11 settembre 2005

Dimostrazione della non esistenza di Gesù

Luigi Cascioli

 

 

LA FAVOLA DI CRISTO

Inconfutabile dimostrazione della non esistenza di Gesù

Libro-denuncia

 

Dopo aver escamottato la mia denuncia ricorrendo all’anonimato (vedi fasi iniziali del processo su www.LuigiCascioli.it ), don Enrico Righi, resosi conto che nella posizione d’indagato nella quale si trova non poteva più sostenere la figura del transfuga davanti a un’opinione pubblica che sempre più insistentemente gli chiedeva perché evitasse un confronto diretto in tribunale se veramente era convinto delle sue ragioni, ha deciso di farsi avanti portandomi quelle prove dell’esistenza storica di Gesù che ripetutamente avevo richiesto a lui, al Card. Biffi e all’Arcivescovo Carraro ma senza avere risposta.

 

Dal bollettino parrocchiale “RISVEGLIO” N° 264:

 

“La favola di Giovanni di Gamala”

Questo è il vero titolo del libro pubblicato da Luigi Cascioli come “Favola di Cristo”


La favola è un racconto immaginario che affonda le radici nella fantasia e che di conseguenza è aperto ad ogni soluzione la più inverosimile. Il fatto storico invece è tutto il contrario della favola perché non si fonda sulla fantasia, ma “in re”. Il Cristo uomo emerge come figura inconfondibile tra tutti gli uomini del passato con una quantità impressionante di testimonianze di provenienza religiosa e pagana. I personaggi non religiosi che parlano di Cristo sono moltissimi e lo fanno in maniera disinteressata, da osservatori lontani e sconosciuti tra loro: Giuseppe Flavio, Tacito, Svetonio, Plinio il giovane, Adriano, Trifone, Marco Aurelio, Epitteto, Publio Lentulo. Bisognerebbe sbuggiardarli uno per uno per annullare il Cristo Uomo di cui parlano. (Riporto “sbuggiardarli” con due g come è stato scritto sulla lettera). Uno storico che si rispetti dovrebbe conoscere il latino, il greco, i generi letterari, l’esegesi, la critica storica, l’analisi scientifica. La storia non s’inventa la si riscopre cercando pazientemente e mettendo insieme infiniti frammenti fino a comporre il mosaico originale! Il fatto storico è allergico alla immaginazione di che vorrebbe per forza. per malizia o per ignoranza piegarlo alle proprie tesi. È, se è, non è, se non è. Il Cascioli ha la preparazione dello storico? I giornalisti lo presentano come “studioso del Lazio” e come “storico” ma loro ci credono a queste qualifiche? Leggendo attentamente i loro articoli, questi titoli sanno tanto di presa in giro. 75 anni fa, quando venni battezzato, il parroco che mi fece cristiano già predicava il Cristo Uomo. Il Cascioli mi trascina davanti al tribunale perché “IO” tra 33.000 parroci italiani abuso della credulità popolare imbrogliando tutti col mettere Cristo al posto di Giovanni di Gamala. Il Cascioli sostiene che Cristo non è mai esistito. Se non vede il sole a mezzogiorno, non può denunciami perché lo vedo io. Dovrebbe denunciare tutti i vedenti (?!). Da duemila anni viene rispettata la libertà di credere o almeno all’esistenza di Cristo uomo, ma il Cascioli non ammette questa libertà e mi denuncia perché non credo a quello che crede lui. (?!). Chi era Giovanni di Gamala? Che cosa ha fatto? Quali tracce ha lasciato? Ho l’impressione che il Cascioli sia l’unico testimone della sua esistenza (?!). Quanti personaggi in questi anni hanno cantato, dipinto, scolpito, elogiato Cristo? Sono tutti matti?! Tristo è colui che per vedere le stelle ha bisogno di una capocciata! Quanti martiri per Cristo! Tutti scemi? Quando crolla un edificio, s’indaga l’impresario non l’operaio che vi ha lavorato. Che parte ho io nell’operazione di Cristo? Se non fossi mai nato, oggi non cambierebbe nulla. Mi sembra di rileggere in chiave moderna la storia di don Chisciotte che assaliva i mulini a vento! Con don Chisciotte si ride, ma con Cascioli che si fa? Dopo 50 anni di sacerdozio, mi sarei aspettato un po' di riposo, invece mi trovo al centro di una disputa “ridicola” sulla esistenza storica dell’uomo Gesù. Di solito le feste finiscono con i fuochi, ma non credo mai che Cascioli festeggiasse i miei 50 anni di sacerdozio sparando una bomba così grossa! PAZIENZA.

