14 dicembre 2005

Riconquistare il consenso elettorale? Ma come?

Rosario Lavorgna

 

 

In Italia, diversamente che negli altri paesi europei, riconquistare il consenso elettorale è cosa assai semplice, pur nella sua complessità metodologica.
Il modo più celere ed indolore, si fa per dire, sarebbe quello, omnia placet, di rimettere mano alla industrializzazione del Mezzogiorno. Il progetto, in gestazione dal 2001, ha subito con il tempo un aborto provocato da infauste circostanze dovute al secolare connubio tra interessi pubblici e privati, oltre a quelli partitici ed ideologici in generale.


E come tutte le buone iniziative che sono destinate a fallire miseramente, quella dell'espansione e potenziamento del mercato del lavoro nel sud Italia è stata forse quella più deflagrante, causando l'inevitabile frattura tra i vincitori del 2001 ed il proprio elettorato.


Purtroppo, e questo lo sanno oramai anche i bambini, nel nostro martoriato Mezzogiorno se non si intravedono tornaconti tangibili e bacini elettorali blindati, non si muove una foglia.


Se ciò che abbiamo appena sottolineato era vero quando a governare era la sinistra, con lo statalismo da soviet nel sangue, in troppi si erano illusi che col centro destra le cose potessero cambiare.


Ma così non è stato, nonostante gli sforzi iniziali finalizzati almeno a cercare intese e motivazioni plausibili e che non scontentassero le tasche di nessuno.


Ma, giustamente, come si può anche solo ipotizzare di cambiare l'Italia e di gestirne progetti di sviluppo sostenibile con l'oltre 80% degli Enti Locali in mano all'opposta corrente politica?


Un ultimissimo esempio di ciò che abbiamo appena affermato è ciò che è emerso dal ballottaggio nella tornata amministrativa a Messina. Anche la città siciliana è passata, gaia e soddisfatta, nelle mani del centro sinistra.
Ma torniamo al nostro territorio; la Campania, ad esempio, che tra le altre cose esprime un sottosegretario di stato al Walfare, che beneficio ha avuto, sino ad oggi, da questo autorevole accredito istituzionale? L'aver aggiunto un altro paroliere alla progettualità virtuale gonfia di paroloni infrastrutturali, di mega opere che, se anche realizzabili, rappresenterebbero cattedrali in un deserto fatto di granelli di persone che chiedono ben altro alla politica ed ai politici.


Perché allora, per una sola volta, non si pensa a fare prima gli Italiani e poi l'Italia?


E' scontato che le legittime aspirazioni di milioni di persone che vivono a Sud non coincidono con le aspirazioni dei milioni che vivono a nord, ma questo è un gap preistorico che difficilmente potrà essere colmato nei prossimi secoli.
Si gongola con paroloni del tipo: infrastrutture, sviluppo sostenibile, sgravi fiscali per le aziende che assumono, nella consapevolezza che la realtà è molto diversa da quella che superficialmente si vuol per forza propinare all'opinione pubblica.


Per costruire infrastrutture, ad esempio, si intende la realizzazione, almeno nella nostra regione, di assi viari in stile Usa, anche se poi non è chiaro cosa dovrebbero camminare su queste mega arterie, cosa dovrebbero collegare e quale beneficio reale e tangibile apportino alle aree interne isolate mentalmente, non certo per mancanza di strade.


Gli antichi Romani di quelle ne hanno costruite pure troppe, il problema sarebbe renderle percorribili, e farle percorrere da una economia reale, e non solo dalla progettualità ministeriale con le demo in 3D.


Un altro esempio doloroso potrebbe essere il paradiso dei prefabbricati delle aree cosiddette industriali, lì dove la legge 488 ha  catapultato miliardi di vecchie lire. Queste aree, in brevissimo tempo sono divenute l'inferno dei fallimenti e di licenziamenti. Ma forse anche a loro sono mancate le strade per trasportare il loro prodotto, o forse è perché non siamo nella pianura padana.


Altro caso in Campania, tra gli enciclopedici esempi di sviluppo sostenibile o meno, potrebbe essere "degnamente" rappresentato dal Polo Tessile, al quale hanno garbatamente attribuito il folkloristico titolo di Filiera, e che per anni ha colmato le agende dei politici, oltre alle pratiche di raccomandazione per le assunzioni nel settore. Oggi il Polo Tessile sembra una Ghost Story, specie per le migliaia di persone inserite dai veri partiti nelle liste di una assunzione che non è mai avvenuta.


Stessa cosa dicasi per i vari Cdr, per il Prusst Calidone, ed altre Oasi di benessere, almeno economico, che sono tornati deserto prima ancora di accorgersene.


Questa incredibile inefficienza e superficialità nel trattare le persone e le loro aspirazioni, ha provocato una demolizione progressiva dell'immagine istituzionale sia dei partiti che dei politici ad essi collegati. E di esempi come quelli che abbiamo appena fatto se ne potrebbero riportare a iosa, basta solo andare a rileggere i programmi elettorali di quelle persone che oggi occupano gli scranni del parlamento italiano.


E meno male che oggi è finita l'epoca dei concorsi pubblici per titoli ed esami, o almeno è stata attutita dalle assunzioni per colloquio diretto, se non saremo stati costretti a sognare il caro estinto per avere i numeri giusti, visto che oggi una maggioranza di governo nazionale non è più in grado nemmeno di segnalare positivamente una qualsiasi persona in un qualsiasi concorso.


Riconquistare il consenso, allora? Ma come?


Principalmente ricordando che l'Italia a due marce c'è, c'è sempre stata, e ci sarà sempre. L'Italia attiva e produttiva, investitrice ed imprenditrice e l'Italia in attesa, quella cliente della politica, che continua ad illudersi che le leggi del commercio ("il cliente ha sempre ragione") valgano anche per la politica; quell'Italia che ha l'unica funzione di essere soma per voti.
E con tutto ciò, c'è ancora qualche ufolotto che si interroga sul perché Silvio Berlusconi sia calato nei consensi nazionali. Sarebbe forse il caso di porgere questa domanda alle varie espressioni territoriali del Cavaliere, magari chiedendo loro non cosa hanno raccolto, ma cosa hanno seminato. Forse loro riusciranno a rispondere meglio di noi.

 

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