LA FAVOLA DI
CRISTO
Inconfutabile
dimostrazione della non esistenza di Gesù
libro-denuncia
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La Corte d’Appello
di Roma respinge la richiesta
di archiviazione
del Giudice Mautone
ROMA - VITERBO
N° 18/05 RG Ric.
ORD. 140/05
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
SEZIONE QUARTA PENALE
composta dai
Signori Magistrati:
1)Dott. Enzo
RIVELLESE, Presidente
2)Dott. Gian Paolo
FIOROLI, Consigliere
3)Dott. Dario D'ONGHIA,
Consigliere
ORDINANZA
Sulla dichiarazione di ricusazione proposta in
data 29/4/2005 da CASCIOLI LUIGI, nato il
16.2.1934 a Bagnoregio (Viterbo) nei confronti
del dott. Gaetano Mautone G.I.P. presso il
tribunale di Viterbo.
******************
Con la
dichiarazione in premessa Cascioli Luigi
eccepiva la incompatibilità del Giudice dott.
Gaetano Mautone, per avere in precedenza emanato
un decreto di archiviazione sul medesimo fatto.
La dichiarazione è
manifestamente inammissibile.
Il dichiarante si
qualifica parte offesa sul procedimento n°
3724/04 pendente presso il Tribunale di Viterbo
nei confronti di Righi Enrico in ordine ai reati
di cui agli artt. 661 2 494 C.P.
Osserva la corte
che la figura della persona offesa del reato è
regolata dagli artt. 90 e segg. c.p.p..
Il fatto stesso
che viene denominata “persona” e non “parte” va
al di là dello stretto significato letterale, in
quanto la si vuole distinguere da quelle che
sono le parti in senso tecnico del procedimento,
potendo esercitare soltanto ed esclusivamente i
diritti e le facoltà espressamente riconosciuti
dalla legge: tra questi non rientra il diritto
di proporre dichiarazioni di ricusazione.
Basterebbe questo
per chiudere l’argomento.
Ci preme tuttavia
sottolineare alcune altre considerazioni.
Il procedimento
trae origine da una seconda denuncia nei
confronti del parroco della Chiesa di S.
Bonaventura di Bagoregio, don Enrico Righi
colpevole di avere asserito la veridicità
storica della figura di Gesù Cristo., dopo che
una analoga denuncia era stata in precedenza
archiviata, nonostante opposizione.
Da ciò discende innanzi tutto la possibile
inammissibilità della denuncia reiterata sopra
il medesimo fatto già coperto dalla precedente
decisione.
In ogni caso,
comunque, la si voglia interpretare, è di tutta
evidenza che, qualora si tratti di un semplice
precedente, non sussiste alcuna incompatibilità,
non essendo questa prevista allorché il giudice
venga chiamato a decidere in ordine ad un fatto
analogo ad altro già deciso.
Per concludere la
Corte non può esimersi dal sottolineare la
singolarità, per non dire altro, delle denunzie
del cascioli, il quale, tra l’altro, ha spinto
la propria temerarietà fino a chiedere si
procedesse ad accertamenti tecnici finalizzati
all’accertamento della figura storica del
Cristo.
La totale
inammisssibilità impone una pena pecuniaria
vicina al massimo di legge.
P.Q.M.
Visti gli artt. 37 e segg. c.p.p.
Dichiara
inammissibile la dichiarazione di ricusazione
proposta da CASCIOLI Luigi nei confronti del
magistrato dott. Gaetano Mautone e condanna
l’istante al pagamento della somma di Euro 1.500
(millecinquecento) in favore della cassa delle
Ammende.
Così deciso in
Roma il 26-05-2005.
IL PRESIDENTE
IL CONSIGLIERE
REL.
