169 i clan coinvolti, 246.107 i reati contro
l'ambiente e il terrotorio. Presentato a Roma, "Ecomafia
2004" di Legambiente alla decinma edizione.
132 miliardi di euro. E' il fatturato delle
ecomafie dell'ultimo decennio. Una cifra
impressionante, paragonabile a quella di tanti
settori vitali e però legali dell'economia
italiana. Una montagna di denaro che dà l'idea
di quella che può essere stata l'aggressione
della criminalità organizzata ai danni
dell'ambiente tra il 1994 e il 2003 nel settore
dei rifiuti e in quello dell'abusivismo
edilizio, nella contaminazione degli appalti o
nel racket degli animali o nel traffico delle
opere d'arte. E in effetti anche altre altre
cifre sono drammatiche. Sempre in dieci anni le
forze dell'ordine hanno accertato in Italia ben
246.107 infrazioni in materia ambientale; le
persone denunciate o arrestate sono state
154.804; i sequestri effettuati 40.258. Leader
di questo mercato le quattro regioni a
tradizionale presenza mafiosa (Campania, Puglia,
Calabria e Sicilia), dove si concentra Il 40% di
queste infrazioni (esattamente 98.536); e la
percentuale sale fino al 43% se si guardano solo
gli illeciti relativi al ciclo del cemento.
Nello stesso arco di tempo, sono state
realizzate nel nostro Paese 405.606 costruzioni
illegali, tra nuovi immobili e trasformazioni
d'uso di rilevanti dimensioni, dalle stalle alle
ville, magari con piscina, e il 57% di questo
diluvio di cemento illegale si concentra ancora
nel Mezzogiorno. Camorra, 'ndrangheta, mafia,
sacra corona unita hanno inserito stabilmente
l'ambiente nel loro business. Sono 169 i clan
mafiosi per i quali Legambiente ha accertato
interessi diretti nei circuiti dell'ecomafia.
Eccole dunque le principali cifre di Ecomafia
2004 di Legambiente, il rapporto sulla
criminalità organizzata che quest'anno compie
dieci anni. Dieci anni in cui Legambiente ha
senz'altro contribuito a togliere il velo su
questo fenomeno - il neologismo ecomafia è
addirittura entrato nel vocabolario - e in cui
sono stati fatti passi avanti notevoli
nell'azione di contrasto delle forze
dell'ordine. Ma come dimostra il rapporto di
quest'anno - che aggiunge alla consueta analisi
dell'anno appena trascorso il bilancio di un
decennio - serve una decisa svolta per reprimere
con maggiore decisione il fenomeno.
Ecomafia di Legambiente nasce dalla
collaborazione di parti tanto diverse come
un'associazione di volontariato e le forze
dell'ordine, importanti uffici giudiziari come
la Procura nazionale antimafia e qualificati
istituti di ricerca, come il Cresme e l'Istituto
nazionale di geofisica; commissioni parlamentari
d'inchiesta, a partire da quella sul ciclo dei
rifiuti e tanti cittadini. Alla presentazione
romana di oggi hanno preso parte Roberto Della
Seta, presidente nazionale di Legambiente,
Enrico Fontana, responsabile ambiente e legalità
di Legambiente, Altero Matteoli, ministro
dell'Ambiente e della tutela del territorio,
Paolo Russo, presidente della Commissione
parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti,
Roberto Centaro, presidente della Commissione
antimafia, Piero Luigi Vigna, procuratore
nazionale antimafia, Enzo Bianco, presidente del
Comitato parlamentare di controllo sui servizi
segreti. Sono intervenuti inoltre il generale di
brigata Raffaele Vacca, comandante dei
Carabinieri per la tutela dell'ambiente, il
generale di corpo d'armata Pietro Ciani,
comandante dei reparti speciali della Guardia di
Finanza, Fausto Martinelli, vice comandante del
Corpo Forestale dello Stato, l'ammiraglio Sergio
De Stefano, responsabile dell'ufficio
coordinamento Capitaneria di Porto, il
colonnello Gianfranco Linzi del Sismi, insieme
ad altri rappresentanti dell'ordine dei
Carabinieri, della Guardia di Finanza, del Corpo
Forestale dello Stato, della Polizia, delle
Capitanerie di Porto, dell'Apat, della Cgl,
dell'Ance, di Confcommercio, di Confindustria. E
a Legambiente ha indirizzato un suo autorevole
messaggio anche il presidente della repubblica,
Carlo Azeglio Ciampi. "Il fenomeno dell'ecomafia
rappresenta una grave emergenza sociale - ha
scritto il presidente Ciampi - l'approfondimento
che a questo tema Legambiente continua a
dedicare offre un contributo di valore alla
riflessione comune. Sono necessarie oggi nuove e
più incisive azioni di coordinamento e
integrazione contro lo sfruttamento e le
alterazioni del patrimonio naturale e culturale
per contrastare l'illegalità e per promuovere
una attenta politica di prevenzione e una
corretta gestione del territorio".
