21 marzo 2005
Il dossier Mitrokhin: un caso politico
segnalazione di Davide Zoppi

 

 

di Gianteo Bordero - 19 marzo 2005

A chi oggi fosse convinto che l'anticomunismo è una posizione politica e culturale un po' retrò, una questione da consegnare alla presunta asetticità degli storici e così sia, sarebbe bastato assistere all'incontro organizzato dal coordinamento spezzino di Forza Italia lo scorso lunedì sul «caso» Mitrokhin per capire che esistono ancora dei buoni motivi che dell'anticomunismo testimoniano tutto il valore e l'attualità. In una città tradizionalmente «rossa» come La Spezia, più di duecento persone sono andate ad ascoltare - e a tempestare letteralmente di domande - il senatore azzurro Paolo Guzzanti, presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul dossier Mitrokhin e vicedirettore de Il Giornale. Guzzanti, in tre ore di animato dibattito, ha tracciato il quadro all'interno del quale è necessario collocare la vicenda Mitrokhin. Vassilij Mitrokhin era un «piccolo» archivista del Kgb, un comunista deluso e poi «pentito» che, negli ultimi dieci anni del suo lavoro, raccolse quasi 300.000 schede per documentare le «malefatte» del servizio segreto dell'Unione Sovietica. Un lavoro «certosino», fatto ricopiando su piccole strisce di carta, nascoste poi quotidianamente nelle scarpe per evitare d'essere scoperto, alcuni dossier «scottanti» dello stesso Kgb. Una volta andato in pensione, Mitrokhin consegnò le schede all'ambasciata britannica di Riga, che a sua volta le trasmise a Londra.

Le schede, com'è facile immaginare, non riguardavano soltanto l'Inghilterra, ma pure tutti gli altri grandi Paesi europei. Tra questi, anche l'Italia. Dal 1992 - come ha raccontato l'ex ministro Jack Straw - Londra trasmise a Roma numerose schede riguardanti il nostro Paese e ripetutamente si mostrò disponibile ad organizzare un incontro tra Mitrokhin e i nostri servizi segreti. Un incontro che, per la reticenza italiana, non è mai avvenuto.

Le schede riguardanti l'Italia, fondamentalmente, facevano riferimento a persone e gruppi di persone che - per un verso o per l'altro - avevano svolto un ruolo di «intelligenza col nemico» russo negli anni della Guerra Fredda. Mentre l'Italia rientrava nella sfera d'influenza atlantica, ed era alleata ufficialmente con gli Stati Uniti d'America, vi furono cioè nel nostro Paese coloro che fornivano all'Unione Sovietica, al nemico degli Usa e dell'Occidente, informazioni, notizie, analisi di vario tipo sulla situazione italiana.

Nel 1999, la casa editrice Rizzoli pubblicò L'archivio Mitrokhin - testo oggi praticamente «introvabile», per l'esiguo numero di copie messo in circolazione e per l'assenza di successive ristampe. Esso conteneva - spiega Guzzanti - solo una piccolissima parte del materiale fatto pervenire dall'archivista russo ai britannici. Diversi punti, inoltre, risultavano «sbianchettati»: non era interesse di Londra - il libro fu pubblicato inizialmente in Inghilterra col titolo The sword and the shield, The Mitrokhin archive, curato da Andrew Christopher - mettere sulla piazza materiale riservato e scottante, che avrebbe creato una vera tempesta politica e diplomatica. Così, ci si limitò ad un'edizione «purgata» e più digeribile dai vari Paesi coinvolti.

Ad oggi dunque, nella disponibilità della Commissione parlamentare d'inchiesta, istituita dopo la vittoria elettorale della Casa delle Libertà, sono soltanto 261 schede: una piccola, piccolissima parte di quelle inviate al nostro Paese da Londra. Che fine hanno fatto le altre? Perché sono state occultate? E chi ha avuto interesse a che esse rimanessero nascoste? Qui il caso si fa scottante. E Guzzanti ama ripetere che, come un Templare, lui è alla ricerca di una sorta di «sacro Graal», di quella parte - evidentemente molto rilevante - di schede rimaste «murate» in qualche «secreta» stanza eppure decisive per avere un quadro chiaro non solo del dossier Mitrokhin, ma anche della storia della Guerra Fredda e degli anni di piombo e del ruolo giocato, in essi, da una parte della politica del nostro Paese.

Guzzanti e i suoi colleghi della Commissione, esclusi i «compagni» della sinistra, pronti soltanto e sempre a dire «no» e a negare anche l'evidenza dei dati che man mano emergono, nella loro ricerca non hanno potuto e non possono contare sull'aiuto dei russi, che non hanno fatto altro che infangare - anche pubblicamente - il lavoro dei parlamentari italiani sul «caso» Mitrokhin. «Berlusconi ha ottenuto grandi risultati con Putin: lo ha "spostato" ad Occidente, facendo venire meno certe pericolose spinte "orientaliste". Ma i passi da fare sono ancora molti - spiega Guzzanti. «Molti di coloro che fanno parte dei servizi segreti russi di oggi - prosegue - sono gli stessi uomini del vecchio Kgb, con la stessa mentalità d'allora. I russi dovrebbero permettere l'apertura degli archivi degli Stati dell'Est che erano sotto la loro influenza. Ma ad oggi, ciò risulta ancora, di fatto, lontano a venire».

