di
Gianteo Bordero - 19 marzo 2005
A
chi oggi fosse convinto che l'anticomunismo è
una posizione politica e culturale un po' retrò,
una questione da consegnare alla presunta
asetticità degli storici e così sia, sarebbe
bastato assistere all'incontro organizzato dal
coordinamento spezzino di Forza Italia lo scorso
lunedì sul «caso» Mitrokhin per capire che
esistono ancora dei buoni motivi che
dell'anticomunismo testimoniano tutto il valore
e l'attualità. In una città tradizionalmente
«rossa» come La Spezia, più di duecento persone
sono andate ad ascoltare - e a tempestare
letteralmente di domande - il senatore azzurro
Paolo Guzzanti, presidente della Commissione
parlamentare d'inchiesta sul dossier Mitrokhin e
vicedirettore de Il Giornale. Guzzanti, in tre
ore di animato dibattito, ha tracciato il quadro
all'interno del quale è necessario collocare la
vicenda Mitrokhin. Vassilij Mitrokhin era un
«piccolo» archivista del Kgb, un comunista
deluso e poi «pentito» che, negli ultimi dieci
anni del suo lavoro, raccolse quasi 300.000
schede per documentare le «malefatte» del
servizio segreto dell'Unione Sovietica. Un
lavoro «certosino», fatto ricopiando su piccole
strisce di carta, nascoste poi quotidianamente
nelle scarpe per evitare d'essere scoperto,
alcuni dossier «scottanti» dello stesso Kgb. Una
volta andato in pensione, Mitrokhin consegnò le
schede all'ambasciata britannica di Riga, che a
sua volta le trasmise a Londra.
Le
schede, com'è facile immaginare, non
riguardavano soltanto l'Inghilterra, ma pure
tutti gli altri grandi Paesi europei. Tra
questi, anche l'Italia. Dal 1992 - come ha
raccontato l'ex ministro Jack Straw - Londra
trasmise a Roma numerose schede riguardanti il
nostro Paese e ripetutamente si mostrò
disponibile ad organizzare un incontro tra
Mitrokhin e i nostri servizi segreti. Un
incontro che, per la reticenza italiana, non è
mai avvenuto.
Le
schede riguardanti l'Italia, fondamentalmente,
facevano riferimento a persone e gruppi di
persone che - per un verso o per l'altro -
avevano svolto un ruolo di «intelligenza col
nemico» russo negli anni della Guerra Fredda.
Mentre l'Italia rientrava nella sfera
d'influenza atlantica, ed era alleata
ufficialmente con gli Stati Uniti d'America, vi
furono cioè nel nostro Paese coloro che
fornivano all'Unione Sovietica, al nemico degli
Usa e dell'Occidente, informazioni, notizie,
analisi di vario tipo sulla situazione italiana.
Nel 1999, la casa editrice Rizzoli pubblicò
L'archivio Mitrokhin - testo oggi praticamente
«introvabile», per l'esiguo numero di copie
messo in circolazione e per l'assenza di
successive ristampe. Esso conteneva - spiega
Guzzanti - solo una piccolissima parte del
materiale fatto pervenire dall'archivista russo
ai britannici. Diversi punti, inoltre,
risultavano «sbianchettati»: non era interesse
di Londra - il libro fu pubblicato inizialmente
in Inghilterra col titolo The sword and the
shield, The Mitrokhin archive, curato da Andrew
Christopher - mettere sulla piazza materiale
riservato e scottante, che avrebbe creato una
vera tempesta politica e diplomatica. Così, ci
si limitò ad un'edizione «purgata» e più
digeribile dai vari Paesi coinvolti.
Ad
oggi dunque, nella disponibilità della
Commissione parlamentare d'inchiesta, istituita
dopo la vittoria elettorale della Casa delle
Libertà, sono soltanto 261 schede: una piccola,
piccolissima parte di quelle inviate al nostro
Paese da Londra. Che fine hanno fatto le altre?
Perché sono state occultate? E chi ha avuto
interesse a che esse rimanessero nascoste? Qui
il caso si fa scottante. E Guzzanti ama ripetere
che, come un Templare, lui è alla ricerca di una
sorta di «sacro Graal», di quella parte -
evidentemente molto rilevante - di schede
rimaste «murate» in qualche «secreta» stanza
eppure decisive per avere un quadro chiaro non
solo del dossier Mitrokhin, ma anche della
storia della Guerra Fredda e degli anni di
piombo e del ruolo giocato, in essi, da una
parte della politica del nostro Paese.
Guzzanti e i suoi colleghi della Commissione,
esclusi i «compagni» della sinistra, pronti
soltanto e sempre a dire «no» e a negare anche
l'evidenza dei dati che man mano emergono, nella
loro ricerca non hanno potuto e non possono
contare sull'aiuto dei russi, che non hanno
fatto altro che infangare - anche pubblicamente
- il lavoro dei parlamentari italiani sul «caso»
Mitrokhin. «Berlusconi ha ottenuto grandi
risultati con Putin: lo ha "spostato" ad
Occidente, facendo venire meno certe pericolose
spinte "orientaliste". Ma i passi da fare sono
ancora molti - spiega Guzzanti. «Molti di coloro
che fanno parte dei servizi segreti russi di
oggi - prosegue - sono gli stessi uomini del
vecchio Kgb, con la stessa mentalità d'allora. I
russi dovrebbero permettere l'apertura degli
archivi degli Stati dell'Est che erano sotto la
loro influenza. Ma ad oggi, ciò risulta ancora,
di fatto, lontano a venire».
