29 marzo 2005
La profondità delle poesie dal carcere
Aldo Maturo

 

 

 

 

 

Prefazione di Giorgio Sanzini Urbino

 

La lettura delle poesie dei detenuti tratte dal premio interregionale di poesia 1998, ed edite dalla Casa Circondariale di Pesaro, ci lascia una emozione forte, intensa, duratura: non ci sono parole di rabbia, di disperazione o magari di odio verso la giustizia umana, verso quel mondo esterno che li ha, anche se momentaneamente, esclusi.

 

Sono parole piene di malinconia, di rimpianti, di speranze. C'è la consapevolezza di aver fatto una vita piena di "grovigli ed errori" e di dover espiare, purificarsi, pagare un "debito". C'è la tristezza angosciosa della notte, quando il carcere assomiglia ad un "cimitero senz'alberi", con le stanze-tombe illuminate cui nessuno pone un fiore.

 

E allora ci si abbandona al sogno, ai ricordi, anche se spesso ti svegli con i piedi sanguinanti perché le "vie dei sogni erano massacranti". E ti viene in aiuto la poesia a cui affidare gli affetti lasciati, la visione di cieli alti e liberi, di un mare immenso da percorrere, di voli liberatori di uccelli, la speranza di una libertà così tanto desiderata e sofferta: "senza la magia dei poeti" si è soli!

 

 

 

 

 

 

    

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