“Non sarebbe successo nulla se
non ci fosse stato John Wayne”,
Gianfranco Fini ha più volte raccontato
l'origine del suo impegno politico in pieno
1968. Gli avevano impedito di entrare al cinema.
“In quei giorni proiettavano a Bologna
Berretti Verdi, l'unico film americano a
sostegno dell'intervento in Vietnam. Ma io
ancora non sapevo tutto questo: mi piaceva John
Wayne, non avevo opinioni politiche precise.
Arrivato al cinema beccai spintoni, sputi,
calci, strilli, perché gli estremisti rossi non
volevano farci entrare. E così per reagire a
tanta arroganza, andai a curiosare nella sede
cittadina della Giovane Italia...” (cfr.
Luciano Lanna e Filippo Rossi: “Fascisti
Immaginari” - Vallecchi).
E fu così che
Fini, classe 1952, diventò "fascista"!
Quando si parla
di sdoganamento della Destra, con pudore,
bisogna dire che la Destra, intesa come Alleanza
Nazionale, che già aveva passato "le acque" a
Fiuggi, che è un partito presente su tutto il
territorio nazionale, che è votato dal 10-12%
degli italiani, che è legittimamente
rappresentata in Parlamento, nelle regioni,
province e comuni ... era già stata sdoganata
dagli italiani, e tanto doveva bastare.
Per 50
lunghissimi anni ci fu il cosiddetto,
unanimemente a posteriori, sistema bulgaro
italiano, nel quale anche il vituperato M.S.I.
svolgeva un ruolo importante sulla destra della
Democrazia Cristiana, per fare da argine con
essa al pericolo comunista, pur se questo ruolo
era sottaciuto perché la guerra fredda imponeva
un gioco delle parti non sempre visibile ai più.
Poi la caduta del
Muro e il ciclone Mani Pulite.
Liberate dal
giogo politico imposto da Yalta le forze
politiche italiane, nella consapevolezza che
nulla era più come prima, si mossero verso la
Seconda Repubblica, incanalate sul binario di un
ripensamento globale del loro ruolo. In questa
metamorfosi anche il linguaggio fu adattato alla
nuova realtà. Le forze antagoniste non erano più
"nemiche" ma "avversarie, "nella consapevolezza
della sterzata verso un sistema bipolare di
alternanza al governo, con reciproco
riconoscimento dei ruoli.
Democrazia reale,
‘a "nuttata" era passata!
In questo quadro, senza essere
nazisti o neo, né razzisti e ancor meno
antisemiti una persona corta di comprendonio può
porsi la domanda:
perché la Destra italiana per aver pieno
riconoscimento nelle sedi internazionali che
contano aveva bisogno di essere "sdoganata"
dagli ebrei?
Se è vero che
tutto è discutibile, di tutto bisogna discutere,
con grande onestà di intenti. Per cercare di
capirsi e anche stimarsi reciprocamente, là dove
la discussione si eleva al di sopra delle
fumisterie intellettualistiche e dalle posizioni
preconcette.
Intanto il
“Popolo Eletto” si compone di varie Sette e
coloriture e non tutte la pensano allo stesso
modo e spesso sono in contrasto fra loro. Fra
gli ebrei vi sono correnti religiose
estremistiche, altre moderate, partiti politici
che si misurano fra loro, e vi è anche una
estrema destra intollerante e saccente che non
ammette opinioni diverse dalle proprie. Buoni e
cattivi, puri e impuri (in senso biblico)
esistono in tutte le società.
In tutto questo
discutere oggi del problema palestinese-ebraico
c'è qualcuno che ricorda che la pace fra i due
popoli nel 1995 era già cosa fatta?
Era il quattro
novembre di quell'anno e una folla immensa si
era radunata nella Piazza dei Re d'Israele per
sostenere la politica del Primo Ministro e
Ministro della difesa Yitzchak Rabin: “Sono
stato un soldato per ventisette anni. Ho
combattuto finché non si vedeva possibilità di
pace. Ora credo che questa possibilità ci sia,
una grande possibilità che dobbiamo cogliere. La
violenza corrode i fondamenti della democrazia
israeliana. Bisogna condannarla, bisogna
deplorarla, bisogna isolarla. Non è questa la
strada dello Stato d'Israele. Questa
manifestazione deve trasmettere al mondo il
desiderio di pace di Israele ...”. Tre
pallottole sparate nella schiena di Rabin da un
giovane estremista ebreo, tale Yigal Amir
uccisero insieme all'Uomo anche la pace.
C'è da chiedersi:
chi può dirsi "puro" o "eletto", Rabin o chi ha
armato la mano di Amir? (“Rabin” - dalla scheda
biografica di Marco Paganoni).
