15 dicembre 2005
Antonio Cimmino scrive a Rosario Lavorgna
Rosario Lavorgna

 

 

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Il commento di Antonio Cimmino a : "Riconquistare il consenso elettorale? Ma come?". La risposta di Rosario Lavorgna

 

Caro dott. Lavorgna,

le Sue considerazioni in merito all'Oggetto sono ampiamente condivisibili; compresa l'amara conclusione di un Sud incapace di autogestirsi. Come venirne fuori? Da incompetente quale sono azzarderei comunque una proposta: sfruttare le opportunità positive che verranno dalla legge sulladevolution una volta a regime. Può sembrare una barzelletta, considerato che l'opinione diffusa pensa che tale legge abbia lo scopo unico di liberare il Nord dalla zavorra di un Sud legato al clientelismo ed all'assistenzialismo. Eppure, a mio avviso, la devolution può risultare l'occasione per costringere il Sud a crescere e ad imparare a camminare sulle proprie gambe senza più affidarsi agli interventi riparatori dall'alto o ai miracoli di San Gennaro. Quando apprendo dai giornali che la regione Campania per carenza progettuale non si dimostra in grado di utilizzare milioni di euro stanziati dal governo dodici anni fa a favore di interventi edilizi e quant'altro della nostra disastrata Sanità, mi cadono le braccia. Solo una sferzata energica priva di alternative può rimetterci in carreggiata. Pare che il declino di una città splendida come Napoli si sia accentuato in seguito alla fatidica Spedizione dei Mille che intendeva unificare. Ebbene la devolution, che forse vuole solo dividere, può segnare il riscatto e l'avvio della ripresa economica e sociale. Di Napoli e tutto il resto del Meridione. Dott. Lavorgna, mi consenta: Lei ha iniziato il discorso, lo continui suggerendone le soluzioni. Gradirei altresì che entrasse nel merito dell'operato, anzi del non operato della regione Campania rispetto ai fondi della Sanità, per fornirne informazioni attendibili e commenti.

La ringrazio e La saluto cordialmente.

Antonio Cimmino antoniocimmino2@tiscali.it 

 


 

Egregio Cimmino, penso di essermi già espresso sulla devolution, e confermo in pieno la mia opinione pubblicata pubblicate qualche giorno fa (leggi). Ciò che mi preme precisare a lei, ad ai lettori, è quanto sia semplice argomentare su problemi capillari che, però, non ci investono direttamente. E vengo al dunque. Il sottoscritto che scrive, lo fa per due ragioni sostanziali: la prima riguarda il vivere direttamente le situazioni che si vanno a descrivere, la seconda riguarda il fatto che questo è il mio mestiere. Lei, e mi scuso a priori se potrò sembrarle brusco, discetta su problemi che, volere o volare, sono lontani dalle sue circostanze di vita, in quanto risiede a Milano, e pur avendo questa terra nel cuore, come ha ampiamente dimostrato, non vive direttamente il disagio sociale e culturale di essere nullità per un quinquennio per poi divenire meri numeri su di un certificato elettorale. E Lei consideri che chi le parla è comunque una persona che svolge una professione d'immagine. Provi allora solamente a pensare come dovrà sentirsi la gente comune. L'ho invitata a leggere la mia riflessione sulla Devolution, di cui le ho indicato l'indirizzo, per farle capire quali siano le ragioni per le quali non mi trovo nella possibilità di accordare con ciò che afferma. Le faccio un esempio più che pratico e molto veloce: La regione Campania è uno di quei governatorati in stile spagnolo, dove resta imprecisato il numero del personale stipendiato. Si figuri se dovessimo censire il personale consulente; saremmo costretti a considerare la nostra regione un altro Stato. Allora adesso, prenda questa mia semplice riflessione, e la innesti con i dettami legislativi della devolution e vedrà che la Campania per mantenere tutte le sue 'amanti' dovrà innescare una pressione fiscale tale che la diaspora nelle vicine regioni sarà inevitabile. D'altronde non dimentichi che qui nel Sannio cresce sempre di più la volontà istituzionale di dare vita al Molisannio. Quanto invece alla carenza progettuale della nostra regione e del non essere in grado di utilizzare milioni di euro stanziati dal governo a favore di interventi edilizi nella disastrata Sanità, non è l'unico ad avere le braccia penzoloni. Ma c'è una sostanziale differenza tra le sue braccia cadute dalla disperazione, e le braccia dei residenti in Campania che le braccia non ce l'hanno più a furia di farsele cadere. Relativamente alla questione fondi della Sanità mal gestiti, ed al suo riferimento sul "non operato", si erra nell'interpretazione di fondo. Noi campani, pur avendo una sanità specialistica fatta di persone di indubbia fama mondiale, siamo vittime del gioco dei partiti e dei politici che, come ben sanno in tutto lo stivale, sono i veri pupari del teatrino della pubblica come della privata amministrazione. Per cui farsi cadere le braccia se in Campania non si è in grado di spendere fondi pubblici per la Sanità non serve a nulla, se si riflette un attimo sulla convenienza o sconvenienza di emanare provvedimenti. Non commetta l'errore di dimenticare che come l'assessore regionale alla sanità, o lo stesso governatore, rispondono al partito d'appartenenza, ciò quello grazie al quale sono seduti in quelle poltrone, stessa cosa dicasi per i vari direttori generali della Asl che, omnia placet, vengono nominati su indicazione dei partiti che detengono la maggioranza territoriale. In poche parole, e per non essere prolisso, sto cercando di farle capire e far capire ai nostri lettori che con una pressione politica del genere, che va oltre l'immaginazione collettiva, è possibile anche attendersi che dei soldi pubblici, nella migliore delle ipotesi, tornino al mittente. Ma il problema è sempre lo stesso, non serve a nulla commentare, o imbastire soluzioni, è la classe dirigente il nocciolo di tutto, sono gli interessi di partito che raramente, qui da noi, coincidono con gli interessi dalla collettività. Rosario Lavorgna

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