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SPARISCE IL MEDICO DI FAMIGLIA NEI PICCOLI
COMUNI ITALIANI?
La scomparsa del medico di famiglia nei nostri
piccoli comuni potrebbe accadere con la nuova
convenzione della Medicina Generale.
Il
nuovo accordo raggiunto tra Governo, Regioni e
alcuni sindacati di categoria prevede la
costituzione di gruppi di medici di base
inseriti in una struttura centralizzata alla
quale i pazienti potranno accedere 24 ore su 24,
trovando sempre un medico a disposizione;
-
che questo medico però potrebbe non essere
il medico di fiducia dell'assistito,
contravvenendo al principio sinora operante
della libera scelta;
-
che queste , che potremmo definire "pseudo
pronto soccorso" e che nella convenzione
vengono definite UTAP (unità territoriali di
assistenza di primaria), sono costituite su
base volontaria, ma la volontà della SISAC
(agenzia regionale) è che in breve almeno il
50% dell'assistenza medica territoriale
avvenga attraverso questa forma aggregata;
-
che l'intento prioritario di tali strutture
è quello di rendere uniforme l'operato dei
medici in modo da poter esercitare un
controllo sulla spesa attraverso un budget a
diretta gestione del medico responsabile
dell'UTAP con il grave rischio che la salute
dei cittadini sia subordinata e pesantemente
condizionata da logiche di risparmio.
Valutato che l'obbligatorietà dell'adesione a
progetti regionali e/o aziendali, pena la revoca
del rapporto di lavoro, comporterà una
spersonalizzazione del rapporto medico-paziente
dovendo il medico rapportarsi non più ad una
persona ma ad una sintomatologia e/o patologia.
Risulta evidente la volontà della parte pubblica
di concentrare in una sola e unica sede i
servizi di medicina di base, raggruppando un
certo numero di medici (almeno 10) che copra un
territorio da 20.000 a 40.000 assistibili.
Questo significherà la perdita della
capillarizzazione del servizio che nelle realtà
medio grandi comporterà un maggiore
allontanamento degli studi dei medici curanti
dalle abitazioni e dei pazienti e nelle realtà
dei piccoli comuni la scomparsa di fatto del
medico di base. Si creerà un disservizio con il
problema di spostamento dei pazienti e la
perdita di quel rapporto di fiducia che per anni
ha rappresentato la colonna portante della
sanità pubblica.
Per tali motivi, nel ringraziare il Sindacato
Autonomo Medici Italiani per non aver firmato la
convenzione e per la meritoria opera di
sensibilizazione che svolgono presso i propri
assistiti nel dire no a questa scelta ingiusta e
sbagliata, infatti non si comprendono, per
quanto sopra, i benefici di queste strutture, i
cui costi potrebbero nel futuro ricadere proprio
sui bilanci già disastrati dei nostri piccoli
comuni, come sempre più spesso accade, riteniamo
opportuno promuovere una doverosa campagna si
sensibilizzazione della pubblica opinione
nazionale su questo tema importantissimo per la
vita dei cittadini.
L'unica certezza è che così si potrà imporre un
risparmio sulla spesa sanitaria attraverso
l'obbligo di adesione a protocolli diagnostici e
terapeutici che di sicuro daranno maggior
importanza alla finanza e non alla salute.
Invitiamo il Ministro Sirchia, le Regioni, il
Parlamento e le Forze Politiche ad una severa
riflessione per evitare il tracollo definitivo
dei piccoli comuni per fallimento dei servizi
alla persona realizzato per decreto dello Stato.
Rocchetta Sant¹Antonio,15 marzo 2005
Il Portavoce
Virgilio Caivano
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