Qual è il limite tra libertà di espressione e
indecenza?
Caro Giovanni,
ti ringrazio per l’attenzione immediata che hai voluto dare
alle mie righe.
Ricordo le tue argomentazioni contro le sciocchezze della
Fallaci, che accolsi con gran sollievo perché
esprimevano perfettamente anche il mio pensiero.
Come forse sai, inoltre, non perdo occasione per
manifestarvi la mia gratitudine e la mia
ammirazione per i risultati, in termini
qualitativi e quantitativi, del vostro lavoro
telematico. Siete riusciti nello straordinario
cimento di rendere REALE la vostra PIAZZA
VIRTUALE, mettendola a disposizione di tutti,
senza censure e senza superflue posizioni
preconcette.
Proprio per questa mia considerazione ho ritenuto giusto
manifestarvi il mio sentimento di indignazione
nei confronti di quanto riportato nel famigerato
“articolo” della Fait. Lo ripeto: NON È IN
DISCUSSIONE LA LIBERTÀ DI PENSIERO, PAROLA,
OPINIONE. Credo tuttavia, e qui sta il
punto, che essa, nel suo esercitarsi concreto,
debba effettivamente misurarsi con la libertà
altrui, con la realtà dei fatti, con la storia.
E deve farlo alla luce della ragione, unico modo
per non superare quel limite – molto delicato –
che io ho definito “della decenza”, intendendo
significare che OLTRE QUEL CONFINE SI APRE IL
TERRENO VISCIDO E MESCHINO DELL’ODIO DI RAZZA E
DI RELIGIONE, DELL’OFFESA GRATUITA, IL TERRENO
SU CUI SI CONSUMA IL TENTATIVO DI ANNIENTARE
L’ALTRO NELLA SUA DIGNITÀ.
Faccio alcuni esempi concreti, con cui spero di riuscire ad
esprimere lo iato che separa libertà di opinione
e scontro di civiltà. Se ti mandassi una e-mail
in cui definissi tutti i telesini dei venduti
incapaci idioti corrotti buoni-a-nulla stolti
affamatori incompetenti traditori ladri
violentatori-di-bambini assassini ecc., a parte
la perdita della stima che hai nei miei
confronti e di cui ti ringrazio, non ti porresti
il problema della pubblicazione? Io credo di sì,
e faresti più che bene, perché il mio scritto
non solo sarebbe sciocco ma anche terribilmente
offensivo nei confronti di tutti i nostri
concittadini. Eppure è questo il vocabolario
usato dalla Fait contro l’intero popolo
palestinese. Non ti riporto i passaggi perché li
puoi riscontrare facilmente.
Ancora: se ti chiedessi di pubblicare una lettera in cui
definissi Alfonso Grillo – chiamo in causa il
nome di un amico fraterno che non me ne vorrà –
un essere inferiore, magari perché è cattolico
osservante, non ti verrebbe il dubbio
sull’opportunità di pubblicarla senza neanche
una presa di distanza?
Non sto esagerando. Il signor Del Deo definisce «SELVAGGI»
i palestinesi, indistintamente. La Fait, con
“l’invidiabile eleganza” che la distingue, parla
della «grossa idiozia» che connoterebbe
tutti gli arabi. Sorvolo sulle falsità e
i veleni che Del Deo continua a spargere,
facendole passare per chissà quali verità
scientifiche e storiografiche (rimando
all’articolo di Piero Sansonetti che è in
pubblicazione sulla stessa pagina). Ci vuole un
bel coraggio, poi, ad invocare la tanto agognata
pace. Il bello è che Del Deo non si rende
nemmeno conto di quanto stridano e appaiano
vacue al lettore le sue contraddittorie
affermazioni. Io credo che la pace la stiano
costruendo i tanti israeliani e palestinesi che
da tempo hanno capito che non ha senso
annientarsi a vicenda, e che ogni giorno
realizzano iniziative concrete nella direzione
del dialogo paritario.
Mentre il mondo cerca – faticosamente - di andare avanti,
Del Deo e la sua amica Fait rimangono nelle
secche del “fallacismo”. È curioso: proprio ieri
i telegiornali hanno riportato l’intervento di
Ariel Sharon all’ONU, in cui il primo ministro
israeliano ha parlato chiaramente della
giustezza di uno stato palestinese e della
necessaria convivenza tra i due popoli. Sharon,
per quanto mi consta, è sempre il falco di
prima, ma almeno ha cominciato a fare politica,
capendo che essa è cosa ben diversa dall’uso dei
missili e dei carri armati.
Un ultimo esempio: il saluto romano è un’espressione del
pensiero, giusto? Tuttavia in Italia è vietato.
Chi tende il braccio a salutare i camerati si
rende colpevole di un reato penale, l’apologia
del fascismo. Mica questo significa limitare le
libertà fondamentali?
Ho osservato – e ti chiedo se sei d’accordo – che c’è stata
un crescendo nella virulenza degli attacchi al
popolo palestinese, consumatesi dalle pagine di
ViviTelese. Fino ad un certo punto, eravamo
ancora nell’alveo della famosa decenza, entro
cui si confrontano – e magari si scontrano
dialetticamente – posizioni differenti, senza
problemi di sorta. Ora, lo ribadisco, non più.
Non so quali decisioni adotterete. Sono
consapevole che non è facile stabilire il limite
tra libertà di espressione e indecenza. Ma
ora questo compito spetta a voi.
Spero soltanto che la vostra piazza virtuale
continui ad essere il nobile luogo di
discussione che è da sempre, lo “strumento” dove
ci si confronta con garbo e sobrietà, lasciando
da parte inutili e patetici livori.