 

Don Enrico Righi

 

 

 


Leggendo la lettera ci si rende subito conto che è stata scritta da un prete per il continuo ricorso che si fa all’arroganza e al sofisma per imporre le proprie verità. Se l’arroganza ci fa sorridere perché basata sull’utopica convinzione che hanno tutti preti di essere i soli detentori del sapere per aver studiato la teologia (scienza del nulla), il greco e il latino quando invece, ignorando le nozioni più elementari del sapere scientifico e pratico, sono i più grandi asini della terra, l’uso del sofisma (argomentazione logica in apparenza ma che nasconde intenzionalmente un errore) ci riempie di sdegno perché ci dimostra come ancora una volta si abusi dell’ignoranza popolare. Il sofisma è un ragionamento fallace che porta a una conclusione partendo da un presupposto che si dà per buono quando invece è sbagliato. Porto l’esempio di Sant’Anselmo che, per rispondere ai razionalisti che contestavano il fatto che Dio, prima della creazione, non poteva esistere nel nulla in quanto ché il nulla non è concepibile sotto nessuna forma, dette al nulla un significato esistenziale dicendo: «Il nulla è uguale e zero, zero è un concetto, quindi il nulla esisteva sotto forma di concetto». Uguale al ragionamento di Sant’Anselmo è quello di don Enrico allorché, all’inizio della lettera, per sostenere l’esistenza di Cristo dice: «Cristo è uguale a fatto storico, il fatto storico non è una favola, quindi Cristo non è una favola ma un fatto storico».

 

Due evidenti sofismi, il primo rappresentato nel porre il nulla uguale a zero, il secondo sta nell’affermazione che pone Cristo uguale a fatto storico, affermazione che dimostra subito la sua fallacità allorché si pretende suffragarla con prove prive di ogni attendibilità, quali i martiri che morirono per lui (citazione tratta da Pascal), i pittori che lo ritrassero, gli scrittori che lo elogiarono e i musicisti che lo cantarono e lo cantano ancora come i pifferai che suonano il “tu scendi dalle stelle” sotto le feste di Natale. Ritornando sulla grande “cultura pretina” che permette ai reverendi ecclesiastici di arrogarsi la qualifica di dotti, è interessante rimarcare la suddivisione che fa don Enrico dei personaggi che lui porta come testimoni dell’esistenza di Gesù. Dicendo che sono di provenienza “sia religiosa che pagana”, sapendo che il paganesimo è anch’esso una religione, è come se avesse detto, per distinguere due razze di maiali, “di provenienza sia porcina che suina”. A meno che non avesse voluto dire, (speriamolo per lui), “di provenienza sia ebraica che pagana”, riferendo alla prima Giuseppe Flavio e Trifone e alla seconda tutti gli altri.

 

Lasciando, a questo punto, ogni ulteriore critica agli errori, voluti e non voluti, commessi nelle sole prime righe della sua lettera e don Enrico nell’illusione che gli articoli scritti su di me, quale storico del Lazio, “sanno tanto di presa in giro” (argomento questo sul quale ritornerò alla fine), passiamo ad esaminare il resto della lettera con tutte le fesserie che è riuscito a metterci dentro un dotto teologo, professore di greco e di latino.

 

1) Sfidandomi a sbugiardare le prove da lui portate, prove di natura prettamente storica, don Enrico non ha fatto altro che dimostrare quanto sia infondato l’espediente a cui sono ricorsi i giudici allorché, per archiviare la mia denuncia, hanno sostenuto che l’argomento non poteva essere trattato da un tribunale laico perché di natura teologica. (Vedi proposta di archiviazione del Pubblico Ministero Petroselli e relativa sentenza del Giudice Mautone in data 08/05/2003 – 15/02/2004).

 

2) Portando per propria discolpa il fatto di non essere stato lui a inventare il personaggio Gesù perché già altri predicavano la sua figura di uomo prima che lui nascesse, don Enrico ha dimostrato di essere lui il primo a non credere o, almeno, a dubitare della sua esistenza. Se veramente credesse che le testimonianze da lui citate sono certe e inconfutabili, non cercherebbe di addossare su altri le proprie colpe. Quando le prove dell’innocenza sono evidenti e nette, non si ricorre alle vie traverse, come fa don Enrico, dicendo che l’inghippo lui lo ha trovato già bello che fatto perché costruito da altri che sono nati prima di lui.

