Il Comunismo un virus? No,
solo un'idea che non c'è più.
Ho letto con un certo interesse il fondo di
Paolo Guzzanti, pubblicato sul Quotidiano Il
Giornale in data odierna. Ovviamente, qual
'certo interesse' a cui ho fatto cenno,
disturberà non poco gli amici a falce e
martello, o quelli che a pugno chiuso inneggiano
all'hasta victoria siempre, con poca voglia di
tradurne il significato in Italiano.
Apprezzo l'occhio lucido e attento che Guzzanti
ha nei confronti della storia, anche se forse,
essendo oramai entrati nel terzo millennio e
avendo chiuso la porta alle spalle, la grande
"madre" di tutti noi potrebbe essere rivista con
occhi diversi, almeno tesi più alla modernità
che non ad individuare cause ed effetti partendo
da stereotipi.
Mi sono personalmente già soffermato sul tema
del comunismo ideologico e materialista, anche
se la mia voce, non essendo quella di Guzzanti,
Scalfari, Mauro o Vespa, ha sonnacchiosamente
attecchito solo sulla mia personale mailing
list, o su qualche navigante che,
inavvertitamente, è finito diritto sul mio blog.
Questa mia breve analisi la facciamo partire da
una affermazione dello stesso Guzzanti che
riassume in pochissime righe, tutto il suo
pensiero: " Ma il comunismo della cui attualità
incredibilmente si discetta è riconoscibile
comunque si ribattezzi perché ha una sua
impronta digitale che prescinde dalla
contabilità dei milioni di innocenti
assassinati".
Da questo semplice e palese pensiero si riesce a
comprendere il motivo per cui continua e
continuerà per sempre l'odio tra gli uomini. Se
una volta il problema era rappresentato dalla
carnagione, arrivò un momento nel quale
l'aspetto fisico fu sostituito dalla razza,
dalla provenienza in senso di stirpe. Oggi gli
uomini avendo superato gli scogli a cui abbiamo
fatto cenno, si differenziano per ideologia. E
meno male che di ideologie ce ne sono solo due,
cioè quelle che negli anni '50 del 900
contribuirono alla creazione dei due blocchi e
della cortina di ferro.
Caduto il Fascismo, e morto e sepolto (almeno
così vuole la storia anche se non è vero) il
Comunismo reale, la contrapposizione resta
furibonda. In passato, come anche oggigiorno,
l'errore che si commette è sempre lo stesso e
sarà sempre lo stesso: confondere il comunismo
con la lotta operaia e col proletariato, ed
associare il capitalismo e l'opulenza
occidentale con la democrazia e con il
partitismo moderato. Questo stereotipo genera un
attrito forte, dai toni accessi che non porta
alcun beneficio alla crescita pacifica e
solidale delle nazioni, in primo luogo l'Italia.
E nonostante l'estremismo islamico abbia imposto
mediante il terrorismo internazionale l'idea
della guerra santa come unica vera fonte di
terrore, oltre che come terza ideologia, ancora
siamo in grado di "discettare" (Guzzanti non
poteva trovare termine più azzeccato) sul
comunismo, o comunque su quei regimi totalitari
figli d'altri tempi.
E' pur vero che il marxismo è ancora in auge in
molte parti del mondo, lì dove quegli operai o
quei proletari sono vittime di una ideologia che
dovrebbe salvaguardarli, secondo le idee a pugno
chiuso del 'compagno' Fausto Bertinotti, ma oggi
il comunismo non è più, almeno in occidente, la
terra dei gulag, e non mangia più i bambini,
almeno non interamente.
La favoletta del mangiare le creature di Dio è
uno degli stereotipi più folkloristici
relativamente al comunismo. Questa legenda
popolare, se così può definirsi, non si distacca
molto da quello che in effetti avviene oggi. E'
ovvio che non si tratta di sgranocchiare
ossicine o mordere la polpa, ma inghiottire il
cervello in modalità multimediale quella si che
è una azione politico fisiologica di cui si ha
testimonianza diretta, e che può essere
tranquillamente catalogata come il nuovo
comunismo.
Paolo Guzzanti intitola il suo fondo: "Il Virus
Comunista", una sorta di bug che serpeggerebbe,
in modalità e dosi diverse tra i nostri tanti
software celebrali che hanno come solo antivirus
il buon senso. Ma le icone ci sono e resistono
ai tempi, alle mode, ai cataclismi. Allora è
semplice individuare i giovani cosiddetti di
sinistra: basta individuare qualche basco,
qualche spilla del Che, magari tutto racchiuso
in un kefiha, e l'indagine sociale è svolta. Se
proprio siamo fortunati ancora si trova qualcuno
che gira in auto (eisistono veramente) con il
bustino di babbo Lenin al posto della Madonnina
che prega e dice "vai piano".
Altro problema che mi piacerebbe approfondire, e
sul quale Guzzanti ha scatenato i tre quarti
della sua ira sono le menzogne rosse, una vetta
stratosferica di bugie collezionate in cinquanta
anni per eludere le proprie responsabilità
prima, durante e dopo l'ultimo conflitto
mondiale, ma come ho detto all'inizio, la storia
attuale ci insegna ben altro. In Italia, ad
esempio, il comunismo non esiste più, come
ideologia, si intende, esistono solo i vessilli,
le icone di quello che un tempo fu il partito
trascinato alla quasi gloria di governo da
Enrico Berlinguer. Ma l'idea di Aldo Moro durò
il tempo di uno starnuto.
Oggigiorno il comunista non è più il proletario,
l'operaio, il prodotto della working class, o
chi sventola o canta 'bandiera rossa'. Il
comunista oggi, democratico o rifondato che sia,
sa di esserlo perché non vota Berlusconi, perché
gli porta odio e rancore, perché non governa,
perché l'egemone volontà di potere che è nel dna
dell'ideologia stessa lo fa sentire stretto in
una coalizione che annovera anche i 'balenotteri
biachi' sopravvissuti.
Il comunismo oggi è economia, danaro, movimenti
finanziari, speculazioni in borsa, grandi
investimenti e grandi capitali. Il comunista
oggi, in ultima analisi, è tutto ciò che ha
sempre combattuto, alla faccia della rivoluzione
proletaria.
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