Via il crocifisso dalle aule - 27-10-03 - Rosario Lavorgna

 

Via il crocifisso dalle aule. Gesù Cristo come discriminante del 3° millennio? Quando la politica passa da qua ad Allah.

di Rosario Lavorgna

Ci avevano già pensato gli 'intifadini' tricolore, i giovani col 'collare' palestinese a tramutare il Po in un affluente del Giordano, annullando quel parametro storico targato Poiters (800 d.c.) che, a distanza di 1.200 anni continua a garantire un occidente libero dall'integralismo di stampo mussulmano.

Ma oggi, nel bel mezzo dell'integrazione razziale, dopo che la U.E. non è riuscita nemmeno a garantire una estrazione giudaico cristiana del continente, e dopo che il bel paese è divenuto un colabrodo di arrivi, ecco rispuntare l'anatema di Maometto, con la benedizione del "la legge è uguale per tutti".

La legge degli uomini dovrebbe esserlo, quella di Dio un po' di meno.

Da quando nei primissimi anni '80 l'allora onorevole Craxi riformulò il regolamento della Religione di Stato, ponendo in pensione l'antico dettame, anche in considerazione dell'approssimarsi dell'era dell'integrazione, ciò non significava disconoscere il crocifisso come simbolo della nostra entità e della nostra estrazione.

Dopo vent'anni, però, ci ha pensato un giudice del tribunale dell'Aquila a rendere definitivo e plateale quell'ateismo che già serpeggia da tempo in molte sfere sociali.

Un'aberrazione storica e culturale pensare che il crocifisso possa essere una discriminante sociale. Almeno questo è quello che è insito nella consuetudine del rispetto reciproco delle regole sociali.

Ma così non è per il signore Smith, mussulmano in Italia, i cui figli si sono sentiti offesi a dover scorgere la croce pendere dal muro alle spalle della cattedre della loro aula.

Ma pare che la questione sia molto più profonda e vada al di là dell'incidente infantile del raccapriccio di dovere vedere pensolare Gesù Cristo dal muro e non Allah.

Lo stesso Smith parla di "razzismo religioso istituzionale". A queste parole segue inevitabilmente una riflessione. Per quale motivo o per quale circostanza legale o consuetudinaria noi Italiani dovremmo fraternamente convivere e rispettare le regole ed i culti dei tanti immigrati che con dignità ed onore vivono nel nostro paese se poi c'è sempre qualcuno che le nostre idee, il nostro culto, la nostra consuetudine di vita riesce a calpestare con il bene placido delle istituzioni della giustizia?

Quell'ateismo di stampo marxista, di cui abbiamo parlato prima trova alcova ideale anche nelle parole della De Simone che, dal pulpito del PRC nazionale sentenzia "la situazione non finisce qui...è solo l'inizio".

E' ovvio che le dichiarazioni concesse al quotidiano 'Il Mattino' dalla bertinottiana in comissione cultura alla Camera dei Deputati, si prestano ad innumerevoli considerazioni, comprese quelle relative ad una possibile 'longa manus' della sinistra italiana nell'azione legale del signor Smith.

Ma non sarà tutto collegato alla strumentalizzazione palese del progetto di legge sul diritto di voto agli immigrati regolari?

E' questa una domanda che trova molte, troppe coincidenze negli eventi.

Se da una parte tutto il mondo cattolico e laico ha condannato la sentenza del tribunale dell'Aquila, gran parte della politica d'opposizione nel nostro paese ha plaudito al verdetto che, secondo alcuni, renderebbe la scuola un luogo neutro.

Ci auguriamo fortemente che un domani non ci chiederanno di distruggere le Chiese perché offendono Allah.

Saremmo, comunque, tutti curiosi di leggere la sentenza del giudice dell'Aquila, anche per conoscere a quale regolamento la legge si è appellata per decretare l'uscita di scena del crocifisso dalle aule delle scuole. E siccome non solo nelle scuole, come luoghi istituzionali, ma in gran parte dell'impiego privato e in minima parte in quello pubblico è possibile trovare lavoratori di altro culto, allora vorrà dire che il dictat appena espresso da una aula di tribunale possa essere comodamente riproposta per tutti gli altri luoghi di integrazione razziale.

E siccome l'integrazione è ciò alla quale tendiamo e ciò con la quale ci confrontiamo ogni giorno, allora è semplice attendersi che fra qualche anno la nostra espressione di fede diventerà talmente personalizzata che ognuno che vorrà portare un crocifisso al collo dovrà nasconderlo gelosamente per non provocare l'ira dei fratelli diversi.

Se è questa l'integrazione che ci aspetta, allora l'intera nazione non dovrebbe solo indignarsi per il raccapricciante episodio dell'Aquila, ma difendere la propria fede e la tradizionale espressione di essa, affinché la nostra libertà di culto resti inalterata nel doveroso passaggio all'integrazione razziale.

Chissà in questa circostanza quanta parte abbia avuto la politica, un fatto è certo, il parlamento italiano dovrebbe prendere posizioni su questa chiara ed inoppugnabile aberrazione della nostra fede e della nostra libertà, specie se viene da chi accusa le istituzioni repubblicane di "strisciante razzismo religioso".

Chissà poi cosa si intende per strisciante razzismo religioso: sarà mica riferito al progetto di legge sul voto agli immigrati che non trova d'accordo l'esecutivo nazionale?.

Certo che, se fosse così, si è giunti proprio al colmo: quando la politica passa da qua ad Allah.

 

 

  Vignetta di Giovanni Lombardi