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OBBIEZIONI E
COMMENTI
Le motivazioni che
hanno determinato la respinta della ricusazione
sono due: la prima si fa dipendere dal fatto che
Cascioli Luigi non aveva il diritto di proporla
perché secondo la legge egli rivestiva il ruolo
di “persona” e non di “parte” offesa, e la
seconda perché la ricusazione trae origine da
una seconda denuncia reiterata sopra il medesimo
fatto che era stato già precedentemente
archiviato.
Le due locuzioni
“persona offesa” e “parte offesa”, che
letteralmente hanno un significato sinonimico,
assumono in giurisprudenza un valore diverso
secondo la fase in cui si trova il querelante
durante il procedimento penale. Se nella prima
fase, cioè quella preliminare riservata alle
indagini che seguono la denuncia, viene
considerato giuridicamente “persona offesa”,
nella seconda, cioè quella relativa al processo
vero e proprio, viene considerato “parte
offesa”.
Praticamente è
soltanto dopo l’accettazione della querela da
parte del Pubblico Ministero, accettazione che
dà luogo al processo, che il querelante
acquisisce la qualifica di “parte offesa” che
gli dà diritto a ricusare il giudice.
Poiché la querela
contro don Enrico Righi si trova ancora in fase
di indagini del reato, cioè non ha ancora dato
luogo al processo, Cascioli Luigi non ha
diritto, secondo quanto viene sancito dall’art.
90 e segg. c.p.p., di proporre la ricusazione.
Tralasciando tutte le illegalità precedentemente
commesse dal Pubblico Ministero Petroselli e dal
Giudice Mautone per evitare un processo alla
Chiesa nella persona di don Enrico Righi (vedi
“PROCESSO” su
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), la motivazione addotta per respingere la
ricusazione richiesta da Cascioli Luigi potrebbe
risultare giustificata nella sua legalità se non
risultasse che la Corte d’Appello di Roma,
emettendo tale sentenza, ha ignorato
l’emendamento portato all’art. 111 della
Costituzione (Inserimento dei principi del
giusto processo nell’art. 111 della
Costituzione), con la legge 2/99 pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 330 del 13 dicembre
1999, che riconosce al querelante il diritto di
ricusazione del giudice anche durante la fase
preliminare, cioè quando questi è giuridicamente
considerato ancora “persona offesa”.
Questo emendamento
è stato applicato perché si è ritenuto che per
garantire un “giusto processo” non si deve
negare a un cittadino la libertà di ricusare un
giudice anche in quelle che sono le indagini
preliminari dal momento che esse possono essere
condizionate da un comportamento giudiziale del
tutto arbitrario, come nel caso di Cascioli
Luigi, che può pregiudicare il giusto
procedimento della causa con archiviazioni del
tutto faziose ed arbitrarie.
Escludendo che la
Corte d’Appello di Roma, formata da tre giudici,
quali il dott. Enzo Rivellese, Presidente, i
dottori Gian Paolo Fioroli e d’Ario d’Onghia,
ignorasse che l’emendamento portato art. 111
della Costituzione aveva modificato la lettura
dell’art. 90 con la legge 2/99 del 13 dicembre
1999, per cui il detto l’art. 90 deve essere
letto alla luce dei nuovi principi
costituzionali che riconoscono al querelante il
diritto di ricusazione, cos’altro si può
concludere se non che si sia agito ancora una
volta nella maniera più incostituzionale e
illegale per evitare un processo alla Chiesa
nella persona di un prete?
Se questa è
l’etica usata nella prima motivazione, quella
che viene praticata dalla Corte d’appello di
Roma per giustificare la seconda non è davvero
migliore dal momento che considera inammissibile
il ricorso di Cascioli perché eseguito su “una
seconda denuncia reiterata sopra una precedente
che riportava il medesimo fatto”, quando appare
evidente, consultando gli atti processuali, che
le due denunce (vedi sentenza del 15 febbr. 2004
e ricorso del 24 marzo 2004) risultano non aver
nulla a che vedere l’una con l’altra perché la
prima si riferisce a “ignoto” e soltanto
all’art. 661, mentre la seconda denuncia, non
solo è rivolta a soggetto ben specificato e
anagraficamente riconosciuto nella persona di
don Enrico ma considera anche l’articolo 494 del
C.P. che nella precedente viene assolutamente
ignorato.
