Tempi felici quando Napoli non aveva al comune,
alla provincia ed alla regione gli attuali
amministratori e regnava incontrastato Carlo III,
tempi felici almeno per la miriade di poveracci
che l’illuminato sovrano alloggiò in uno
sterminato edificio, il più grande d’Europa ed
ai quali fornì non solo sostentamento, ma
insegnò un lavoro che desse dignità e rispetto
agli ultimi della terra…
La
grande opera fu ammirata in tutto il mondo, non
solo per l’arditezza delle scelte
architettoniche, tra cui la facciata lunga 600
metri!, ma soprattutto per l’idea che la
permeava: dare un alloggio ed un lavoro anche ai
più poveri e sfortunati. Arrivò a contenere più
di diecimila ospiti e possedeva laboratori
attrezzati ed efficienti nei quali si sono
formate generazioni di artigiani.
Quando Garibaldi, il conquistatore, venne a
Napoli con l’illusione di portarvi la civiltà,
nell’Albergo dei poveri vi erano 8000 ospiti.
In
seguito l’istituzione nel periodo post unitario
è lentamente decaduta, fino a cadere in rovina
con l’ultimo colpo di grazia infertole dal
terremoto del 1980.
Da
decenni si blatera di una nuova destinazione: si
parla di sede museale (come se a Napoli a
mancare non fossero i visitatori e non i
contenitori), di sede espositiva di arte
contemporanea, di una nuova università, mentre i
nostri solerti amministratori si accapigliano su
chi dovrà elaborare i faraonici progetti e
dirigere i dispendiosi lavori di
ristrutturazione e soprattutto come dividersi
commesse e tangenti.
E
nel frattempo il numero dei poveri e dei senza
casa, costretti a dormire avendo il cielo come
tetto, aumenta ogni giorno di più. La piazza
antistante lo storico edificio è affollata di
giacigli di cartone, dove uomini e donne di
tutte le età hanno stabilito da tempo la loro
dimora ed ogni angolo della città è divenuto
oramai un ricettacolo per poveri senza speranza.
Pensiamo scioccamente a destinazioni culturali
ad uso dei ricchi, quando migliaia di persone
non possiedono un tetto e sono costrette
all’accattonaggio o ad infrangere il codice
penale.
Restituiamo all’Albergo dei poveri l’antica
quanto mai attuale destinazione: daremo così un
tetto ed un pasto a tanti sfortunati e
diverrebbe in tal modo ingiustificato
l’accattonaggio, che potrebbe essere perseguito,
snidando i postulanti di mestiere, che da tempo
hanno tolto il decoro a strade e piazze della
città.
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