26 novembre 2005
Devolution, questione d'onestà intellettuale
Rosario Lavorgna

 

 

Devolution si, devolution no: Una Questione d'onestà intellettuale.


Il tema della devolution ha praticamente paralizzato il dibattito politico in Italia su ambedue i fronti, intenti come sono a sviscerare i benefici o i malefici della devoluzione, atto finale di quella riforma federalista dello Stato richiesta a più voci già da anni, ma con modalità, ovviamente, diverse.
Ci si affanna, anche sui media, a beatificare o condannare una legge che resta fondamentalmente iniqua, perché non tiene conto del fatto che non tutte le regioni che compongono il nostro stivale possono essere paragonate alle ricche zone padane, o comunque all'area geografica del centro nord.
In questo senso è palesemente mancata l'onestà intellettuale di spiegare agli Italiani, quelli terremotati del sud, la cui economia è ben lungi dal potersi permettere una devoluzione in tal senso, che la legge in se per se è solo il frutto di un debito d'onore, adesso saldato, con la Lega Nord, a prescindere dal giovamento che questa possa apportare all'intero Paese.
Che dalle nuove disposizioni venga fuori un'Italia frazionata non era certo il centro sinistra a doverlo dire, con quell'aria da madrigale dai toni foschi, che per quasi cinque anni ha accompagnato il governo Berlusconi come fosse l'impero di Belzebù. Il dato è palese, basta sbirciare nelle statistiche regionali per capire che il gap tra nord e sud diventa sempre meno rimediabile se le regioni dell'ex questione meridionale rimarranno le assistite e quelle dell'ex regno sabaudo piemontese le asssistenti. Questo vuol dire che l'Italia a due marce non scomparirà con la devoluzione, anzi lo stato federale si troverà peggio di prima a dover far da balia fisica ed economica a tanti governatorati la cui condizione economica impedisce una messa a regime delle nuove regole.
Ma, dopotutto, l'assistenzialismo in Italia è oramai una folkloristica consuetudine istituzionalizzata, specie in quelle aree del sud dove i bacini elettorali continuano a fare la differenza.

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