Naturalmente si tratta della mia singola opinione, nulla
d’altro.
Gianluca
Giovanni Forgione - 17 settembre 2005
Grazie per i complimenti, sempre graditi,
specialmente quando l'impegno non da alcun
guadagno e anzi toglie tempo agli affetti
familiari e ai piaceri personali. Ti ringrazio
anche per l'affetto che ti lega a ViviTelese e
per i sani principi, da te evidenziati, che
ViviTelese quotidianamente mette in campo.
Come avrai certamente notato, ViviTelese si
occupa di tutto, pubblica tutto e, per comodità
di gestione, esclude solo gli interventi nei
quali diffamazioni e pubblicità
commerciali sono molto evidenti. E'
facile il lavoro di pubblicazione (due ore al
giorno) quando osservo con la necessaria
semplicità (o velocità) il materiale pervenuto.
Diverso sarebbe il lavoro di approfondimento dei
comunicati. In media, 10 articoli al giorno
(ricevuti nella posta elettronica) che parlano
di argomentazioni una diversa dall'altra,
avrebbero forse bisogno di una redazione
giornalistica in servizio 24 ore. Con queste
"scuse", non voglio fare il Ponzio Pilato e la
vittima; al contrario, sono orgoglioso della
piazza virtuale (e anche reale) che siamo
riusciti a creare e mi sento profondamente
responsabile delle mie scelte.
Veniamo a noi. (A noi, si può dire?). Con questa
battutaccia, introduco il mio pensiero. Le
parole, il significato delle stesse, la
semantica, rappresentano un qualcosa di
evanescente, di scarso valore scientifico. La
stessa parola (ad esempio: "Vuaglio!",
oppure "Signore") può essere sia un
complimento che una profonda offesa; dipende dal
contesto e dalla espressione di chi pronuncia.
Sulla carta stampata e sul nostro sito web, c'è
solo la parola, cruda, senza espressione; le
interpretazioni, quindi, sono molto differenti a
seconda di chi legge. La legge sulla
diffamazione è fatta molto bene. Non sono un
legale e, probabilmente, faro sorridere
qualcuno: la diffamazione esiste, solo ed
esclusivamente, quando un soggetto (o gruppo) si
offende. Ripeto... la certificazione dell'offesa
è determinata da chi legge non da chi scrive...e
ho detto tutto!
Porto un altro esempio, scolastico, perché sono
insegnante e mi riesce meglio. La valutazione
degli alunni è espressa con giudizi scritti
(parole) oppure con voti (numeri). Ebbene,
qualche genitore di un mio alunno si è offeso,
per un giudizio (composto di parole) che invece
era molto positivo, per me che l'avevo scritto.
Penso che solo la cifra, il numero, il
riferimento scientifico, da zero a dieci non da
adito a incomprensioni.
Torno a ViviTelese. Non esiste il libro e il
catalogo delle parole diffamatorie; sarebbe
impossibile confezionarne uno; ripeto l'esempio
precedente; la parola "scemo!" può
rappresentare anche un complimento, se
pronunciato da una persona che ti ama, dopo che
gli/le hai fatto una battuta interessante.
Il
confine della decenza, al quale tu fai
riferimento nel titolo non esiste, non è
in un posto fisico riconosciuto da tutti. Per te
è qui... per me è là. Lasciamo quindi la
possibilità a tutti di esprimersi. Nell'esempio
simpatico riferito ai telesini, con evidente
"uscita di senno" di chi scrive, la
pubblicazione potrebbe anche avvenire, perché
nessun telesino si offenderebbe se "Gianluca 'mpazzisse"
e dicesse stupidaggini di quel tipo.
Penso, inoltre, che le generalizzazioni, possano
essere partorite solo da menti "non perfette".
Parlare e giudicare "gli arabi", "gli ebrei", "i
palestinesi", "i genovesi avari", "i napoletani
mariuoli" presi "in blocco" per me
è tempo
perso, ma c'è chi ama farlo ed ha diritto di
farlo. Anche elogiare o dissacrare questa razza
o quella religione è una attività che io non
amo, ma c'è a chi piace farlo.
Per me, la razza non è una scelta ma un dono
della natura; avere un credo religioso è invece una scelta
personale perché l'esigenza dello spirito la
richiede. Sono motivi (razza e religione) di
orgoglio dei popoli e non dovrebbero essere
motivo di conflitto. Queste mie idee, espresse
in estrema sintesi, non sono condivise da tutti. Ognuno poi, ha modalità
personali per esprimersi. C'è chi lo fa con odio
evidente, chi lo fa in modo asettico, e chi ti
piglia "pe' fesso" e non se ne fa accorgere.
Rimango comunque dell'idea che anche chi odia ha
il diritto di esprimersi. Se poi, chi odia,
scrive stupidaggini e cattiverie evidenti,
queste non dovrebbero offendere nessun essere
dotato di razionalità e di saggezza. Possono
però istigare (e qui ti do ragione) persone
guerrafondaie alla ricerca di altri momenti
conflittuali.
In
conclusione, caro Gianluca, credo che
nell'esercizio della libera espressione delle
proprie verità, nessun essere pensante possa
essere escluso. Se ViviTelese dovesse censurare
un autore (mai capitato) ci sarebbero altri
100 siti pronti a pubblicare lo stesso
autore. Per rafforzare quanto
esprimo, affermo che nessun essere pensante ha
il potere di chiudere la bocca a chi ha voglia
di esprimersi.
Se
poi, alcune parole sono percepite come offesa da
uno o più lettori, la legge permette di
denunciare gli autori delle opinioni. La parte
"lesa" può farlo e ne ha tutti i diritti. |