DS: proposte per un governo di centrosinistra
- Economia e Finanza
1.
Contesto economico internazionale: tendenze
e misure di riforma
I. Le
tendenze
L'attuale equilibrio economico
internazionale presenta rischi di
instabilità ed evidenti segni di iniquità.
E' vero che , in media, sono stati raggiunti
indubbi risultati positivi negli ultimi
decenni: dal 1970 al 2004, il tasso di
crescita annuale medio del PIL mondiale
pro-capite è gradualmente aumentato dal 2 al
3 percento, avvicinandosi al valore medio
degli anni ‘50 e '60; nel 2004, la crescita
economica globale è stata del 5 percento ,
la più alta degli ultimi tre decenni; negli
ultimi 20 anni, la quota di popolazione
mondiale in povertà estrema si è ridotta dal
40 al 21 percento (in termini assoluti circa
500 milioni di persone). Tuttavia, dietro le
positive tendenze medie si nascondono acute
divergenze tra diverse aree del pianeta e,
all' interno di ciascuna area e ciascun
paese, tra le diverse classi sociali. In
Asia e, in misura decisamente minore , nelle
economie in transizione, in USA e Gran
Bretagna si confermano elevati tassi di
crescita. In Europa continentale ed in
Giappone permane una situazione di stasi,
dovuta a debole domanda interna. Profonde
contraddizioni segnano il medio oriente e,
con caratteristi del tutto diversi,
l'America Latina. L'Africa, in particolare
l'area sub-sahariana, rimane imprigionata
nella povertà. L'evoluzione degli ultimi tre
decenni poggia su un equilibrio globale
instabile ed ingiusto. Instabilità ed
ingiustizie sono principalmente frutto delle
risposte date dalle forze conservatrici alla
crisi del modello regolativo adottato nel
1944 a Bretton Woods . Il modello di Bretton
Woods (Banca Mondiale e Fondo Monetario
Internazionale; gold standard e tassi di
cambio fissi; apertura graduale e selettiva
del commercio internazionale ; intervento
pubblico diretto nell'economia) assicurò
ricostruzione e sviluppo a Nord America,
Europa e Giappone attraverso un graduale
processo di integrazione delle economie
nazionali non solo compatibile , ma
funzionale alle variazioni nazionali del
compromesso socialdemocratico/ keynesiano .
A partire dagli anni '70, in risposta alla
crisi di Bretton Woods , si è imposto un
modello di integrazione globale dei mercati
di segno regressivo, sprovvisto di adeguate
istituzioni multilaterali di regolazione. A
livello nazionale , l'egemonia liberista ha
insistito sulla necessità di smantellare
l'intervento pubblico in economia e di
limitare la politica economica
esclusivamente alla politica monetaria.
In tale contesto politico-culturale, le
leadership affidatesi alle versioni
ideologiche del Washington Consensus , in
particolare nelle economie dell'ex blocco
socialista e in America Latina, hanno
alimentato instabilità , ineguaglianze e
assetti sociali e proprietari di ostacolo
alla crescita economica. All'opposto, le
classi dirigenti in grado di definire una
autonoma via nazionale o regionale
all'integrazione globale (India, Cina,
Malesia, ecc) hanno fornito straordinarie
opportunità di sviluppo alle loro forze
economiche e hanno determinato le condizioni
per liberare dalla povertà centinaia di
milioni di persone.
L'inadeguatezza delle sedi di governance
globale ha impedito efficaci risposte
alla squilibrata ed instabile crescita
mondiale trainata dagli USA, come rimarcato
dall'attuale ciclo del dollaro. Infatti ,
nonostante la posizione della moneta USA
come riferimento per gli scambi
internazionali, la crescita del pianeta non
può essere solo affidata ad un paese il cui
livello di consumo è sistematicamente
superiore alla sua produzione e tale da
richiedere una quota crescente del risparmio
accumulato –per ragioni diversissime–
dall'euro-area, dal Giappone, dalla Cina e
dalle economie del sud est Asia. Un tale
equilibrio è precario, in quanto si regge
sul terrore delle economie asiatiche di non
essere in grado di sostituire domanda
interna alle esportazioni verso gli USA.
Inoltre, è profondamente ingiusto, in quanto
sottrae alle economie emergenti e in via di
sviluppo preziose risorse potenzialmente
utilizzabili nella lotta alla povertà.
I rischi di instabilità degli attuali
equilibri sono stati amplificati dalle
scelte compiute dalla prima amministrazione
Bush , la quale ha congiunto una politica
estera insofferente verso le sedi di
governance multilaterali , con una
politica economica insostenibile. Una
politica di bilancio anti-ciclica, a
sostegno di una politica monetaria
fortemente espansiva, era indubbiamente
opportuna. Inoltre, era anche possibile dato
il surplus di bilancio e il basso livello di
debito pubblico alla fine del 2000.