 

«Quando un edificio crolla, s’indaga l’impresario e non l’operaio che vi ha lavorato», insiste a dire don Enrico dimostrando una volta di più di essere lui il primo a dubitare della solidità delle fondamenta su cui è stata costruita la Chiesa. E come se non avessimo ancora capito che lui intende tirarsi fuori da ogni accusa lavandosi le mani di ogni responsabilità che potrebbe coinvolgerlo nella costruzione della “grande impostura”, ripete ancora: «Che parte ho io nell’operazione Cristo?», come per dire. «Se Cristo non è esistito, non accusate me, ma coloro che lo hanno inventato».

 

Comportamento da Ponzio Pilato che esprime tutto l’ateismo che risiede nell’intimo del mondo clericale, ateismo ben conosciuto da tutti e sul quale così si esprime l’astronomo Lalande: «Sono numerosi i preti cattolici che non credono a Dio, ma per viltà, per paura di perdere il guadagno o la loro posizione sociale (per don Enrico sembra che attualmente sia il riposo) essi nascondono ciò che pensano. Ho avuto modo di comprenderlo numerose volte e qualcuno di questi furbi mi ha confessato che essi predicano ciò che considerano menzogna. Non si può avere compassione di questi individui che, oltre verso gli altri, sono disonesti verso se stessi».

 

Ma don Enrico può dire e fare quello che vuole ma non cercare di liberarsi delle proprie responsabilità attribuendo ad altri le proprie colpe perché, anche se non è stato lui a costruire la truffa, ne è comunque correo sostenendola in qualità di complice.

 

Patrocinare la causa di don Enrico dicendo, come ha fatto il suo avvocato Bruno Severo nell’udienza del 29 aprile, che egli non può essere accusato dei reati 661 e 495 del C.P. perché non è stato lui a inventare il “Pater Noster” e il “cristianesimo”, oltre che ad essere un chiaro riconoscimento dell’esistenza del crimine, anche se commesso da altri, costituisce una vera e propria apologia di reato, la stessa apologia di reato che commetterebbe chi pubblicamente affermasse che non è da ritenersi colpevole chi vende una paccottiglia velenosa perché non è stato lui ad inventarne la formula.

 

3) Dandomi la possibilità di dimostrare pubblicamente la falsità dei documenti su cui si basa l’esistenza storica di Cristo, don Enrico, quale ministro e rappresentante della Chiesa, ha messo il cristianesimo in una posizione estremamente critica di fronte a tutto il mondo qualora le mie obiezioni risultassero certe e inconfutabili.

 

4) In un compatimento da don Abbondio rivolto a se stesso, don Enrico, dicendo che non riesce a capire come sia possibile che tra i 33.000 parroci italiani sia stato proprio lui ad essere accusato di abuso di credulità popolare, dimostra di non aver capito che lui è soltanto il soggetto simbolico di una denuncia che in realtà coinvolge, con lui, non solo i 33.000 parroci italiani ma tutti gli ecclesiastici del mondo, compresi frati, monache, vescovi, cardinali e Sua Santità il Vicario di Cristo. Lui, come ministro del cristianesimo, rappresenta nella denuncia tutta la Chiesa. Non c’è un Cristo per ogni prete e per ogni parrocchia. Una volta dimostrato che Cristo non è esistito la sua figura di uomo si estingue per tutti. Praticamente don Enrico non ne ha azzeccata una. Si può essere dotti teologi e professori di latino quanto si vuole ma se non c’è, non c’è!


Di discussioni e diatribe riguardanti l’esistenza storica di Gesù ce ne sono state a migliaia se cominciamo a contarle da quella metà del secondo secolo nel quale si dette il via al cristianesimo, ma mai in forma pubblica e ufficiale come questa che si sta passando tra me e don Enrico. Tutte si sono svolte in scambi di opinioni in forma diretta ed indiretta ma sempre in una maniera ufficiosa che, rimanendo nel privato, sono finite con quei bla,bla,bla che hanno lasciato sempre le cose come stavano.

