oggi
non siamo qui per una manifestazione
di parte o di propaganda.
Siamo
qui per testimoniare la nostra
passione e il nostro amore per
l’Italia.
Un
grande Paese, le cui speranze ed
energie da quasi cinque anni sono
umiliate da un Governo e da una
maggioranza che hanno promesso
miracoli e prodotto disastri.
Un
Presidente del Consiglio inadeguato
e una maggioranza litigiosa stanno
concludendo la loro esperienza.
La loro incapacità è sotto gli
occhi del mondo.
Gli
italiani sono stati umiliati nel
loro amor di patria.
Hanno
visto un Governatore della Banca
d’Italia sfiduciato dal Presidente
del Consiglio sedere a fianco di un
Ministro dell’Economia capace solo
di dileggiarlo di fronte alla stampa
mondiale.
Noi tutti siamo offesi da tanta
inettitudine.
Noi
non meritiamo di essere governati
così male.
L’Italia e gli italiani meritano
di meglio.
Noi
ci indignamo di fronte a chi non ha
il senso del dovere e del rispetto
per i valori fondanti della nostra
Repubblica.
In
questi cinque anni il nostro Paese
ha perso competitività e credibilità
internazionale.
Ha
visto calare sempre di più il tasso
di crescita dell’economia, ormai
giunta ai livelli più bassi
dell’Unione Europea e di tutto il
mondo sviluppato.
Ha
visto il potere di acquisto degli
italiani ridursi drammaticamente
fino a costringere milioni di
famiglie a fare i conti con la
difficoltà di arrivare a fine mese.
Una
famiglia su quattro del nostro
Mezzogiorno vive in condizioni di
povertà.
I
ricchi sono diventati sempre più
ricchi e i poveri sempre più poveri.
E’ aumentata l’ingiustizia
sociale.
Si è frantumata la coesione.
I più
deboli sono stati emarginati e i
furbi incoraggiati.
Gli
italiani sono stati spettatori
dell’arroganza di un potere che non
ha esitato a ricorrere a leggi ad
personam per salvare dalla giustizia
il Presidente del Consiglio e i suoi
amici.
Leggi
talmente spudorate che persino chi
ne ha curato la prima stesura oggi
se ne vergogna e le disconosce: la
legge Cirielli oggi si chiama “ex
Cirielli”.
Molte
attività economiche, molte imprese
hanno chiuso. Il precariato è
cresciuto, i giovani sono sempre più
ridotti a vivere nell’incertezza e
nella provvisorietà.
E’
palpabile un senso di disagio,
d’insicurezza, d’inquietudine e di
paura per il presente e per il
futuro.
Per
la prima volta dalla fine della
seconda guerra mondiale, i giovani
guardano con invidia i padri, nella
convinzione che la loro vita sarà
peggiore.
Per
la prima volta i genitori guardano
con ansia i figli nel timore per il
loro avvenire.
In
questi cinque anni il Paese e il
mondo sono profondamente cambiati.
Nuovi
grandi problemi si sono affacciati
sullo scenario internazionale.
La
globalizzazione con tutte le sue
potenzialità e i suoi difetti è
andata avanti.
Il
terrorismo internazionale si è
scatenato in tutta la sua ferocia.
L’insicurezza e la paura sono
diventati una costante delle nostre
società.
La
guerra, con le sue tragedie e le sue
enormi contraddizioni, ha segnato e
segna profondamente lo stato dei
rapporti internazionali.
L’Unione Europea ha accolto dieci
nuovi Paesi, spostando le sue
frontiere fino ai confini del
continente.
La
spinta all’allargamento è ancora
fortissima, come le recenti
decisioni di questi giorni
dimostrano.
La
costruzione di una Europa più forte
e coesa va avanti e non si arresterà
solo perché si è momentaneamente
fermato il processo di ratifica
della nuova Costituzione.
La
moneta unica europea si è affermata
e consolidata come una delle più
forti valute del mondo.
