Agli inizi degli anni '90, dopo cinquant'anni
d'onorato servizio, alla cosiddetta prima
Repubblica fu inferto il colpo di grazia da
parte del pool di Tangentopoli. La vecchia
Dc non resse all'onda d'urto del team 'mani
pulite', ma non perchè ce le avesse sporche
(trattavasi di un fenomeno di costume) ma
perchè quelle mani avevano creato benessere,
certezze sociali, libero mercato e lavoro, a
prescindere da quello che ancora oggi si
ciancia sull'argomento.
Ma un governo liberal democratico quasi
unicolore in Italia non poteve reggere in
eterno; quel fenomeno di costume del 'do ut
des'(che peraltro esiste anche oggi)stava
arrecando un danno irreparabile ad una
sinistra che non riusciva a muoversi al di
là della falce e martello, e di conseguenza
le cooperative di cui si parla tanto
oggigiorno non avrebbero potuto continuare a
reggere un mercato gestito da altri.
Mandata in frantumi la vecchia balena bianca
e scollato il puzzle che, a miracol mostrare
teneva insieme il Paese, l'ingresso nella
seconda Repubblica è stato inevitabile,
anche se, per molti versi, chi l'aveva
caldeggiato si è reso cpresto conto di aver
fatto un salto nel buio.
Infatti le cose non sono andate proprio come
ci si aspettava, o almeno come si atendeva
l'eterna minoranza al governo nazionale.
La discesa in campo del blindato patron di
Mediaset e di buona parte dell'editoria
nazionale ha rappresentato il fallimento
totale di quel progetto di trasformazione
iniziato con il dettagliatissimo castello
accusatorio del Pm Antonio Di Pietro nei
confronti degli uomini chiave di mezzo
secolo di Politica. Se fosse stato in vita
l'onorevole Moro, sicuramente sarebbe stato
il primo nella lista degli indagati. Anche
nel 1991 il pool milanese operò la
significativa scoperta dell'acqua calda, la
quale, a quanto parse, rappresentava reato.
E' stato un po questo clima inquisitorio da
escatologia, oltre al fallimento del primo
vero governo di sinistra ad innescare il
trionfo berlusconiano del 2001. Un effetto
devastante sulla già fragilissima condizione
di comunisti e post comunisti che, in questi
ultimi cinque anni di caccia al belzebù
nazionale, non sono stati in grado di
dimostrare nemmeno la loro buona fede nel
dibattito politico.
A distanza di quindici anni dal quel
terremoto istituzionale che ha mandato in
disgrazia ed in esilio volontario il gotha
della poltica italiana dal dopoguerra,
irrompe nelle nelle nostre vite un'altra
storiella metropolitana condita di scalate
finanziarie, intercettazioni telefoniche,
banche che passeggiano di quì e di là in
attesa di danarosi faccendieri che tolgono
da una parte per acquisire da un' altra
parte, e Berlusconi che corre in Procura a
deporre come persona informata dei fatti.
Qualcuno potrebbe pensare "chi la fa
l'aspetti", ma in questo caso ci sembrerebbe
puerile a distanza di tre lustri, anche se
le condizioni spazio temporali appaiono
perfette.
Con l'affare Unipool e gli intrecci con la
politica nella scalata a BNL abbiamo toccato
proprio il fondo. Più che arrossire si
dovrebbe impallidire al pensiero di avere
scoperto nuovamente l'acqua calda, e
soprattutto di aver finalmente inteso che la
"carneficina" giudiziaria dei primi anni '90
non è servita a risolvere un problema o
presunto tale, nè ad estinguere dei reati o
presunti tali, in quanto il fenomeno di
costume regge molto meglio mutando
addirittura in tradizione storica di valore
sociologico.
A questo punto siamo costretti a
sottolineare la grande onestà intellettuale
degli Americani, i loro giochi di potere, le
loro lobby, gli immensi introiti di danaro
sono pubblicamente acclarati, lasciando
certo obsoleto puritanesimo alla sfera
sessuale.
In Italia invece ci piace giocare a
nascondino, o nascondere noi stessi dietro
un dito, indossando maschere vergognose per
le quali anche Pirandello arrossirebbe.
E' un po la saga dell'ipocrisia tricolore
che rivela, proprio in questi ulti giorni,
il nostro grande paradosso: essere artefici
e vittime di un sistema che garantisce tutto
e niente in questa mega frittata
all'italiana dove chi ha più polvere spara,
chi più santi in paradiso lavora, chi più
danaro intrlazza e macchina, e chi di tutto
un po tira i fili di questo eterno teatro
dei pupi.