 

Don Enrico, rispondendo alla mia querela in forma pubblica e ufficiale ha coinvolto per la prima volta la Chiesa in una discussione che, anche se viene sostenuta fuori da un’aula di tribunale, ha comunque tutte le caratteristiche di un vero e proprio processo, un processo che vede la Chiesa, nella persona di un suo rappresentante, seduta al banco degli imputati che si scagiona dalle accuse portando come prove delle propria discolpa le numerosissime testimonianze, “di provenienza sia religiosa che pagana”, che le vengono da Giuseppe Flavio, Tacito, Svetonio, Plinio il Giovane, Adriano, Trifone, Marco Aurelio, Epitteto e Publio Lentulo; quelle prove che io avevo insistentemente richiesto ma che la Chiesa, avendo capito le gravi conseguenze che ne sarebbero derivate se me le avesse pubblicamente fornite, mi aveva sempre negato. Perché don Enrico lo ha fatto? Perché don Enrico ha messo la Chiesa in una situazione così critica? Escludendo che abbia agito in disobbedienza, quale altro motivo ci può essere se non quello generato da una grande leggerezza?

 

Possibile che don Enrico non si sia reso conto che se io riuscirò a sbugiardare le prove da lui portate sarà la fine del cristianesimo dal momento che esso si regge essenzialmente sull’idea del peccato originale e del suo riscatto attraverso il sacrificio del figlio di Dio come uomo? Demolita la figura umana di Gesù, il cristianesimo, basato come è su di essa, automaticamente crolla, si estingue per la mancanza del soggetto che la sostiene, il corpo di Cristo. Almeno che la Chiesa non decida, per salvarsi, di ricominciare tutto da capo ricostruendosi sulla figura di un Cristo essenzialmente spirituale che è disceso dal cielo prendendo dell’uomo soltanto le apparenze come fu concepito da quegli gnostici che furono trucidati e distrutti perché dichiarati eretici. Questo è l’unico sistema che potrebbe permettere al cristianesimo di trascinarsi ancora avanti per qualche tempo, una volta che le prove dell’incarnazione saranno smentite: riportare il cristianesimo alle sue origini, quelle origini esseno-pagane che negavano l’umanizzazione di Cristo.

 

Sono sicuro che nella maestria che ha sempre dimostrato nel rigirare le frittate, la Chiesa, come è riuscita a far credere che Cristo è morto in croce, che Pietro è stato il primo Papa, che gli angeli hanno trasportato in volo la casa natale della Vergine Maria da Nazaret a Loreto, riuscirà anche ad operare questa nuova trasformazione facendo passare per canonici i vangeli di Marcione, Valentino e Carpocrate. Finché ci sarà la fede che permette di “camminare sulle acque”, tutto è possibile!


Lasciando a questo punto don Enrico nell’illusione che gli articoli riferentisi a Cascioli “sanno tanto di presa in giro”, chiudo questa mia risposta alla sua lettera mostrandogli ciò che i giornali dicono di lui.

 

Sul Messaggero di Viterbo, in riferimento all’udienza del 29 aprile, nella rubrica “Chi sale e chi scende” che tratta dei successi e degli insuccessi dei VIP della provincia leggiamo, a proposito di don Enrico che viene posto fra coloro che sono in discesa: «Abbia fede, il parroco di Bagnoregio, denunciato per aver abusato della credulità popolare sulla storicità di Cristo: sarà sicuramente assolto perché, in un caso come il suo, le vie della giustizia terrena sono come quelle del suo Principale: infinite (e benevolenti)».

Pace e bene!

 

Luigi Cascioli

 


 

All’inizio della prossima settimana, cominciando con Giuseppe Flavio, sarà pubblicata sul sito www.LuigiCascioli.it la confutazione delle testimonianze che don Enrico ha potato come prova dell’esistenza storica di Gesù, detto il Cristo.

 

Se poi don Enrico vuole veramente sapere chi è Giovanni di Gamala, glielo dirò in privato al prezzo di una messa.

 

……

 

Dettagli Querela:

http://www.luigicascioli.it/1querela_ita.php

 

Processo:

http://www.luigicascioli.it/tabella_ita.php 

 

Ecco due prove che Gesù Cristo non è mai esistito:

http://www.luigicascioli.it/2prove_ita.php 

 

Intervista di Cascioli su Rai TG2 (video-audio):

http://www.luigicascioli.it/tg2_ita.php

 

Luigi Cascioli

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“La favola di Cristo - Inconfutabile dimostrazione della non esistenza di Gesù”

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