L’Euro ha messo i Paesi
finanziariamente più deboli al
riparo dalle tempeste monetarie. E
tra questi paesi deboli vi è
purtroppo l’Italia.
Grandi e popolose nazioni si sono
affacciate sulla scena mondiale.
Cina
e India sono i nuovi giganti della
competizione economica globale.
Tutto il mondo intorno a noi
cambia.
Sofisticate tecnologie rimpiazzano
vorticosamente le vecchie.
Nuovi interrogativi ci
inquietano.
La
scienza e la tecnica offrono
maggiori risorse e opportunità, ma
generano interrogativi sempre più
complessi e interrogano ogni giorno
di più la coscienza di tutti noi.
Tutti
siamo affascinati e intimoriti da un
mondo sempre più interdipendente,
sempre più visibilmente diventato
piccola casa comune di tutto il
genere umano.
Le fonti energetiche
tradizionali scarseggiano.
L’ambiente è inquinato e
devastato dall’incuria.
Gli
elementi naturali si scatenano con
veemenza a testimonianza di un
Pianeta violentato dai suoi
abitanti. Un pianeta sfruttato senza
lungimiranza e senza senso di
responsabilità verso le generazioni
future.
Uomini e donne si spostano dalle
aree povere del mondo a quelle più
ricche, portando dentro di sè
storie di dolore e di sofferenza.
Essi
offrono ai Paesi in cui cercano una
sorte migliore nuove opportunità ed
esperienze, ma creano anche nuovi
problemi e contraddizioni.
Il
mondo cambia, i popoli cambiano,
l’umanità tutta vive un processo di
trasformazione.
Di
fronte a tutto questo, il nostro
Paese è stato guidato per cinque
interminabili anni da una
maggioranza e da un leader incapaci
di guardare ai grandi problemi
dell’Italia e del mondo.
La
classe politica che ci ha governato
è stata attenta solo a cambiare le
leggi a proprio vantaggio, e a
tenere insieme, con favori e
regalie, un blocco sociale ed
elettorale abbacinato da
irrealistiche promesse di ricchezza
e di abbondanza.
Il
Presidente del Consiglio ha
scambiato la politica internazionale
con un sistema di rapporti e
relazioni strettamente personali,
quasi che i Capi di Stato e di
Governo fossero proprietari dei loro
Paesi, come gli imprenditori lo sono
delle loro imprese.
La
politica estera dell’Italia si è
ridotta ad incontri conviviali nei
ranches, nelle dacie, nelle sfarzose
ville private fortificate con i
nostri soldi.
Il
Paese è stato trascinato in una
avventura militare non voluta e non
sentita solo perché il nostro
Presidente del Consiglio potesse
essere invitato alla corte del
mondo.
Persino le tradizionali relazioni
con gli alleati storici dell’Italia
sono state ridotte a supina
accettazione della supremazia e
delle scelte degli alleati.
Mai,
mai nella sua storia recente
l’Italia aveva così platealmente
abdicato alla sua dignità di Paese
capace di elaborare una propria e
autonoma politica estera, coerente
ma non schiacciata dalle alleanze e
dalle relazioni internazionali in
cui siamo inseriti.
Mai
il ruolo e il peso del nostro Paese
nelle grandi organizzazioni
internazionali in cui si difende
quotidianamente la pace e la
convivenza del mondo, è stato così
ridotto e così marginale.
E che
dire del modo col quale sono stati
affrontati i grandi mutamenti nel
sistema economico mondiale e la
crisi dell’economia italiana ?
Si è
operato come se per rilanciare
l’economia potessero bastare alcune
grandi opere, in gran parte
pianificate e finanziate nella
precedente legislatura. Vedendo
spesso, in queste opere, più
l’occasione per tagliare qualche
nastro davanti alle telecamere che
un’opportunità per il paese.
Hanno sprecato tempo e soldi.
Le
opere non sono state concluse.
Spesso non sono state neppure
iniziate.
