23 dicembre 2005
Natale, tempo di doni, di gazebo e di mea culpa
Rosario Lavorgna

 

 

E' Natale,  è tempo di preghiera e di regali, ma ogni Natale non è mai uguale al precedente, specie se la Santissima ricorrenza precede una tornata elettorale nazionale di indubbia importanza. Ed ecco che in quei Natali si moltiplicano i Babbi Natale, le slitte, le renne, e pure i regali. E' uno scorazzare impazzito di slitte nei cieli tersi e gelidi di questo inverno  siberiano che anticipa una primavera equatoriale.

E' il Natale di nostro Signore, del bambin Gesù che dalla grotta di Betlemme osserva esterrefatto quel gioco di luci ed ombre dentro il quale l'evanescenza delle promesse è pari solo allo scandire dei mea culpa. E sono proprio loro, i "nostri" politici, a fare gazebo del buon governo, a scorrere i 45 punti di un programma che forse è stato svolto altrove, e a scorrere la corona del Santo Rosario, nella speranza di riconquistare una credibilità perduta, un contatto con la gente venuto irrimediabilmente meno a causa del menefreghismo tornacontaio che accomuna un po' tutte le aree della politica nazionale. Ma adesso è tempo di risanare, è tempo di tornare a stringere tante mani, di rispolverare i sorrisi più smaglianti, segno di una genuina ipocrisia, indelebile caratteristica del politico nostrano.


Addirittura, e senza ombra di vergogna, è stato allestito un gazebo del buon governo anche nel Sannio, quell'area geografica tricolore dimenticata dalla politica, dimenticata da quei politici che per suo mezzo siedono nelle stanze dei bottoni,  che da sempre ha l'unico scopo di esistere in quanto enorme serbatoio di voti.
Che peccato che la vergogna non sia un istituto giuridico.

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