24 settembre 2005
Cervinara, terremotati a vita
Giuseppe Sangiovanni

 

 

FIGLI DI NESSUNO DA UN QUARTO DI SECOLO!

 

 

Nulla è cambiato dopo il forte sisma che sconvolse nel 1980 la Campania e Basilicata

 

 “ Per lo stato siamo invisibili”

 

VIVONO DA 25 ANNI  IN UNA BARACCOPOLI

TERREMOTATI A VITA!

 

Da un quarto di secolo tirano avanti  peggio delle bestie, nell’afa, nel gelo e tra i topi

 

Gli appartamenti sono pronti ma il comune non si decide a fare i controlli di rito e l’assegnazione

 

 

Cervinara- (Avellino)- Domenica, ventitré novembre 1980. Una data indimenticabile per le popolazioni di Campania e Basilicata. In quella serata nebbiosa, un violentissimo terremoto rase al suolo paesi interi, cancellando per sempre intere generazioni. Oltre duemila, i morti: centinaia di migliaia i feriti, rimasti senza casa, ospitati in container messi a disposizione dalla protezione civile. Doveva essere solo una situazione di ripiego, per far fronte all’emergenza. Così non è stato.

 

 

Una tragedia finita nel dimenticatoio per tanto, troppo tempo.

Dopo venticinque anni, ci sono ancora tantissime persone che continuano a “vivere”, peggio delle bestie  in quelle casette di emergenza, fatte di lamiere, con gli anni diventate molto pericolose, che attentano all’incolumità di chi vi “abita”. E’ il caso della baraccopoli di Cervinara, piccolo centro dell’avellinese- che continua a rappresentare una inaudita vergogna nazionale.

 

 

 

FIGLI DI NESSUNO

Un’odissea infinita, di sacrifici, di stenti, di promesse non mantenute: vissuta da adulti, invecchiati nelle stamberghe, e dai bambini, cresciuti nel freddo gelido dell’inverno, e l’insopportabile afa d’agosto, sentita per ben venticinque stagioni estive.

 

 

Di case vere, fatte di mattoni e cemento, ne sono state costruite. Non per questi figli di nessuno, persone senza diritti, calpestati dall’indifferenza- caduti sotto le pagine del tempo.

 

 

 

Vittime di protocolli e del mostro burocrazia, iperattivo nel bel paese.

Una comunità, stanca di ricevere promesse, di farsi immortalare nelle bestiali “suite”- condivise con un esercito di topi, che ben poco hanno da rosicchiare. Residenti che paradossalmente hanno scelto di “protestare”- di rappresentare il disagio vissuto- senza apparire, senza mostrare la propria faccia: una forma di protesta originale e curiosa.  Due dei sessanta residenti nelle stamberghe si fanno  immortalare e con tono pacato e rassegnato parlano al cronista.

 

 

 

 

 

 

 

 

INFERNO LUNGO 25 ANNI

“Per lo stato siamo invisibili da venticinque anni- siamo stufi- spiega M. T.(intuibile il motivo del trincerarsi dietro al nome siglato) 55 anni- tantissime volte i giornali locali si  sono occupati della nostra situazione, ma nulla è cambiato, non abbiamo avuto risultati, siamo ancora qui- costretti a vivere peggio delle bestie- fotografate queste topaie dentro e fuori- siamo stanchi di fare i fenomeni da baraccone, tanto nulla succede- concludono rassegnati e sconsolati”. 

 

 

 

 

Gli fa eco  G. C. 79- stanco e malato- che dice: “ lo stato italiano si è dimenticato di noi, viviamo come bestie, i cani e animali di affezione vivono assai meglio di noi: c’è stata la corsa per far entrare l’Italia in Europa, ma quelli lì lo sanno che da un quarto di secolo ci hanno fatto diventare bestie. Io sono malato e sicuramente non riuscirò ad entrare nelle nuove case ammirate per anni. Altro che Europa, il quarto mondo è qui- conclude sconsolato l’anziano pensionato”.

 

 

Da brividi gli interni di questi  monumenti all’inciviltà, che hanno segnato la vita di persone private della dignità umana, costrette a scontrarsi con tantissime emergenze, tra le prime di carattere sanitario. Con l’Asl  spettatore beato.

 

 

Persone che cercano con poca fortuna di  tamponare le abbondanti infiltrazioni d’acqua durante l’inverno: tappezzando il soffitto con le pagine dei quotidiani. Persone costrette a fare la guerra con i topi, che girano numerosi tra i coinquilini umani, trattati peggio delle bestie dalla società civile.

Un vero dramma per queste famiglie, uomini, donne, anziani- profughi nella loro “amata” patria.

 

 

Lasciate vivere nel più assoluto degrado, abbandonate a se stesse: annientate dall’indifferenza e dal mostro burocrazia- che ha negato finora vere e bellissime case costruite dall’IACP(Istitituto Autonomo Case Popolari)- posizionate a pochi passi dalle favelas irpine.  Appartamenti completati, destinati a queste famiglie- non assegnati finora perché privi dei controlli di rito da parte del Comune. Alloggi nuovi di zecca, guardati, ammirati, desiderati da queste persone che pur in preda alla disperazione, sono rimasti nelle stamberghe, aspettando civilmente l’assegnazione.

 

 

 

Promesse, solo promesse. Ai primi di marzo il presidente dell ‘IACP(ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI)- DICHIARAVA: “ Dopo Pasqua, in primavera- queste persone potranno andare a vivere nelle nuove case gestite dall’ente, lasciandosi alle spalle anni di sofferenza”. (dichiarazione finale dell’intervista pubblicata dal mensile Periscopio). L’ennesima promessa non mantenuta!

                                                                                              Giuseppe Sangiovanni

 

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