7 maggio 2005
L’ uomo sbagliato
Aldo Maturo

Leggi anche l'intervento di Daniele Barillà

 

Daniele Barillà è “L’uomo sbagliato” della fiction tv che Rai 1 ha mandato in onda lunedì 2 e martedì tre maggio di questa settimana. Storia vera della vittima di uno dei più clamorosi errori giudiziari del dopoguerra, è stato liberamente interpretato da Beppe Fiorello per la regia di Stefano Reali.

“Era la sera del 14 febbraio del 1992, avevo appuntamento con la mia fidanzata che dovevo passare a prendere per festeggiare San Valentino. A Nova Milanese ad un posto di blocco mi fermano i carabinieri. Dopo mezz’ora di controlli mi portano in caserma, lì cominciano ad interrogarmi, ad insultarmi e a picchiarmi con il calcio della pistola per dodici ore. Mi accusano di essere un corriere della droga, mi dicono che dovevo fare la staffetta per un carico di 50 chili di cocaina, un testimone mi avrebbe conosciuto. Naturalmente nell’auto non è stato trovato neppure un grammo di droga, ma poco importa, la vettura, dicono, è la stessa del corriere. Da lì in poi l’incubo è diventato realtà. Mi portarono in galera e le sbarre si chiusero dietro di me”

E’ un pezzo di un intervista rilasciata da Barillà, l’ex imprenditore della Brianza che una sera di tredici anni fa entrava senza colpa nell’odissea giudiziaria che avrebbe vissuto per sette anni cinque mesi e dieci giorni in giro per 24 carceri del nostro Paese.

Quella maledetta sera i carabinieri pedinano un trafficante di droga che viaggia a bordo di una Fiat Tipo di colore amaranto. All’improvviso la perdono di vista a causa del traffico molto intenso ma dopo qualche chilometro la “riagganciano”. Stavolta, per un crudele gioco del destino, è l’auto di Barillà quella che seguono e che poi bloccano con un’operazione a tenaglia. Stesso modello, stessa marca, stesso colore, stessi primi tre numeri di targa. L’uomo viene condotto in caserma, arrestato, processato, condannato. Le prove appaiono inoppugnabili e la sentenza che ne segue è di 18 anni di carcere.

Un giornalista, Stefano Zullo, nel 1995 ne parla al Procuratore di Milano Dr.Borrelli, manifestandogli le sue perplessità sulle prove e sulla regolarità del processo. Borrelli si convince e scrive ai giudici di Livorno, competenti per materia, ma la richiesta non ha esito.

Nel 1997 viene arrestato per altri fatti il Comandante che aveva condotto l’operazione contro Barillà. Vengono ripassate sotto la lente di ingrandimento alcune sue inchieste ed un PM di Genova, Francesca Nanni, riesce a far riaprire il caso Barillà.

L’uomo verrà scarcerato il 17 luglio del 2000 perchè, in sede di revisione del processo, verrà riconosciuta la sua estraneità ai fatti, la sua totale innocenza.

Un risarcimento di 3.947.994 euro, quasi otto miliardi di lire, la somma che la Corte di Appello di Genova ha riconosciuto a Daniele Barillà per la ingiusta detenzione comprendendovi le conseguenze psico-fisiche subite e il danno esistenziale. Una sentenza storica, specie ove si pensi che secondo una ricerca dell’Eurispes, non confermata dalle fonti ufficiali, negli ultimi 50 anni sono stati oltre quattro milioni gli italiani vittime, a vario livello, di errori giudiziari.

Sia l’Avvocatura dello Stato che la Procura Generale hanno proposto appello ma la Corte di Cassazione si è già pronunciata a favore dell’ex detenuto Barillà.

La fiction televisiva ha ripreso l’allucinante storia di questo gravissimo errore giudiziario nato per un banale scambio di persona. Lo spettatore è rimasto coinvolto dalla bravissima interpretazione di Beppe Fiorello e ha provato rabbia, indignazione,sconcerto anche perchè, diversamente dal solito, le forze dell’ordine e alcuni magistrati questa volta erano dall’altra parte della barricata, lì dove di solito sono i “cattivi” .

Lo stesso regista, dopo aver premesso che la fiction si è ispirata a fatti reali, ha però precisato onestamente che “....ci siamo presi molte libertà riscrivendo il ruolo di alcune figure simbolo, più funzionali alla storia...”

Tra queste figure “più funzionali” allo spettacolo c’è il magistrato Erika Schneider che prima lo avrebbe fatto condannare e poi si sarebbe battuta per la revisione del processo, c’è il Maggiore dei Carabinieri Quinto, elevato nel film a simbolo dell’errore, dell’imperizia e della mala fede, c’è il Dr.Partanna, Direttore del carcere di Torino, presentato come uno spietato aguzzino.

Il regista, che ha ammesso di averli descritti con fantasia, e gli autori, liberi di interpretare la realtà in funzione dell’audience (nove milioni e mezzo di spettatori con 35% di share), hanno scelto di sacrificare queste figure-simbolo sull’altare dello spettacolo, scaricando sulla loro persona tutte le rivalse che nell’immaginario collettivo inconsciamente si nutrono per questi alti funzionari. La Rai ha contribuito ad alimentare l’equivoco: nell’amministrazione penitenziaria, ad esempio, non è mai esistito un Dr.Partanna e, per essere una figura inventata, non avrebbe mai potuto essere espulsa dai ruoli ministeriali, così come invece si è letto nei veloci e minuscoli titoli di coda.

Con “ L’ uomo sbagliato” Daniele Barillà ha giustamente visto riscattata la sua immagine distrutta da un banale scambio di persona.

E’ stata amara la sua storia ed è stato giusto far conoscere a tutti l’errore che nessun risarcimento potrà ripagare adeguatamente. Non è meno amara la scelta del regista, degli autori e della Rai che avrebbero potuto raggiungere lo stesso scopo senza mettere in un tritacarne lo Stato e alcune sue figure più rappresentative “…riscrivendone il ruolo solo per renderle più funzionali alla storia…”.

Leggi anche l'intervento di Daniele Barillà

 

     

Riflessioni di Aldo Maturo


Per intervenire: invia@vivitelese.it