Tuttavia, i tax cuts del 2001, 2002
e 2003 rispondevano ad esigenze
politico-ideologiche piuttosto che
anti-cicliche. Un'iniziativa finalizzata a
contrastare gli effetti del ciclo recessivo
- tanto più in presenza di crescenti costi
per la difesa e la sicurezza - avrebbe
portato a massicci interventi di carattere
temporaneo, concentrati sui nuclei familiari
con più elevata propensione al consumo. In
sintesi, interventi diametralmente opposti a
quelli realizzati: misure dagli effetti
crescenti nel tempo, fortemente concentrate
sui nuclei familiari al top della scala
distributiva meno propensi a spendere, di
carattere permanente. Ossia, gli adempimenti
dell'agenda politica pre-recessione e pre-11
Settembre.
II. Le misure di riforma
Lo status quo non è sostenibile. In assenza
di riforme in grado di realizzare una
regolazione efficace e progressiva del
livello di integrazione globale raggiunto,
prevarranno regressioni nazionaliste e
protezioniste, la cui presenza è già
evidente sia in Europa che negli USA. Per
rispondere alla domanda “che fare?” è
necessario sottolineare un aspetto
fondamentale: l'integrazione a scala globale
dei contesti nazionali è l' unica via per
promuovere pace e sviluppo. La
globalizzazione ad egemonia conservatrice va
superata non con il ritorno alle barriere
nazionali, premessa delle catastrofi del XX
secolo. Essa va superata con la
democratizzazione della governance
globale, tornando sulla rotta (non alle
specifiche soluzioni) intrapresa a Bretton
Woods durante le fasi finali del secondo
conflitto mondiale. I seguenti interventi
sembrano prioritari e l' Italia dovrà
sostenerli sia in sede europea che nelle
sedi internazionali competenti:
-
I. riformare e
rilanciare le sedi di coordinamento
multilaterali: coinvolgere in via
sistematica le principali economie
emergenti (China, India, Brasile,
Sud Africa, ecc) nelle riunioni dei
G7-G8 ed in prospettiva valorizzare
il G-20 quale sede di coordinamento
delle politica economica
internazionale; ridefinire le
funzioni strategiche del Fondo
Monetario Internazionale e della
Banca Mondiale in coerenza con le
priorità decise dalla comunità
internazionale (in particolare,
politiche per lo sviluppo e lotta
alla povertà); potenziare il ruolo
–in termini di poteri formali e
capacità tecniche– dei paesi in via
di sviluppo e delle economie
emergenti nella governance
di Fondo Monetario Internazionale e
Banca Mondiale; intensificare
nell'ambito dell'Unione Europea,
OCSE e nelle sedi multilaterali
competenti iniziative di contrasto
alla competizione fiscale sleale;
assegnare al Fiscal Affairs
Department del Fondo Monetario
Internazionale la responsabilità di
(i) monitorare i cambiamenti dei
regimi fiscali dei paesi membri e
dei paradisi fiscali e ( ii )
preparare un rapporto annuale sulle
situazioni di competizione fiscale
sleale e sulle possibili misure per
contrastarle; potenziare le capacità
tecniche dei paesi in via di
sviluppo e delle economie emergenti
nell'Organizzazione Mondiale per il
Commercio; potenziare
l'Organizzazione Internazionale del
Lavoro affinché possa supportare con
assistenza tecnica e finanziaria la
graduale ed effettiva
universalizzazione dei diritti di
lavoratori e lavoratrici;
-
II. favorire
la conclusione positiva del Doha
Development Round attraverso
l'offerta da parte di USA, UE e
Giappone di graduale smantellamento
delle misure protezioniste in
agricoltura;
-
III. adempiere
agli impegni per la lotta alla
povertà ed il sostegno allo sviluppo
presi dai paesi sviluppati e dai
paesi in via di sviluppo con la
Millennium Declaration di New York,
la conferenza sul finanziamento allo
sviluppo di Monterrey e, da ultimo,
al G8 di Gleneagles (inclusa la
sperimentazione di forme innovative
di finanziamento allo sviluppo, come
l' International Financing Facility
e il “contributo di solidarietà per
i biglietti aerei”). In tale
contesto , sulla base di quanto
sottoscritto dal governo italiano,
L'Unione si impegna ad innalzare gli
aiuti dell'Italia allo sviluppo allo
0,51 percento del reddito nazionale
lordo entro il 2010 e allo 0,7
percento entro il 2015;
-
IV. realizzare
e portare avanti il “Plan of Action”
approvato al G8 di Gleneagles su
cambiamenti climatici, energia
pulita e sviluppo sostenibile, in
particolare riguardo l'adozione di
politiche pubbliche per sviluppare
tecnologie e mercati per l'energia
pulita e per incrementare la
diffusione di tali tecnologie nei
paesi emergenti e in via di
sviluppo......(continua)
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