Ma
nonostante l'atteggiamento dei russi e della
sinistra nostrana, che ama ripetere a ogni pie'
sospinto che l'affaire Mitrokhin è «roba
vecchia», l'inchiesta parlamentare ha iniziato a
smuovere qualche «mattoncino» della diga di
omertà e di silenzio che i suoi componenti si
sono trovati di fronte. Qualche «mattoncino» che
però ha un peso veramente enorme, tanto che -
ipotizza Guzzanti - di commissione Mitrokhin si
può perfino morire. Vi sono due decessi - spiega
il senatore di Forza Italia - che risultano
quantomeno «sospetti». Il primo è quello del
colonnello Bonaventura, già figura di primo
piano nel ritrovamento dei verbali stilati dalle
BR durante il rapimento Moro, e trovato morto
nella sua casa la mattina stessa in cui avrebbe
dovuto testimoniare davanti alla Commissione. Il
secondo è quello di Vladimir Strelkov, ex agente
del Kgb scomparso dopo che il suo nome era
uscito come possibile collaboratore
dell'inchiesta parlamentare. Nessuno è ancora
riuscito a dimostrare che si tratti di morti
«innaturali», ma Guzzanti ritiene che esse siano
quantomeno «sospette», per la tempistica e la
tempestività con cui sono avvenute. Soprattutto
quella di Bonaventura. Il colonnello, infatti,
avrebbe potuto rivelare elementi importanti per
una rilettura del caso Moro, svelando un
panorama inquietante di collusioni tra Brigate
Rosse e Unione Sovietica che nessuno, ad oggi, è
ancora riuscito a dimostrare.
Anche per questi avvenimenti, Guzzanti un'idea
sul perché gran parte delle schede riguardanti
l'Italia siano rimaste - e rimangano tuttora -
nascoste se l'è fatta. E il «sacro Graal» di cui
egli parla ripetutamente, suscitando le numerose
e vivaci domande del pubblico presente
all'incontro spezzino, è meno fantapolitico e
fantascientifico di quello che molti
pregiudizialmente sostengono. Partendo dalla
constatazione che i servizi segreti dipendono
direttamente dalla presidenza del Consiglio, il
senatore azzurro sostiene che, negli anni tra il
1992 e il 2001, i governi di centrosinistra
hanno avuto tutto l'interesse a mettere la
sordina alla vicenda. Dice che evidentemente non
era opportuno, per tanti politici e personaggi
pubblici, far venire a galla una storia
«ingombrante», che avrebbe aperto scenari
«inquietanti» su protagonisti della nostra
storia repubblicana degli ultimi trent'anni.
«Il "sacro Graal" - afferma Guzzanti - è
l'insieme di quelle schede riguardanti tutti
coloro che erano pronti, tra il 1975 e il 1983,
ad accompagnare un'eventuale invasione sovietica
del nostro Paese nel caso del precipitare della
guerra fredda». Un piano d'invasione in piena
regola, con tanto di studi strategici, mappe e
armate pronte a mettersi in movimento. Un fatto,
questo, documentato recentemente anche da
Francesco Cossiga. I russi - spiega Guzzanti -
non avrebbero invaso l'Italia da Oriente, ma
piombando dal Brennero dopo aver attraversato
l'Austria e aver violato la sua neutralità.
«Negli anni tra il '75 e l'83 l'Unione Sovietica
pensava veramente che la guerra sarebbe stata
inevitabile. Pensava che fosse prossimo il
momento dell'attacco. E l'attacco, in due
settimane, avrebbe occupato l'intera Europa
occidentale». Il «sacro Graal» del dossier
Mitrokhin, dunque, contiene - di questo sembra
certo Guzzanti - i nomi di tutti coloro che
avrebbero appoggiato in vari modi questo piano
d'invasione. Una rete di partiti, poteri, mezzi
di comunicazione pronti in ogni momento a
sostenere l'ingresso delle armate dell'Urss nel
nostro Paese.
E
i silenzi, le mistificazioni, le «sbianchettature»
che la Commissione parlamentare d'inchiesta si è
trovata di fronte non fanno altro che avallare
l'ipotesi che veramente vi sia qualcosa di
grosso dietro ciò è stato tenuto nascosto.
Qualcosa che non ha solo un valore da consegnare
ai libri di storia, ma che andrebbe a toccare
nel vivo, politicamente, chi - soprattutto a
sinistra - di questi silenzi, di queste
mistificazioni, di queste sbianchettature si è
reso responsabile. «Dobbiamo tutti, anche nel
centrodestra, capire l'importanza politica della
Commissione Mitrokhin - conclude Guzzanti. Può
essere un elemento molto importante per vincere
le prossime elezioni politiche del 2006». E a
chi gli chiede i nomi e i dettagli riguardanti
il «sacro Graal», il senatore di Forza Italia
risponde: «Di più non posso dirvi. Ma stiamo
lavorando in maniera continua, e spero che
presto potremo ottenere altri importanti
risultati».
Gianteo Bordero
bordero@ragionpolitica.it |