27 novembre 2005
Comunismo un virus? Solo un'idea che non c'è più
Rosario Lavorgna

 

 

Il Comunismo un virus? No, solo un'idea che non c'è più.

Ho letto con un certo interesse il fondo di Paolo Guzzanti, pubblicato sul Quotidiano Il Giornale in data odierna. Ovviamente, qual 'certo interesse' a cui ho fatto cenno, disturberà non poco gli amici a falce e martello, o quelli che a pugno chiuso inneggiano all'hasta victoria siempre, con poca voglia di tradurne il significato in Italiano.


Apprezzo l'occhio lucido e attento che Guzzanti ha nei confronti della storia, anche se forse, essendo oramai entrati nel terzo millennio e avendo chiuso la porta alle spalle, la grande "madre" di tutti noi potrebbe essere rivista con occhi diversi, almeno tesi più alla modernità che non ad individuare cause ed effetti partendo da stereotipi.


Mi sono personalmente già soffermato sul tema del comunismo ideologico e materialista, anche se la mia voce, non essendo quella di Guzzanti, Scalfari, Mauro o Vespa, ha sonnacchiosamente attecchito solo sulla mia personale mailing list, o su qualche navigante che, inavvertitamente, è finito diritto sul mio blog.


Questa mia breve analisi la facciamo partire da una affermazione dello stesso Guzzanti che riassume in pochissime righe, tutto il suo pensiero: " Ma il comunismo della cui attualità incredibilmente si discetta è riconoscibile comunque si ribattezzi perché ha una sua impronta digitale che prescinde dalla contabilità dei milioni di innocenti assassinati".
Da questo semplice e palese pensiero si riesce a comprendere il motivo per cui continua e continuerà per sempre l'odio tra gli uomini. Se una volta il problema era rappresentato dalla carnagione, arrivò un momento nel quale l'aspetto fisico fu sostituito dalla razza, dalla provenienza in senso di stirpe. Oggi gli uomini avendo superato gli scogli a cui abbiamo fatto cenno, si differenziano per ideologia. E meno male che di ideologie ce ne sono solo due, cioè quelle che negli anni '50 del 900 contribuirono alla creazione dei due blocchi e della cortina di ferro.


Caduto il Fascismo, e morto e sepolto (almeno così vuole la storia anche se non è vero) il Comunismo reale, la contrapposizione resta furibonda. In passato, come anche oggigiorno, l'errore che si commette è sempre lo stesso e sarà sempre lo stesso: confondere il comunismo con la lotta operaia e col proletariato, ed associare il capitalismo e l'opulenza occidentale con la democrazia e con il partitismo moderato. Questo stereotipo genera un attrito forte, dai toni accessi che non porta alcun beneficio alla crescita pacifica e solidale delle nazioni, in primo luogo l'Italia.


E nonostante l'estremismo islamico abbia imposto mediante il terrorismo internazionale l'idea della guerra santa come unica vera fonte di terrore, oltre che come terza ideologia, ancora siamo in grado di "discettare" (Guzzanti non poteva trovare termine più azzeccato) sul comunismo, o comunque su quei regimi totalitari figli d'altri tempi.


E' pur vero che il marxismo è ancora in auge in molte parti del mondo, lì dove quegli operai o quei proletari sono vittime di una ideologia che dovrebbe salvaguardarli, secondo le idee a pugno chiuso del 'compagno' Fausto Bertinotti, ma oggi il comunismo non è più, almeno in occidente, la terra dei gulag, e non mangia più i bambini, almeno non interamente.
La favoletta del mangiare le creature di Dio è uno degli stereotipi più folkloristici relativamente al comunismo. Questa legenda popolare, se così può definirsi, non si distacca molto da quello che in effetti avviene oggi. E' ovvio che non si tratta di sgranocchiare ossicine o mordere la polpa, ma inghiottire il cervello in modalità multimediale quella si che è una azione politico fisiologica di cui si ha testimonianza diretta, e che può essere tranquillamente catalogata come il nuovo comunismo.


Paolo Guzzanti intitola il suo fondo: "Il Virus Comunista", una sorta di bug che serpeggerebbe, in modalità e dosi diverse tra i nostri tanti software celebrali che hanno come solo antivirus il buon senso. Ma le icone ci sono e resistono ai tempi, alle mode, ai cataclismi. Allora è semplice individuare i giovani cosiddetti di sinistra: basta individuare qualche basco, qualche spilla del Che, magari tutto racchiuso in un kefiha, e l'indagine sociale è svolta. Se proprio siamo fortunati ancora si trova qualcuno che gira in auto (eisistono veramente) con il bustino di babbo Lenin al posto della Madonnina che prega e dice "vai piano".


Altro problema che mi piacerebbe approfondire, e sul quale Guzzanti ha scatenato i tre quarti della sua ira sono le menzogne rosse, una vetta stratosferica di bugie collezionate in cinquanta anni per eludere le proprie responsabilità prima, durante e dopo l'ultimo conflitto mondiale, ma come ho detto all'inizio, la storia attuale ci insegna ben altro. In Italia, ad esempio, il comunismo non esiste più, come ideologia, si intende, esistono solo i vessilli, le icone di quello che un tempo fu il partito trascinato alla quasi gloria di governo da Enrico Berlinguer. Ma l'idea di Aldo Moro durò il tempo di uno starnuto.


Oggigiorno il comunista non è più il proletario, l'operaio, il prodotto della working class, o chi sventola o canta 'bandiera rossa'. Il comunista oggi, democratico o rifondato che sia, sa di esserlo perché non vota Berlusconi, perché gli porta odio e rancore, perché non governa, perché l'egemone volontà di potere che è nel dna dell'ideologia stessa lo fa sentire stretto in una coalizione che annovera anche i 'balenotteri biachi' sopravvissuti.


Il comunismo oggi è economia, danaro, movimenti finanziari, speculazioni in borsa, grandi investimenti e grandi capitali. Il comunista oggi, in ultima analisi, è tutto ciò che ha sempre combattuto, alla faccia della rivoluzione proletaria.

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