Come può la Corte
d’Appello di Roma sostenere che le due denunce
si riferiscono al medesimo fatto e alla stessa
persona quando il Tribunale di Viterbo le
differenzia sia per ciò che riguarda i reati e
sia per ciò che riguarda il soggetto a cui si
riferiscono?
Tutte incoerenze e
contraddizioni che riconfermano una chiara
intenzionalità da parte dei giudici ad impedire
un processo anche a costo di ridicolizzare di
fronte al mondo la Giustizia italiana e con essa
tutta una nazione che, per l’inerzia e la viltà
di un popolo incapace di reagire a certe
angherie, sta ritornando un’espressione
geografica.
Questa è l’Italia,
questa è la società nella quale viviamo e
vivremo ancora fino a quando non si eliminerà
definitivamente ogni influenza su uno Stato
laico da parte della Chiesa, di questa
“corruttrice eterna”, di questa lupa famelica
che ha fatto della corruzione la base della sua
esistenza. Ricorrere alle maggiori autorità,
quali il Presidente della Repubblica, il
Ministro della Giustizia o il Presidente del
Tribunale, stando alle esperienze passate, non
sarebbe altro che una perdita di tempo.
L’apoteosi del
servilismo verso la “Corruttrice Eterna” la si
raggiunge condannando Cascioli ad un’ammenda di
1500 Euro. Ma quello che maggiormente colpisce
di questa sanzione non è tanto l’applicazione
del massimo della pena che si riserva a coloro
che hanno abusato della legge facendo un ricorso
privo di ogni ragione, quanto la motivazione che
viene data dicendo che il querelante Cascioli
Luigi “ha spinto la propria temerarietà fino a
chiedere si procedesse ad accertamenti tecnici
finalizzati all’accertamento della figura
storica del Cristo, come se i giudici si fossero
trasformati, da amministratori di una giustizia
democratica, in difensori di una dittatura
teocratica.
Voi, giudici, ignoranti come lo sono tutti i
seguaci del cristianesimo sulle questioni
religiose, secondo quali argomenti potete
condannare Cascioli per aver messo in
discussione l’esistenza di Gesù se non avete
fatto gli opportuni accertamenti? Considerando
che siamo in una nazione dove si dovrebbe
rispettare la libertà dell’uomo, che differenza
c’è, allorché si tratta di stabilire una verità
storica, tra Cristo e gli altri personaggi di
cui si può dubitare l’esistenza? Dove sta
scritto che è considerato un reato fare
accertamenti sulla figura storica di Cristo?
Se Cascioli avesse messo in dubbio l’esistenza
di un Faraone, di Omero, di Shakespeare o di
Guglielmo Tell, lo avreste ugualmente condannato
a pagare il massimo dell’ammenda? La sola
differenza che c’è tra la vostra sentenza e
quelle che venivano emesse dai tribunali della
Santa Inquisizione, dove il risultato era già
scontato, sta nel fatto che, non potendo più
condannare al rogo, siete ricorsi al massimo di
un’ammenda, e tutto questo per evitare voi
quella condanna che avreste ricevuto dalla
Chiesa se sareste stati voi a spingere la vostra
temerarietà a non eseguire i suoi ordini.
Staremo a vedere
il seguito, perché non può assolutamente finire
così.
Luigi Cascioli
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Luigi Cascioli è
disponibile al rilascio interviste e commenti,
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scuole, università, associazioni culturali, etc.
per illustrare e
dibattere il tema che "Cristo non è mai
esistito" e il libro-denuncia
“La favola di
Cristo - Inconfutabile dimostrazione della non
esistenza di Gesù”
libro che dovrebbe
essere adottato nelle scuole a beneficio della
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