Conoscere
il generale Sharon e le capacità militari
d'Israele, anche dopo la guerra dei sei giorni
Sabato 6 ottobre
1973. In Israele era il Giorno dell'Espiazione,
Yom Kippur, la più solenne delle feste ebraiche;
inaspettatamente Egitto e Siria, sostenute da
altri Paesi arabi scagliarono una grande
offensiva militare contro lo stato ebraico. Un
valoroso reporter inviato dal suo giornale nel
teatro degli scontri, che spaziava dalle alture
del Golan, verso la Siria e il Libano al canale
di Suez e oltre in territorio egiziano. Il
reporter si chiama Guido Gerosa e in un ottimo
libro, “I CANNONI DEL SINAI”, fa un racconto
dettagliatissimo dello scontro finito con la
vittoria d'Israele, le cui truppe furono
bloccate nei pressi delle capitali dei paesi
attaccanti tramite un accordo
sovietico-americano.
Il libro è molto
interessante anche perchè mette in condizione il
lettore di conoscere il vero “Leone del Sinai”:
il generale Ariel Sharon. Il Nostro, di cui
tanto si parla in questi giorni, all'epoca,
infischiandosi dei contrasti con Moshe Dayan
compì una prodezza bellica, anche se
rischiosissima. Portò i militari israeliani alle
spalle delle truppe egiziane, su suolo egiziano,
senza che gli egiziani ne avessero il minimo
sentore. Quella grande e spericolata azione
militare pose una seria ipoteca sulla vittoria
finale degli ebrei.
Ancora una pagina
del reportage di Guido Gerosa molto
significativa sotto vari aspetti. Il
giornalista, per poter raggiungere la prima
linea si avvalse dell'amicizia di un giovane
ufficiale Israeliano di nome Yuri il quale
conosceva i "corridoi" sicuri da percorrere per
arrivare in zona di combattimento. Durante una
sosta in un kibbuz l'ufficiale confidò a Gerosa
un suo convincimento relativamente ai sei
milioni di ebrei sterminati da Hitler.
“... Hitler stesso, alla vigilia
della Seconda guerra mondiale, disse nelle
conversazioni segrete con i suoi fidi:
“chi ricorda oggi il genocidio
degli Armeni?. Infatti ben un milione e mezzo di
armeni furono trucidati dai turchi durante la
Prima Guerra Mondiale ma oggi nessuno al mondo
ci fa più caso”. Hitler
pensava che anche per la sua strage degli ebrei
sarebbe accaduto lo stesso. E invece per il
nostro genocidio abbiamo avuto un tipo di
propaganda efficacissimo, che da decenni lo fa
lampeggiare agli occhi dei popoli. Sei milioni
di morti! Chi saprà mai se sono stati davvero
tanti? Ma noi ne abbiamo fatto una bandiera, di
quei sei milioni di disgraziati e su quelle
cataste di cadaveri abbiamo edificato il nostro
destino, la Nazione Ebraica, lo Stato d'Israele,
l'intera questione mediorentale. Anche noi siamo
una creazione dell'Europa. È la cattiva
coscienza dell'Europa che ci tiene in vita. Gli
arabi hanno ereditato la nostra esperienza.
Nessuno, dal Cairo a Baghdad, voleva tener conto
del dramma dei palestinesi: Ma quando la loro
bandiera cominciò ad essere agitata dai
vessilliferi della sinistra europea allora la
loro sorte divenne uno straordinario capitale di
ricatto politico. Non sei convinto?”
Gerosa: “No - scuote la
testa – no, alla base di quello che tu chiami
ricatti c'è pure una realtà. Per voi ebrei, i
sei milioni di morti o quanti mai siano stati
realmente, per i palestinesi, la fuga dalle loro
terre e questi 25 anni (si era nel 1973!
n.d.r.) di atroce
sofferenza ...”.
Tornando ai
giorni nostri ed allo sviluppo della questione
mediorentale, c'è da chiedersi quanti ebrei
metterebbero volentieri tre pallottole nella
schiena di Sharon. Sharon, l'eroico generale
della guerra del Kippur, il ribelle e il
guascone, che tanti lutti ha provocato con la
sua bravata di andare a passeggiare sulla
spianata delle moschee. Sharon finalmente ha
deciso di restituire i territori, occupati
militarmente, ai legittimi proprietari.
L'errore: chi
costruisce sui terreni altrui “ce perde cauce
e rena" (Antico adagio solopachese). Le
autorità ebraiche non avrebbero mai dovuto
permettere che i coloni si insediassero sul
suolo palestinese.
Sharon ha dovuto
fare i conti, dopo che Bush lo ha liberato del
pericolo Saddam Hussein, con il fatto che
Israele non può più accampare la scusante dei
"confini sicuri". Israele è la testa di ponte
del mondo occidentale in terra araba. Nessuno
metterà mai in discussione il diritto ad
esistere dello Stato D'Israele.
U.S.A., Europa,
Russia e gli altri stati che vigilano sulla
sicurezza degli ebrei, ove ce ne fosse bisogno,
hanno legittimamente, per la tranquillità delle
loro coscienze, chiesto un doveroso pedaggio
questa volta in favore dei palestinesi. E Sharon
ha dovuto rispondere:obbedisco!
Sì, si può dire,
e senza essere tacciati di antisemitismo, che,
piaccia o non piaccia, l'ora di edificare uno
Stato Palestinese è giunta.
Ezio Esposito
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