Salve. Sono un “servo”, ma sempre ribelle, di
madama Mor-Attila, la barbara devastatrice della
Scuola Pubblica, titolare (sigh sigh) del
dicastero della ex-Pubblica d-Istruzione...
E’
ora (finalmente) di mandare a casa gli unni e i
vandali che hanno occupato il governo della
nazione, saccheggiando e sciupando le risorse
migliori, i beni culturali e materiali più
preziosi, lo stato sociale, il ricco patrimonio
di civiltà, i diritti e la legalità democratica
del nostro Paese.
Costoro hanno scambiato lo Stato per un’impresa
privata e l’hanno ridotto in brandelli, l’hanno
straziato, svilito e oltraggiato. Più di tutti,
la Mor-Attila (un vero flagello della cultura)
ha maltrattato e rovinato la Scuola Pubblica,
un’istituzione che era il vanto della nazione,
pur avendo ereditato una scuola materna e una
scuola elementare che erano considerate tra le
migliori realtà pedagogico-educative del mondo,
persino da parte degli esperti nordamericani,
tanto cari ai fautori della “riforma”.
Evidentemente, gli “acuti ideologi” del
centro-destra sanno bene che la Scuola Pubblica
svolge un ruolo fondamentale ed eversivo nella
misura in cui forgia personalità ribelli.
E’
assolutamente innegabile, infatti, l’importanza
della scuola nel processo di formazione della
mentalità, del carattere, delle attitudini,
degli interessi, dei valori e delle aspirazioni
ideali delle persone, in modo particolare dei
soggetti in età evolutiva.
Io
credo che un rinnovamento sociale e politico
passi soprattutto attraverso un rinnovamento
culturale. In tal senso ritengo decisivo
rilanciare la funzione della scuola e
dell’educazione.
Oggi, il principale problema della scuola
italiana è costituito dal corpo docente,
precisamente dallo scadimento e dalla
svalutazione della professionalità e del ruolo
degli insegnanti, dunque dallo stato di
malessere, demotivazione, avvilimento e
frustrazione che li attanaglia.
Occorre pertanto rivalutare concretamente la
professionalità didattico-educativa. In che
modo? Rivalutando anzitutto la posizione
economica degli insegnanti italiani, che
risultano i più sottopagati d’Europa. Solo così
si potrà innescare un meccanismo virtuoso,
attivando un processo di riqualificazione della
scuola italiana. Infatti, rendendo più
appetibile e desiderabile la professione
dell’insegnamento, inevitabilmente si creeranno
le condizioni che spingeranno le persone più
preparate, più ambiziose e più valide ad
aspirare ad un lavoro che sarà ben remunerato,
molto più stimato ed apprezzato rispetto al
presente. Il recupero del potere d’acquisto
condurrà ad un incremento proporzionale del
prestigio sociale e, di conseguenza, favorirà un
crescente impegno e un maggior rendimento
qualitativo dei docenti. Naturalmente, a
beneficiarne saranno anzitutto gli studenti.
Questo, in sintesi, è il circolo virtuoso che
occorre per resuscitare la nostra scuola.
Certo, la Mor-Attila (ma anche altri che l’hanno
preceduta) ha arrecato danni notevoli, ma non
irreparabili, alla scuola pubblica, in modo
particolare al ruolo professionale dei docenti.
Oggi è un’impresa ardua insegnare. Infatti, sono
troppi i fattori che ostacolano e pregiudicano
il buon esercizio di tale professione. Ad
esempio, il carico di lavoro burocratico è
cresciuto a dismisura, soprattutto in seguito
all’applicazione della Legge n. 53/2003 (alias
“riforma Moratti”) che ha introdotto, tra le
altre competenze spettanti alla figura
tutoriale, anche la compilazione del portfolio,
un documento a dir poco inutile, che può solo
servire come strumento di schedatura, di
controllo e repressione, ma in pratica sarebbe
vietato in virtù della legge sulla privacy. Così
pure sono sempre più prevalenti e condizionanti
gli incarichi di lavoro aggiuntivo e le attività
“funzionali all’insegnamento”, in realtà
funzionali solo ad un tipo di organigramma che
assomiglia sempre più ad una caricatura del
modello aziendale neocapitalista. Questi
adempimenti sottraggono tempo prezioso
all’insegnamento e al rapporto con i ragazzi.
Inoltre, gli insegnanti sono sempre più
tartassati dai soprusi, dalle intimidazioni e
dall’arroganza di tanti “presidi-manager” che
hanno scambiato la scuola per un’azienda e
l’autonomia scolastica per una tirannia dei
dirigenti.
Nel frattempo, il potere d’acquisto degli
stipendi è crollato vertiginosamente, come pure
è in caduta verticale l’intero sistema
scolastico, che vede nei docenti il perno
centrale da ricostruire attraverso iniziative
tese a stimolare ed accrescere la loro
professionalità.
Lucio Garofalo
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