Ma nonostante l'atteggiamento dei russi e della sinistra nostrana, che ama ripetere a ogni pie' sospinto che l'affaire Mitrokhin è «roba vecchia», l'inchiesta parlamentare ha iniziato a smuovere qualche «mattoncino» della diga di omertà e di silenzio che i suoi componenti si sono trovati di fronte. Qualche «mattoncino» che però ha un peso veramente enorme, tanto che - ipotizza Guzzanti - di commissione Mitrokhin si può perfino morire. Vi sono due decessi - spiega il senatore di Forza Italia - che risultano quantomeno «sospetti». Il primo è quello del colonnello Bonaventura, già figura di primo piano nel ritrovamento dei verbali stilati dalle BR durante il rapimento Moro, e trovato morto nella sua casa la mattina stessa in cui avrebbe dovuto testimoniare davanti alla Commissione. Il secondo è quello di Vladimir Strelkov, ex agente del Kgb scomparso dopo che il suo nome era uscito come possibile collaboratore dell'inchiesta parlamentare. Nessuno è ancora riuscito a dimostrare che si tratti di morti «innaturali», ma Guzzanti ritiene che esse siano quantomeno «sospette», per la tempistica e la tempestività con cui sono avvenute. Soprattutto quella di Bonaventura. Il colonnello, infatti, avrebbe potuto rivelare elementi importanti per una rilettura del caso Moro, svelando un panorama inquietante di collusioni tra Brigate Rosse e Unione Sovietica che nessuno, ad oggi, è ancora riuscito a dimostrare.

Anche per questi avvenimenti, Guzzanti un'idea sul perché gran parte delle schede riguardanti l'Italia siano rimaste - e rimangano tuttora - nascoste se l'è fatta. E il «sacro Graal» di cui egli parla ripetutamente, suscitando le numerose e vivaci domande del pubblico presente all'incontro spezzino, è meno fantapolitico e fantascientifico di quello che molti pregiudizialmente sostengono. Partendo dalla constatazione che i servizi segreti dipendono direttamente dalla presidenza del Consiglio, il senatore azzurro sostiene che, negli anni tra il 1992 e il 2001, i governi di centrosinistra hanno avuto tutto l'interesse a mettere la sordina alla vicenda. Dice che evidentemente non era opportuno, per tanti politici e personaggi pubblici, far venire a galla una storia «ingombrante», che avrebbe aperto scenari «inquietanti» su protagonisti della nostra storia repubblicana degli ultimi trent'anni.

«Il "sacro Graal" - afferma Guzzanti - è l'insieme di quelle schede riguardanti tutti coloro che erano pronti, tra il 1975 e il 1983, ad accompagnare un'eventuale invasione sovietica del nostro Paese nel caso del precipitare della guerra fredda». Un piano d'invasione in piena regola, con tanto di studi strategici, mappe e armate pronte a mettersi in movimento. Un fatto, questo, documentato recentemente anche da Francesco Cossiga. I russi - spiega Guzzanti - non avrebbero invaso l'Italia da Oriente, ma piombando dal Brennero dopo aver attraversato l'Austria e aver violato la sua neutralità. «Negli anni tra il '75 e l'83 l'Unione Sovietica pensava veramente che la guerra sarebbe stata inevitabile. Pensava che fosse prossimo il momento dell'attacco. E l'attacco, in due settimane, avrebbe occupato l'intera Europa occidentale». Il «sacro Graal» del dossier Mitrokhin, dunque, contiene - di questo sembra certo Guzzanti - i nomi di tutti coloro che avrebbero appoggiato in vari modi questo piano d'invasione. Una rete di partiti, poteri, mezzi di comunicazione pronti in ogni momento a sostenere l'ingresso delle armate dell'Urss nel nostro Paese.

E i silenzi, le mistificazioni, le «sbianchettature» che la Commissione parlamentare d'inchiesta si è trovata di fronte non fanno altro che avallare l'ipotesi che veramente vi sia qualcosa di grosso dietro ciò è stato tenuto nascosto. Qualcosa che non ha solo un valore da consegnare ai libri di storia, ma che andrebbe a toccare nel vivo, politicamente, chi - soprattutto a sinistra - di questi silenzi, di queste mistificazioni, di queste sbianchettature si è reso responsabile. «Dobbiamo tutti, anche nel centrodestra, capire l'importanza politica della Commissione Mitrokhin - conclude Guzzanti. Può essere un elemento molto importante per vincere le prossime elezioni politiche del 2006». E a chi gli chiede i nomi e i dettagli riguardanti il «sacro Graal», il senatore di Forza Italia risponde: «Di più non posso dirvi. Ma stiamo lavorando in maniera continua, e spero che presto potremo ottenere altri importanti risultati».

Gianteo Bordero

bordero@ragionpolitica.it

 

    

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