"Oggi, - ha commentato il presidente di
Legambiente, Roberto Della Seta - il ruolo
diretto delle organizzazioni mafiose nel
saccheggio del patrimonio ambientale e culturale
del nostro Paese, soprattutto nel Mezzogiorno, è
un dato acquisito. Così come si è ormai
consapevoli dell'incredibile giro di denaro che
nutre il mercato illegale. Un business da
miliardi di euro, dal ciclo dei rifiuti a quello
del mattone, dal traffico degli animali esotici
a quello di opere d'arte. Un'economia parallela
e sotterranea che oltre ad aggravare il danno
ambientale impedisce lo sviluppo di un'economia
pulita in grado di stimolare la crescita del
Paese. È poi da considerare - ha aggiunto Della
Seta - che al danno si aggiunge la beffa, se si
pensa che dallo Stato arrivano messaggi più o
meno diretti di accondiscendenza verso
l'illegalità. Basti pensare al condono edilizio
che rivitalizza il business dei clan mafiosi che
ruotano intorno al mattone, preannunciando tra
l'altro un ingente esborso di denaro da parte
degli Enti locali. Una misura irresponsabile che
oltre a legalizzare innumerevoli scempi,
trasmette all'intera società l'idea che il
rispetto della legge sia un optional, e che in
fondo chi la legge la rispetta è più fesso che
onesto".
"Con queste premesse e soprattutto con questi
numeri - ha dichiarato Enrico Fontana,
responsabile del settore ambiente e legalità di
Legambiente - torniamo a sollecitare, anche
quest'anno, tutte quelle misure che possono
essere necessarie al ripristino della legalità.
E' il caso dell'introduzione dei delitti contro
l'ambiente nel nostro Codice penale. Una riforma
che si è resa quanto mai urgente ed è prevista
anche dal Consiglio d'Europa e dalla Commissione
europea. Non solo, al di là degli esiti dei
ricorsi pendenti davanti alla Corte
costituzionale contro il terzo condono edilizio,
si rende necessaria l'istituzione di un Ufficio
nazionale per la lotta all'abusivismo edilizio,
con funzioni operative e di coordinamento, che
supporti Comuni ed Enti parco nelle attività di
demolizione di tutto ciò che è comunque non
sanabile, nonché in quelle di repressione del
nuovo abusivismo, quello successivo, per
intenderci, alla data del 31 marzo 2003. Un
altro punto dolente - continua Fontana - è la
gestione commissariale del ciclo dei rifiuti,
ormai pluridecennale, che con azioni che siano
davvero straordinarie si creino le condizioni
per un autentico decollo della raccolta
differenziata e delle attività di recupero e
riciclaggio, antidoto indispensabile all'azione
delle ecomafia".
Ma
torniamo ai dati e analizziamo quelli recenti,
quelli dell'anno appena trascorso. Nel 2003
l'illegalità ambientale e l'ecocriminalità
tornano a livelli record. Nel 2003 c'è una nuova
impennata dei traffici ecomafiosi. Gli illeciti
ambientali accertati dalle forze dell'ordine
sono infatti aumentati del 32,6% rispetto al
2002, i traffici illegali dei rifiuti sono
cresciuti nello stesso periodo del 10,7%, sono
cresciute le costruzioni e le cave abusive ma
anche il bracconaggio e il racket di animali,
gli incendi dolosi sono saliti a quota 7mila, il
doppio rispetto ai dati del 2002. Nello stesso
tempo è cresciuto il business complessivo del
settore: una cifra che nel 2003 supera i 18,9
miliardi di euro, con un incremento del 14,2%
rispetto al 2002.
Vediamo, allora, più da vicino i numeri più
pesanti evidenziati dal Rapporto 2004: per
esempio, le oltre 40 mila costruzioni abusive
realizzate nell'arco del 2003, rilevate
dall'analisi congiunta di Legambiente e Cresme.
Una superficie complessiva che equivale a oltre
5,4 milioni di metri quadrati di cemento
illegale, per un valore immobiliare superiore ai
2,7 miliardi di euro. Si tratta di oltre 9mila
nuove costruzioni illegali in più rispetto al
2002 (tra nuovi immobili e trasformazioni d'uso
di rilevanti dimensioni). Rispetto al 2001
invece, in piena stagione demolizioni,
l'impennata è di oltre il 41% di cemento
illegale "regalato" al nostro Paese, senza
considerare l'inevitabile crescita che si
registrerà anche nell'anno in corso, soprattutto
dopo la concessione della proroga per la
presentazione delle domande di condono. Come
negli anni passati, l'abusivismo edilizio,
seppur diffuso in tutta Italia, raggiunge i
picchi maggiori nella quattro Regioni a
tradizionale presenza mafiosa (Campania sempre
in testa, Puglia, Sicilia, Calabria) dove si
concentra il 55% delle nuove costruzioni
abusive.
