Forme di resistenza della società civile contro
l’avanzare di una globalizzazione distorta
Giovedì 7 a Napoli si sono incontrati per
coordinarsi i Comitati civici in difesa
dell’acqua di Napoli, Caserta e dintorni. Il
“dintorni” mette in rilievo che c’è la volontà
(emersa ampiamente nello stesso incontro) di
conferire alla battaglia contro la
privatizzazione dell’acqua un carattere
regionale, di emanciparsi dai legacci
territoriali e far convergere unitariamente la
protesta su quella istituzione,la Regione, che
per legge è chiamata a svolgere funzioni di
programmazione e controllo sulle attività delle
Autorità d’Ambito (art.14 Legge Regionale n.14
del 21 maggio 1997).
Il
rapporto annuale del Comitato per la Vigilanza
sull'uso delle Risorse Idriche istituito
dall’art. 21 della legge 5 gennaio 1994 n. 36,
massimo organo nazionale di controllo sul
settore e di cui il professore Ettore D’Elia
dell'Università di Napoli "Federico II" è stato
eletto nuovo presidente il 15 marzo, fu
presentato a luglio 2004 alla “non” presenza
delle autorità del governo e del parlamento ma
di soli esperti quasi a ribadire quanto l’acqua
è materia ormai affrancata dall’interessamento
di una politica che da politica della “cultura
dei fini, degli obiettivi” è diventata politica
“della cultura del come”. Secondo le
ricognizioni effettuate nei 52 Ato - Ambiti
territoriali ottimali si perde il 42% dell’acqua
messa in rete. Le perdite si accentuano «da nord
a sud», con un «peso particolare» dove la
disponibilità d'acqua è minore.
L'acqua abbondante dell'Italia si trasforma in
un serio problema di scarsità in una parte
importante del paese. Il Comitato, partendo
dall'analisi dei piani di 41 Ato, relativi al
45% della popolazione, ha stabilito un tempo
medio di 26 anni e una spesa pro capite di 891
euro per realizzare gli investimenti necessari
per acquedotti, fognature, depurazione
(investimenti miseramente crollati rispetto al
totale del piano delle opere pubbliche). A
livello nazionale, si contabilizza dunque una
somma di 51 miliardi di euro, 2 miliardi
all'anno sui 26 anni, il triplo di quanto si è
speso in anni recenti. Si prevede che le tariffe
aumenteranno da 0,92 a 1,36 euro al metro cubo
nel corso dei primi 15 anni, per poi
stabilizzarsi.
L'aumento sarà quindi del 50% mediamente, con
differenze da ambito ad ambito. In questo
scenario di inadempienze da parte di
amministratori distratti nella gestione della
risorsa acqua e contraddizioni fra quanto si
dichiara anche in sedi internazionali
(Dichiarazione di Roma del 10 dicembre 2003) si
inserisce la protesta espressa dai Comitati
civici di cui sopra che chiedono un “nuovo
servizio pubblico partecipato”. La lotta contro
la privatizzazione dell'acqua viene esercitata
anche facendo pressioni sul mondo della
politica, perché i partiti e “questi” politici
(“buoni professionisti della politica nella
misura in cui sono buoni “gestori” di risorse)
non rappresentano la soluzione del problema, ma
sono loro stessi parte del problema e quindi
tutte e due le battaglie, quella della
promozione etica dell'acqua come Diritto
(l’acqua non si consuma, l’acqua si usa,l’acqua
non si vende, l’acqua si eroga) e quella del
cambiamento delle “politiche dell'acqua” devono
essere portate avanti contestualmente con la
stessa energia, facendo nascere una nuova
cultura dell’acqua.
Ecco perché ritengo che il compito più urgente
oggi è quello di investire energie e
immaginazione politica dei movimenti sociali
nella elaborazione di un programma alternativo a
quello dei poteri economici dominanti e nella
costruzione di un personale politico capace di
gestirlo in modo spregiudicato, moderno,
radicale.
Mena Moretta
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