In Italia, diversamente che negli altri
paesi europei, riconquistare il consenso
elettorale è cosa assai semplice, pur nella
sua complessità metodologica.
Il modo più celere ed indolore, si fa per
dire, sarebbe quello, omnia placet, di
rimettere mano alla industrializzazione del
Mezzogiorno. Il progetto, in gestazione dal
2001, ha subito con il tempo un aborto
provocato da infauste circostanze dovute al
secolare connubio tra interessi pubblici e
privati, oltre a quelli partitici ed
ideologici in generale.
E come tutte le buone iniziative che sono
destinate a fallire miseramente, quella
dell'espansione e potenziamento del mercato
del lavoro nel sud Italia è stata forse
quella più deflagrante, causando
l'inevitabile frattura tra i vincitori del
2001 ed il proprio elettorato.
Purtroppo, e questo lo sanno oramai anche i
bambini, nel nostro martoriato Mezzogiorno
se non si intravedono tornaconti tangibili e
bacini elettorali blindati, non si muove una
foglia.
Se ciò che abbiamo appena sottolineato era
vero quando a governare era la sinistra, con
lo statalismo da soviet nel sangue, in
troppi si erano illusi che col centro destra
le cose potessero cambiare.
Ma così non è stato, nonostante gli sforzi
iniziali finalizzati almeno a cercare intese
e motivazioni plausibili e che non
scontentassero le tasche di nessuno.
Ma, giustamente, come si può anche solo
ipotizzare di cambiare l'Italia e di
gestirne progetti di sviluppo sostenibile
con l'oltre 80% degli Enti Locali in mano
all'opposta corrente politica?
Un ultimissimo esempio di ciò che abbiamo
appena affermato è ciò che è emerso dal
ballottaggio nella tornata amministrativa a
Messina. Anche la città siciliana è passata,
gaia e soddisfatta, nelle mani del centro
sinistra.
Ma torniamo al nostro territorio; la
Campania, ad esempio, che tra le altre cose
esprime un sottosegretario di stato al
Walfare, che beneficio ha avuto, sino ad
oggi, da questo autorevole accredito
istituzionale? L'aver aggiunto un altro
paroliere alla progettualità virtuale gonfia
di paroloni infrastrutturali, di mega opere
che, se anche realizzabili,
rappresenterebbero cattedrali in un deserto
fatto di granelli di persone che chiedono
ben altro alla politica ed ai politici.
Perché allora, per una sola volta, non si
pensa a fare prima gli Italiani e poi
l'Italia?
E' scontato che le legittime aspirazioni di
milioni di persone che vivono a Sud non
coincidono con le aspirazioni dei milioni
che vivono a nord, ma questo è un gap
preistorico che difficilmente potrà essere
colmato nei prossimi secoli.
Si gongola con paroloni del tipo:
infrastrutture, sviluppo sostenibile, sgravi
fiscali per le aziende che assumono, nella
consapevolezza che la realtà è molto diversa
da quella che superficialmente si vuol per
forza propinare all'opinione pubblica.
Per costruire infrastrutture, ad esempio, si
intende la realizzazione, almeno nella
nostra regione, di assi viari in stile Usa,
anche se poi non è chiaro cosa dovrebbero
camminare su queste mega arterie, cosa
dovrebbero collegare e quale beneficio reale
e tangibile apportino alle aree interne
isolate mentalmente, non certo per mancanza
di strade.
Gli antichi Romani di quelle ne hanno
costruite pure troppe, il problema sarebbe
renderle percorribili, e farle percorrere da
una economia reale, e non solo dalla
progettualità ministeriale con le demo in
3D.
Un altro esempio doloroso potrebbe essere il
paradiso dei prefabbricati delle aree
cosiddette industriali, lì dove la legge 488
ha catapultato miliardi di vecchie lire.
Queste aree, in brevissimo tempo sono
divenute l'inferno dei fallimenti e di
licenziamenti. Ma forse anche a loro sono
mancate le strade per trasportare il loro
prodotto, o forse è perché non siamo nella
pianura padana.
Altro caso in Campania, tra gli
enciclopedici esempi di sviluppo sostenibile
o meno, potrebbe essere "degnamente"
rappresentato dal Polo Tessile, al quale
hanno garbatamente attribuito il
folkloristico titolo di Filiera, e che per
anni ha colmato le agende dei politici,
oltre alle pratiche di raccomandazione per
le assunzioni nel settore. Oggi il Polo
Tessile sembra una Ghost Story, specie per
le migliaia di persone inserite dai veri
partiti nelle liste di una assunzione che
non è mai avvenuta.
Stessa cosa dicasi per i vari Cdr, per il
Prusst Calidone, ed altre Oasi di benessere,
almeno economico, che sono tornati deserto
prima ancora di accorgersene.
Questa incredibile inefficienza e
superficialità nel trattare le persone e le
loro aspirazioni, ha provocato una
demolizione progressiva dell'immagine
istituzionale sia dei partiti che dei
politici ad essi collegati. E di esempi come
quelli che abbiamo appena fatto se ne
potrebbero riportare a iosa, basta solo
andare a rileggere i programmi elettorali di
quelle persone che oggi occupano gli scranni
del parlamento italiano.
E meno male che oggi è finita l'epoca dei
concorsi pubblici per titoli ed esami, o
almeno è stata attutita dalle assunzioni per
colloquio diretto, se non saremo stati
costretti a sognare il caro estinto per
avere i numeri giusti, visto che oggi una
maggioranza di governo nazionale non è più
in grado nemmeno di segnalare positivamente
una qualsiasi persona in un qualsiasi
concorso.
Riconquistare il consenso, allora? Ma come?
Principalmente ricordando che l'Italia a due
marce c'è, c'è sempre stata, e ci sarà
sempre. L'Italia attiva e produttiva,
investitrice ed imprenditrice e l'Italia in
attesa, quella cliente della politica, che
continua ad illudersi che le leggi del
commercio ("il cliente ha sempre ragione")
valgano anche per la politica; quell'Italia
che ha l'unica funzione di essere soma per
voti.
E con tutto ciò, c'è ancora qualche ufolotto
che si interroga sul perché Silvio
Berlusconi sia calato nei consensi
nazionali. Sarebbe forse il caso di porgere
questa domanda alle varie espressioni
territoriali del Cavaliere, magari chiedendo
loro non cosa hanno raccolto, ma cosa hanno
seminato. Forse loro riusciranno a
rispondere meglio di noi.