La
storia della letteratura universale ci parla
spesso di uomini che con il buon gusto proprio
non ci sanno fare. C'è l'esempio di Petronio che
nel suo Satyricon, con lucido realismo, ci
descrive la figura di Trimalchione, uomo di
origini popolari, arrampicatore senza cultura
che, a causa della decadenza del tempo e di
spicciole contingenze, riesce ad accumulare
ricchezza e a gestire anche una buona fetta di
potere.
La
cosa buffa è che Trimalchione non si limita a
proseguire lungo la sua torva rotta, ma fa di
tutto per accrescere la sua dignità sociale,
ostentando platealmente i suoi averi. Coppe
d'oro, bracciali di diamanti, vestiti sontuosi,
anelli luccicanti, lamine sfavillanti ricoprono
totalmente il suo corpo; i suoi gesti vorrebbero
essere delicati ed eleganti, le sue parole
ricercate e belle.
In
sostanza vorrebbe apparire come il contrario di
quello che è realmente. Vorrebbe rifuggire
quell'alito malsano che lo ricopre, spogliarsi
del suo sudiciume infinito e quotidiano. Ahi
noi.... non ci riesce. Lo potremmo definire
rozzo, kitsch o meglio ancora cafone! Senza
alcun pudore Trimalchione ostenta la sua putrida
voglia di potenza, il suo nefasto senso del
grande, del mirabile, dello sfarzoso.
E'
in sostanza la negazione categorica di cultura,
bellezza, semplicità. Penso che tutti gli
uomini, tutte le donne, sin dalla loro tenera
età abbiano il diritto di essere educati ai
valori di cultura, bellezza, semplicità e penso
che chi regge la cosa pubblica debba essere
attento alla cultura, alla bellezza, alla
semplicità. Non sto parlando di rivoluzione del
sistema di produzione e riproduzione
capitalistico, né di sperimentare lo stato etico
di Hegel e neanche di diffondere alla
popolazione il pensiero taoista. Sto parlando di
semplicità. Non abbiamo bisogno di slanci
metafisici, nè di monumentalità vittoriana.
Abbiamo bisogno di riscoprire il valore minimo
eppure tanto grande del buon gusto, della
delicatezza, dell'armonia.
Telese in questi ultimi anni ha subito un
processo lento e profondo di svuotamento e
ipertrofia. Potrebbe sembrare paradossale,
ossimorico, ma è così. Abbiamo perso l'abitudine
a sentirci comunità, grande famiglia, luogo e
tempo di partecipazione, di confronto, di
emersione. Abbiamo perso l'abitudine a dare il
giusto nome alle cose. Abbiamo perso il senso
stesso dell'essere paese. Abbiamo guadagnato
palazzoni e cemento, esagoni d'aiuola, traffico
e trambusto, parchimetri. Abbiamo guadagnato due
belle palme che sono più un pugno nell'occhio,
che una carezza in viso. Abbiamo guadagnato....
Allora mi chiedo e vi chiedo: meglio avere un
portafogli pieno di modernizzazione selvaggia o
una tasca piena di caramelle, uno zaino pieno di
libri ed una testa e un cuore che chiedono
incessantemente il futuro? Kest'è la domanda.
Ognuno dia la risposta e nelle sedi opportune
agisca di conseguenza. |