E nel
frattempo abbiamo perso anni
preziosi per mettere il Paese in
grado di sfruttare la grande
opportunità che il ritorno della
Cina e dell’India sulla scena
mondiale offrono ai Paesi che si
affacciano sul Mediterraneo.
Nè
meno irresponsabile e miope è stata
l’azione di governo di fronte ai
grandi mutamenti che la
globalizzazione pone a tutti i Paesi
del mondo.
Il
programma delle famose tre “i” si è
risolto in poche e sporadiche
iniziative. La riforma della scuola
e dell’Università è del tutto
insufficiente a mettere le nuove
generazioni in grado di competere
con il resto del mondo.
Le
famose tre “i” del contratto con
gli Italiani sono diventate
l’emblema dell’irresponsabilità,
dell’interesse, dell’incompetenza.
Di
fronte ai grandi temi della
tecnologia e della scienza, della
ricerca e delle nuove opportunità
che la medicina e la biologia
offrono agli uomini abbiamo visto la
maggioranza compiere scelte
puramente opportunistiche, spesso
mutevoli, costantemente orientate a
ricercare il consenso e l’appoggio
elettorale.
Non
siamo mai stati presenti nelle
grandi occasioni mondiali in cui si
sono affrontati i temi della tutela
dell’ambiente e della salute della
terra.
Questo è il bilancio, sintetico e
impietoso, di questi cinque anni.
Un
bilancio disastroso, e non solo per
le condizioni drammatiche in cui
versano i nostri conti pubblici e la
nostra economia.
Un
bilancio disastroso perché il Paese
è stato addormentato, anestetizzato
ed ingannato.
Perché la politica stessa ha perso
ruolo e capacità di guida e di
governo, costretta come è stata a
fronteggiare ogni giorno le
fantasiose inventive e le indegne
trovate di chi aveva di mira prima
di tutto e soprattutto gli interessi
personali propri e dei propri amici.
Un
bilancio disastroso perché tra
vendette e compromessi di basso
profilo sono stati logorati la
fiducia nella giustizia, il senso
della legalità, il senso della
responsabilità individuale e
collettiva del Paese.
Si è
persa la memoria stessa
dell’interesse generale come guida e
faro di ogni maggioranza di governo
capace di essere all’altezza dei
propri compiti.
In questo contesto va in scena
ora l’ultimo atto.
Una
legislatura al tramonto e una
maggioranza parlamentare che sa di
essere da tempo minoranza nel Paese
stanno tentando in questi giorni
l’ultimo affondo.
Cinque anni di cattivo gusto stanno
ora concludendosi nel dramma.
Un
Ministro dell’Economia tornato senza
alcuna spiegazione al posto da cui
era stato cacciato due anni fa, ha
presentato una legge finanziaria
priva di contenuti reali e di
interventi e misure strutturali.
Una
finanziaria che prevede solo tagli e
vincoli per le amministrazioni
locali, quelle più vicine ai
cittadini e ai loro bisogni.
Di
fronte a un deficit che oggi marcia
ben oltre il 5% e che deve essere
ridotto entro due anni al 2,8%,
questa finanziaria prevede una
manovra che per quest’anno si
limiterà a ridurre il deficit del
solo 0,8.
Non si potrebbe essere più
irresponsabili.
Questa è una finanziaria di chi sta
scappando e sa che l’anno prossimo
non dovrà essere lui a affrontare i
problemi del Paese. Problemi che
proprio le inadempienze le
negligenze di oggi renderanno domani
più difficili.
Ma
questa non è solo una finanziaria
irresponsabile. Essa è anche una
finanziaria che continua a scaricare
sulle fasce meno protette della
popolazione tutti i costi della
crisi del Paese.
I
tagli e i tetti di spesa che essa
prevede per gli enti locali vanno a
colpire i servizi ai cittadini e ciò
determina una vera e propria perdita
di protezione e di sostentamento per
le fasce svantaggiate.
