Durante il XX
secolo si sono registrati due periodi
storici molto caldi: il primo, all’inizio
del secolo, fu causato da fenomeni naturali;
il secondo, a partire dal 1960 ad oggi, è
invece determinato dal cosiddetto “effetto
serra”.
Tale fenomeno scaturisce dall’accumulo dei
“gas-serra” nell’atmosfera, tra i quali il
più nocivo è costituito dall’anidride
carbonica. Tale gas, che in percentuali
tollerabili è sempre stato presente
nell’ambiente naturale e nell’atmosfera
terrestre, è ormai prodotto in dosi notevoli
e non più compatibili con l’ecosistema
planetario, ed è emesso soprattutto dagli
scarichi industriali, dalle automobili e
dalla combustione delle foreste.
Il Protocollo d’intesa di
Kyoto (in
Giappone) è stato elaborato dall’O.N.U. nel
1997 ed impone un taglio alle emissioni dei
“gas-serra”, ed è stato recentemente
ratificato nonostante l’opposizione
dell’amministrazione statunitense. La
Conferenza mondiale dell’Aia sui mutamenti
avvenuti nel clima terrestre, si
concluse nel 2000
senza portare ad un accordo utile sulle
procedure da seguire per attuare quanto era
stato deciso nel vertice internazionale di
Kyoto.
Il fallimento della Conferenza dell’Aia, e
il naufragio dell’intesa raggiunta a
Kyoto, nel ’97,
sotto l’egida delle Nazioni Unite, recano
una precisa responsabilità politica e
storica, che va ascritta al governo degli
Stati Uniti, al suo atteggiamento arrogante,
irresponsabile, egemonico e (una volta si
sarebbe detto) imperialista.
Gli U.S.A.,
da soli, producono circa un quarto del
totale delle emissioni di “gas-serra”
presenti nell’atmosfera terrestre, vale a
dire la stessa quantità prodotta
dall’Africa, dalla Cina e dal Giappone messi
assieme.
Pertanto, il diniego di applicare la
riduzione di
emissioni di gas inquinanti, così come
previsto dal Protocollo del 1997 - che pure
è una misura insufficiente e tardiva, ma
comunque è già qualcosa -, risponde ad una
strategia geo-politica di segno
neoliberistico,
unilateralistico
ed egoistico, che fa capo
all’amministrazione nordamericana guidata da
Bush junior il
quale, tra l’altro, aveva promesso, durante
la sua prima campagna elettorale, di
rispettare e attuare gli accordi sanciti a
Kyoto.
Oggi, la posizione del governo statunitense
è largamente invisa e sgradita nel mondo
(anche per altre ragioni, connesse alla
guerra nel Golfo Persico), e
risulta
inaccettata e
inaccettabile per un cittadino nordamericano
su due.
Tale linea, assolutistica, irrazionale e
intransigente, fa degli Stati Uniti
d’America una “superpotenza” puramente
militaristica, sempre meno amata e
rispettata nel mondo.
A tale proposito basterà ricordare la chiara
intenzione di espandere, da parte del
governo Bush,
all’intero continente americano, da Nord a
Sud, dal Canada all’Argentina, il cartello
tra Canada - U.S.A. - Messico sul mercato e
sul commercio unico, senza alcuna frontiera
o barriera per le merci e i capitali, ma
solo per le idee e le persone umane.
Fino a pochi anni or sono, la posizione
cubana si evidenziava come l’unica eccezione
al disegno
egemonico-espansionistico
statunitense; oggi, invece, l’area del
dissenso e dell’antagonismo si è estesa
all’intero continente americano, da Nord a
Sud, e trova nel Brasile di
Lula, nel
Venezuela di Chavez
e negli altri leaders
del “nuovo socialismo” i suoi principali
punti di
riferimento sul piano
geo-politico, economico e culturale.