In
maniera più generale, gli illeciti relativi al
ciclo del cemento accertati dalla forze
dell'ordine crescono di oltre il 16%, passando
complessivamente da 6.151 a 7.138. Più che
raddoppiati i sequestri, che vanno dai 580 del
2002 ai 1.422 del 2003. E sebbene il 39,5% delle
infrazioni accertate si concentra nelle quattro
regioni a tradizionale presenza mafiosa, è il
Lazio a conquistare quest'anno la poco
confortante "maglia nera" dell'illegalità nel
ciclo del cemento: le infrazioni accertate nel
2003 sono state ben 1.450, più del doppio di
quelle riscontrate nel 2002. Al secondo posto si
colloca la Campania e al terzo la Calabria.
Continua, poi, a destare forte preoccupazione il
primo anello del ciclo illegale del cemento: le
cave abusive. Critica la situazione lungo alcuni
fiumi importanti, a nord come a sud del Paese.
Procedono le indagini sulle escavazioni abusive
di sabbia e ghiaia dal Po (Procure di Padova e
Reggio Emilia) ai torrenti del Cadore, mentre si
conferma particolarmente critica la situazione
per quanto riguarda le cave abusive in Calabria,
soprattutto nelle province di Cosenza e di
Catanzaro, in particolare nel territorio di
Lametia Terme.
Non di minor peso la montagna di rifiuti entrati
nel business dell'ecomafia e spariti nel nulla.
Una nuova "vetta" di 1.314 metri di altezza (se
può consolare, 68 in meno rispetto all'anno
precedente) e tre ettari di base, pari a 13,1
milioni di tonnellate di rifiuti speciali.
Rifiuti anche pericolosi, di cui si stima la
produzione ma non si conosce l'effettivo
smaltimento, e la cui mole si aggiunge alle tre
montagne di rifiuti spariti nel nulla già
denunciate nei precedenti rapporti Ecomafia
(rispettivamente di 1.150 metri nel 1988, di
1.120 metri nel 1999, di 1.382 metri nel 2000).
Gli illeciti nel ciclo dei rifiuti crescono
complessivamente di oltre il 10,7%. La Sicilia
si conferma anche quest'anno al primo posto, con
197 infrazioni accertate, pari all'11,2% del
totale nazionale. Si segnala inoltre la grave
situazione di emergenza in cui vertono i
territori dell'Agro aversano, (Caserta) e di
diversi comuni dell'area a nord di Napoli (in
particolare nel triangolo Qualiano, Giugliano,
Villaricca): la cosiddetta terra dei fuochi,
dove si continuano a bruciare di notte ingenti
quantitativi di rifiuti con tecniche sempre più
raffinate. Da questi roghi, si sprigionano
rilevanti quantità di diossina ed è molto
probabile che proprio questa sorta di
"termocombustione" vadano ricondotti i gravi
fenomeni di contaminazione, che hanno portato al
sequestro e all'abbattimento di alcune migliaia
di capi bovini nonché alla recentissima
emanazione di ordinanze sindacali che vietano in
alcune di queste aree il pascolo, la raccolta
del foraggio e la detenzione di animali da
cortile. Sorprende, infine, per l'originalità
del sistema di smaltimento illecito adottato,
l'operazione Paddock, condotta in Toscana dal
Corpo forestale dello Stato e dalla Guardia di
finanza. Le indagini hanno individuato l'impiego
di cavi elettrici tritati e mescolati con sabbia
per "allestire" le aree di allenamento dei
cavali in numerosi maneggi della provincia di
Firenze (ma il traffico ha interessato anche la
Lombardia, l'Emilia Romagna e le Marche). Il
materiale, come rivela un comunicato stampa
della stessa Arpat, "conferisce una buona
elasticità al fondo e non comporta la formazione
di polvere"; peccato che rientri nella categoria
dei rifiuti pericolosi.