Continua e persiste così
quell’indegna impostazione che ha
caratterizzato tutte le finanziarie
del governo Berlusconi e che ha
visto i trasferimenti agli enti
territoriali diminuire nell’arco di
cinque anni da 15,5 miliardi a soli
14 miliardi di euro. Tenendo conto
dell’inflazione oltre tre miliardi
di euro in meno.
Tagli
che sono stati pagati dalla gente in
minori servizi e minore coesione
sociale. Tagli che sono serviti
sostanzialmente a finanziare quella
debole e inutile riforma dell’IRPEF
fatta in questi anni.
Riforma che ha regalato molto ai
ricchi e niente ai poveri e che si è
trasformata in una inaccettabile
forma di trasferimento di ricchezza
a chi più ha.
Altro
che solidarietà sociale. Altro che
capacità di coesione e senso di
responsabilità che inutilmente il
nostro Presidente Ciampi ricorda
sempre come compito primo di chi
governa.
Questa è una maggioranza classista
che ha fatto una politica di classe.
Una
maggioranza di scontro che ha fatto
una politica di scontro.
Una
maggioranza non omogenea e
conflittuale al suo interno che ha
costantemente scaricato sul Paese i
costi delle sue divisioni.
E’ in
questo quadro del resto che si
inserisce la vicenda della
sciagurata riforma costituzionale
che va sotto il nome di
“devolution”.
Di
questa riforma, dei danni tragici
che essa può procurare al Paese,
dello scempio che essa compie a
danno della nostra Costituzione,
delle incoerenze tecniche che la
caratterizzano tutti ormai sono
consapevoli.
La
ricerca forsennata quanto
impossibile di un equilibrio fra le
diverse forze della coalizione ha
portato a una architettura
costituzionale assurda.
Un’architettura in cui il Presidente
del Consiglio è onnipotente verso la
Camera dei Deputati ma impotente
verso il Senato.
Il
Senato a sua volta non rappresenta
né il popolo né i governi locali ma
è tuttavia in grado di bloccare ogni
iniziativa dello Stato.
Il
procedimento legislativo diventa una
sorta di gioco dell’oca dai tempi
interminabili.
Il
Capo dello Stato è umiliato insieme
a tutti gli altri organi di
garanzia.
Regioni ed autonomie locali si
vedono dare e togliere competenze
secondo un disegno tanto macchinoso
quanto incomprensibile.
Difficilmente dunque si potrebbe
pensare a una riforma più dannosa,
più contraddittoria, più lontana
dagli interessi dei cittadini.
E
tuttavia questa riforma va
avanti.
La maggioranza intende
approvarla in via definitiva.
Se
così avverrà non resterà che riporre
ogni speranza nell’inevitabile
referendum nella certezza che il
Paese saprà rispondere con un sonoro
e corale no.
E’ noto, lo sappiamo tutti.
Si va
avanti solo perché lo vuole la Lega
che ne ha fatto la sua bandiera.
Ma ditemi! E’ questo il Paese in
cui vogliamo vivere?
E’ questo il Paese che gli
italiani si meritano?
Io dico no, mille volte no.
E con
me lo dicono gli italiani che ormai
da due anni, ad ogni elezione,
sconfiggono la casa delle libertà e
premiano la nostra opposizione forte
e coerente.
Una
maggioranza parlamentare
responsabile e degna del suo ruolo
in queste condizioni dovrebbe
arrestarsi. Attendere. Rinviare alla
prossima legislatura e al nuovo
Parlamento ogni decisione su un tema
così delicato.
Ma non questa maggioranza.
Non
da questa maggioranza ci si può
aspettare senso di responsabilità
democratica.
Ed
infatti cose ancora più gravi sono
oggi di fronte a noi.
Questa maggioranza, ormai minoranza
nel Paese, timorosa di perdere le
prossime elezioni, sta per cambiare
la legge elettorale.
Per
paura della sconfitta imminente essi
hanno costruito per se stessi una
legge che reintroduce il
proporzionale e cerca così di
limitare le perdite.
