfratto

 

SUITE STRADALE

“Potrei anche morire-nessuno si accorgerebbe di me- non valgo niente, non esisto”

 Alfredo da mesi vive sotto le stelle, emarginato, discriminato, abbandonato al suo destino ignorato, umiliato, deriso da una società sempre meno civile,  invalida nella psiche, che deambula a passo di gambero.

Colpisce la perspicuitas di Alfredo, assai eloquente nel porsi, nel raccontare quel suo disagio con grande dignità, con tono pacato. Una persona bisognosa d’affetto, che non cerca compassione, ma solo un poco di aiuto, di solidarietà umana.

Alfredo sorpreso a dormire all'ombra di una pianta

 

“Ho servito lo stato per tredici mesi, ero militare in Friuli, nell’anno del sisma, ne ho estratto di morti quella volta, ora lo stato mi ha dimenticato, valgo meno di niente.

Dicono che sono alcolizzato, drogato, pazzo!- tiene a precisare Alfredo, mentre ci allontaniamo dalla sua suite stradale.  

Alfredo, avrà pure i suoi problemi, ma ha bisogno di aiuto, non vuole essere “internato” in una struttura, a lui basta una stanza decorosa.

Le istituzioni civili e religiose che operano all’ombra della reggia, hanno il dovere di cancellare questa vergogna. Non degna di un paese civile.

                                                                                                                             Giuseppe Sangiovanni

 

    

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