FIGLI DI NESSUNO DA UN QUARTO DI SECOLO!
Nulla è cambiato dopo il forte sisma che
sconvolse nel 1980 la Campania e Basilicata
“ Per lo stato
siamo invisibili”
VIVONO DA 25 ANNI IN UNA BARACCOPOLI
TERREMOTATI A VITA!
Da
un quarto di secolo tirano avanti peggio delle
bestie, nell’afa, nel gelo e tra i topi
Gli appartamenti sono pronti ma il comune non si
decide a fare i controlli di rito e
l’assegnazione
Cervinara- (Avellino)-
Domenica, ventitré novembre 1980. Una data
indimenticabile per le popolazioni di Campania e
Basilicata. In quella serata nebbiosa, un
violentissimo terremoto rase al suolo paesi
interi, cancellando per sempre intere
generazioni. Oltre duemila, i morti: centinaia
di migliaia i feriti, rimasti senza casa,
ospitati in container messi a disposizione dalla
protezione civile. Doveva essere solo una
situazione di ripiego, per far fronte
all’emergenza. Così non è stato.
Una tragedia finita nel dimenticatoio per tanto,
troppo tempo.
Dopo venticinque anni, ci sono ancora tantissime
persone che continuano a “vivere”, peggio delle
bestie in quelle casette di emergenza, fatte di
lamiere, con gli anni diventate molto
pericolose, che attentano all’incolumità di chi
vi “abita”. E’ il caso della baraccopoli di
Cervinara, piccolo centro dell’avellinese- che
continua a rappresentare una inaudita vergogna
nazionale.
FIGLI DI NESSUNO
Un’odissea infinita, di sacrifici, di stenti, di
promesse non mantenute: vissuta da adulti,
invecchiati nelle stamberghe, e dai bambini,
cresciuti nel freddo gelido dell’inverno, e
l’insopportabile afa d’agosto, sentita per ben
venticinque stagioni estive.
Di
case vere, fatte di mattoni e cemento, ne sono
state costruite. Non per questi figli di
nessuno, persone senza diritti, calpestati
dall’indifferenza- caduti sotto le pagine del
tempo.
Vittime di protocolli e del mostro burocrazia,
iperattivo nel bel paese.
Una comunità, stanca di ricevere promesse, di
farsi immortalare nelle bestiali “suite”-
condivise con un esercito di topi, che ben poco
hanno da rosicchiare. Residenti che
paradossalmente hanno scelto di “protestare”- di
rappresentare il disagio vissuto- senza
apparire, senza mostrare la propria faccia: una
forma di protesta originale e curiosa. Due dei
sessanta residenti nelle stamberghe si fanno
immortalare e con tono pacato e rassegnato
parlano al cronista.
INFERNO LUNGO 25 ANNI
“Per lo stato siamo invisibili da
venticinque anni- siamo stufi-
spiega M. T.(intuibile il motivo
del trincerarsi dietro al nome siglato) –
55 anni- tantissime
volte i giornali locali si sono occupati della
nostra situazione, ma nulla è cambiato, non
abbiamo avuto risultati, siamo ancora qui-
costretti a vivere peggio delle bestie-
fotografate queste topaie dentro e fuori- siamo
stanchi di fare i fenomeni da baraccone, tanto
nulla succede- concludono rassegnati e
sconsolati”.
Gli fa eco G. C. 79- stanco e malato- che dice:
“ lo stato italiano si è dimenticato di noi,
viviamo come bestie, i cani e animali di
affezione vivono assai meglio di noi: c’è stata
la corsa per far entrare l’Italia in Europa, ma
quelli lì lo sanno che da un quarto di secolo ci
hanno fatto diventare bestie. Io sono malato e
sicuramente non riuscirò ad entrare nelle nuove
case ammirate per anni. Altro che Europa, il
quarto mondo è qui- conclude sconsolato
l’anziano pensionato”.
Da
brividi gli interni di questi monumenti
all’inciviltà, che hanno segnato la vita di
persone private della dignità umana, costrette a
scontrarsi con tantissime emergenze, tra le
prime di carattere sanitario. Con l’Asl
spettatore beato.
Persone che cercano con poca fortuna di
tamponare le abbondanti infiltrazioni d’acqua
durante l’inverno: tappezzando il soffitto con
le pagine dei quotidiani. Persone costrette a
fare la guerra con i topi, che girano numerosi
tra i coinquilini umani, trattati peggio delle
bestie dalla società civile.
Un
vero dramma per queste famiglie, uomini, donne,
anziani- profughi nella loro “amata” patria.
Lasciate vivere nel più assoluto degrado,
abbandonate a se stesse: annientate
dall’indifferenza e dal mostro burocrazia- che
ha negato finora vere e bellissime case
costruite dall’IACP(Istitituto Autonomo Case
Popolari)- posizionate a pochi passi dalle
favelas irpine. Appartamenti completati,
destinati a queste famiglie- non assegnati
finora perché privi dei controlli di rito da
parte del Comune. Alloggi nuovi di zecca,
guardati, ammirati, desiderati da queste persone
che pur in preda alla disperazione, sono rimasti
nelle stamberghe, aspettando civilmente
l’assegnazione.
Promesse, solo promesse. Ai primi di marzo il
presidente dell ‘IACP(ISTITUTO AUTONOMO CASE
POPOLARI)- DICHIARAVA: “ Dopo Pasqua, in
primavera- queste persone potranno andare a
vivere nelle nuove case gestite dall’ente,
lasciandosi alle spalle anni di sofferenza”.
(dichiarazione finale dell’intervista pubblicata
dal mensile Periscopio). L’ennesima promessa non
mantenuta!
Giuseppe Sangiovanni
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