Una
legge che prevede liste bloccate,
senza preferenze, con candidati
decisi dai partiti e dunque con un
Parlamento scelto di fatto da poche
persone.
Un
sistema che prevede un premio di
maggioranza troppo basso per
garantire la governabilità e che non
prevede l’elezione diretta del
Premier anche se la coalizione è
caratterizzata dal fatto stesso di
proporre un candidato Primo
Ministro.
Una
legge che incentiverà il ritorno
alla partitocrazia, alla formazione
di coalizioni pluripartitiche
instabili e intrinsecamente
conflittuali al loro interno.
Così
si fanno fare giganteschi passi
indietro al Paese.
Così
si riporta il nostro orologio ai
tempi della partitocrazia imperante,
e della continua instabilità.
Con
il referendum del 93, un referendum
che ha il valore di un vero e
proprio atto rifondativo del nostro
sistema costituzionale, gli italiani
scelsero un sistema elettorale
fondato sul principio maggioritario.
Un
sistema che garantisse agli elettori
di poter scegliere insieme il
Parlamento e il Governo, in un
quadro di stabilità fondato su un
chiaro patto di responsabilità
stipulato con gli elettori sovrani.
Proprio quello che ora, con questa
riforma, si vuole togliere di
mezzo.
Così
si tradisce la volontà stessa del
popolo italiano.
Con
questa legge diminuiscono forse le
dimensioni della sconfitta che
l’attuale maggioranza subirà alle
prossime elezioni. Qualcuno,
abituato a fare sempre leggi ad
personam, può persino pensare, come
fa l’attuale Presidente del
Consiglio, che in questo modo si
logora l’opposizione.
Quello che è certo però è che con
questa legge si fa del male agli
italiani perché sarà ancora più
difficile governare.
Una
maggioranza che ha fatto tanti
guasti e tanti disastri dovrebbe
sentire almeno la responsabilità di
consentire a chi verrà dopo di porre
rimedio a questi danni. Questa
maggioranza sceglie invece ancora
una volta il suo particolare
interesse.
Che
il Paese diventi più ingovernabile,
che gli italiani perdano una parte
rilevante della loro sovranità di
elettori, che le oligarchie tornino
a farla da padroni: che importa?
Il
bene del Paese è l’ultimo dei
pensieri di chi ci sta governando.
Per
questo oggi abbiamo voluto essere
qui così numerosi in questa piazza.
Noi
ci rivolgiamo al Paese e a tutti gli
italiani per dire quello che sta
accadendo.
Perché tutti sappiano. Tutti possano
giudicare. Tutti possano reagire.
Noi non ci rassegnamo. Non ci
rassegneremo mai.
Noi
sappiamo che la maggioranza degli
italiani è con noi. Crede in noi. Ha
fiducia in noi.
Noi
siamo pienamente consapevoli della
grande responsabilità che ci
attende.
Noi,
tutti noi candidati alle primarie
dell’Unione e tutti noi che saremo
candidati alle prossime elezioni
politiche, tutti i partiti
dell’Unione, tutte le donne e gli
uomini che sono con noi, che ci
sostengono, che ci voteranno, tutti
sappiamo che il Paese ha diritto di
essere governato come merita.
Come
merita per le sue tradizioni e le
sue potenzialità.
Noi
oggi vogliano lanciare un messaggio
di fiducia e di speranza agli
italiani.
L’Italia è un grande Paese.
La nostra economia può
ricominciare a correre.
Il
nostro popolo è capace di grandi
slanci e di grande volontà.
Ciò
di cui c’è bisogno è una classe
politica e un Governo all’altezza
del compito.
Una
classe politica e un governo che
sappiano risanare i conti, e credano
nella giustizia e nell’equità,
garantendo la coesione sociale e la
partecipazione di tutti allo sforzo
collettivo.
Un
Governo capace di riallineare prezzi
e salari, in grado d far pagare a
tutti le tasse e di tassare di più
le rendite finanziarie e di meno il
lavoro.