In
maniera più generale, gli illeciti ambientali
accertati dalle forze dell'ordine sono stati
25.798, circa il 32,6% in più di quelli
riscontrati nel 2002. E' ancora la Campania la
prima regione d'Italia per quanto riguarda i
fenomeni d'illegalità ambientale, con 3.604
infrazioni accertate dalle forze dell'ordine,
2.520 persone denunciate e 1.158 sequestri,
seguita anche quest'anno dalla Calabria, con
3.580 illeciti, 2.191 persone denunciate e 996
sequestri. Sale, invece, al terzo posto il
Lazio, con 3.001 notizie di reato (le persone
denunciate sono ben 2.297, oltre 100 in più
rispetto alla Calabria, i sequestri 769). Sono
da segnalare il numero di sequestri riscontrati
in Puglia (1.116), seconda regione d'Italia per
questo tipo di provvedimenti giudiziari in campo
ambientale) e in Sicilia (1.094), al terzo posto
di questa graduatoria. Un'ultima novità
significativa riguarda la Liguria, che si
colloca al primo posto tra le regioni del Nord
per numero di infrazioni accertate dalle forze
dell'ordine, scavalcando così in questa
classifica disaggregata la Lombardia.
Tra i settori che continuano a interessare
l'ecomafia e ad alimentare le sue casse, c'è poi
il racket di animali. Per citare un solo
esempio, almeno 5mila cavalli vengono rubati
ogni anno. Spesso sono destinati al mercato
della macellazione clandestina, dopo la crescita
del consumo di carne equina (circa il 40%) che,
nel nostro Paese, ha seguito l'allarme "mucca
pazza". Non vanno però dimenticate le
tradizionali fonti di guadagno, quali il
bracconaggio, che rimane in Italia sin troppo
diffuso. Come dimostrato dall'Operazione
pettirosso, condotta dal Noa, il Nucleo
operativo antibracconaggio del Corpo forestale
dello Stato: 102 persone denunciate, 4.239
archetti e trappole sequestrati, 157 reti. Le
prede sono sempre le stesse (pettirossi,
allodole, fringuelli, scriccioli) piccoli
volatili catturati illegalmente che alimentano
un ricco mercato: un piatto, con il gusto del
proibito, di "polenta e osei" può costare anche
40 euro; un archetto, appena 15 centesimi;
Interessi molto rilevanti orbitano infine
intorno al saccheggio del patrimonio
archeologico, storico e artistico del Paese, il
cosiddetto fenomeno dell'archeomafia. I dati
forniti dal Nucleo Tutela Patrimonio Culturale
dell'Arma dei carabinieri segnalano una
diminuzione del numero totale dei furti: 1.293
nel 2003 contro i 1.539 del 2002, con una
flessione del 15,9%. Non diminuisce, tuttavia,
in maniera proporzionale, il numero di opere
trafugate: 18.453 rispetto alle 18.566 del 2002,
appena lo 0,8% in meno. Una spia, probabilmente,
di una maggiore "selettività", di una ricerca
del "colpo sicuro" da parte di chi è ancora oggi
attivamente impegnato nell'aggressione al
patrimonio storico, culturale e archeologico del
nostro Paese. Un'ipotesi che sembrerebbe
confermata da un dato preoccupante; sono ben
2.974, tra le opere trafugate, quelle
considerate di interesse "notevole", contro le
77 del 2002; diminuiscono, invece, quelle di
"medio interesse" (4.669 contro le 5.650 del
2002) e soprattutto quelle "non rilevanti"
(9.833 contro 12.810).
Molto più brutale e diretta è la nuova "mafia di
campagna", un fenomeno su cui indaga una sezione
specializzata della Procura nazionale antimafia,
voluta dal Procuratore Piero Luigi Vigna.
228.253 sono stati i reati accertati dalle forze
dell'ordine nelle campagne del nostro Paese,
durante il 2002. Al primo posto figurano i furti
di attrezzature e mezzi agricoli, seguiti dal
racket, dall'abigeato, dai furti di prodotti
agricoli, in quantitativi ingenti e direttamente
dalle piante. Dato in controtendenza,
fortunatamente, è quello dei furti d'arte: sono
1.293, -15,9% rispetto al 2002.
"Da quando, nel 1994, Legambiente presentò il
primo rapporto Ecomafia - ha concluso Della Seta
- si è rivelato alla società un fenomeno
terribilmente insidioso, che ha prodotto danni
all'ambiente, alla salute e all'idea stessa di
legalità. Quello che serve, allora, in Italia è
la volontà politica di arrivare a strumenti
legislativi che rendano più semplice, certa,
immediata l'azione di repressione delle ecomafie
e della illegalità in campo ambientale.
L'attuale sistema di tutela penale dell'ambiente
mostra, infatti, tutta la sua inefficacia. Ad
eccezione dell'art. 53 bis del decreto Ronchi
che, introducendo il delitto di organizzazione
di traffico illecito di rifiuti, ha portato nel
giro di appena due anni alla scoperta di
colossali traffici di rifiuti pericolosi e
all'emissione di 133 ordinanze di custodia
cautelare".
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