Un
Governo capace di combattere
monopoli e corporazioni, rendite di
posizione e parassitismi per
liberare le forze sane dell’economia
e del lavoro.
Un
Governo attento alle generazioni
future, e capace di dare fiducia ed
opportunità ai giovani.
Un
Governo capace di sviluppare un
forte politica a sostegno
dell’Unione Europea e della pacifica
coesistenza tra i popoli e le
nazioni.
Un
Governo attento ai problemi delle
nuove tecnologie e capace di
promuovere un grande dibattito
pubblico sui nuovi valori che ne
devono guidare l’uso e le
applicazioni.
Un
Governo in grado di rispettare le
specificità e le potenzialità di
tutti ma capace anche di far
rispettare le regole della
convivenza civile e della legalità
democratica.
Un
Governo aperto all’accoglienza verso
chi viene da fuori ma capace di
imporre a tutti le regole della
nostra società democratica.
Un
Governo attento ai problemi della
sicurezza interna e internazionale
ma anche custode geloso delle
libertà individuali e dei valori
essenziali della nostra Costituzione
e della nostra civiltà.
Un
Governo attento ai bisogni reali
delle famiglie perchè sa che le
famiglie sono l’elemento essenziale
e fondamentale non solo per lo
sviluppo della persona umana ma
anche per la crescita della
comunità.
Noi
aiuteremo le famiglie a crescere i
propri figli grazie a misure più
serie di quelle, risibili, che sono
state adottate in questa
legislatura.
Noi
sappiamo che tutti i cittadini e le
cittadine, senza differenze e
disparità devono avere non solo
eguali diritti ma anche eguali
opportunità.
Il
nostro Governo promuoverà in tutti i
modi l’eguaglianza effettiva fra i
generi.
Noi abbiamo idee chiare e idee
forti.
Noi
sappiamo quello che è necessario
alla nostra gente.
Noi abbiamo pensato, riflettuto
e discusso.
Abbiamo cercato sempre il confronto
con i nostri concittadini e non ci
stancheremo mai di chiedere a tutti
di aiutarci a costruire insieme
l’Italia, l’Europa e il Mondo che
vogliamo.
Vogliamo affrontare e padroneggiare
i problemi del nostro tempo con
serenità, con competenza, con
equanimità, con giustizia, con
attenzione a tutti e a ciascuno.
Noi
abbiamo rispetto per il nostro Paese
e per i nostri concittadini.
Chiediamo perciò a tutti voi
fiducia, aiuto, partecipazione.
Vi
chiediamo di votare alle nostre
primarie per dare il vostro
contributo a questa che, oltre ad
essere una consultazione per
scegliere il leader che ci guiderà
alle elezioni, deve essere una
grande occasione di incontro e di
partecipazione.
Io,
come tutti gli altri candidati alle
primarie, sto vivendo una grande
esperienza.
Incontro ogni giorno tanta gente, di
ogni età, di ogni regione, di ogni
mestiere o attività.
Da
tutti ricevo molto, molto più di
quello che posso dare loro.
E
ricambio il loro affetto con un
messaggio di speranza e di fiducia.
Lo
stesso messaggio che oggi tutti
insieme diamo a voi in questa
meravigliosa Piazza del Popolo.
Voi
date a tutti noi forza e
determinazione per continuare la
nostra battaglia.
Una
battaglia che dovrà essere la
battaglia di tutti gli italiani.
Dobbiamo ridare fiducia al
Paese.
Dobbiamo riappropriarci del
nostro futuro.
Noi insieme renderemo di nuovo
forte l’Italia.
Daremo ai nostri figli e alle
generazioni che verranno quel futuro
di democrazia, di pace, di progresso
e di crescita che essi hanno il
diritto di avere.
Lo possiamo fare perché:
-
Saremo fermi nell’etica
-
Saremo lungimiranti
nella politica
-
Saremo coraggiosi
nell’economia
-
Saremo fedeli alla
nostra Costituzione.