San Valentino, festa degli innamorati non solo
dei fidanzati, porta il nome di un santo
nostrano, vescovo di Terni e vissuto nel II
secolo dopo Cristo. La sua fama ha valicato gli
oceani e raggiunto i paesi più lontani, dagli
Stati Uniti al Giappone, dall’America latina
all’Asia, dovunque ci siano giovani e meno
giovani decisi a festeggiare l’amore.
Il
rito ha origini antichissime, che si perdono
nel mondo pagano e nelle ricorrenze dei
Lupercali, ma la cristianità si appropria del
mito, quando Sabino, centurione romano, si
invaghì della bella Serapia, una giovane
cristiana di Terni, ma non potette sposarla per
l’ostilità dei genitori, fino all’intervento di
Valentino, che converte il giovane. Ma i colpi
di scena non sono finiti: la fanciulla si ammala
e muore e Sabino non vuole vivere senza di lei e
la raggiunge nell’eternità del Paradiso.
Il
tema dell’amore, più o meno travagliato, scorre
immutato da millenni, da Adamo ed Eva ai nostri
giorni, dalle lettere galanti agli sms. La festa
invece è stata assimilata dalla civiltà dei
consumi ed è stata contaminata dal dio denaro.
Prima i fiori ed i cioccolati, poi le cenette
nei separè a base di cibi raffinati ed
afrodisiaci, fino agli alberghi che offrono
suite con idromassaggio e sottofondo musicale.
Ma
la cosa più gradita dalle donne è sempre una
bella frase d’amore. Forza giovanotti
improvvisatevi poeti, sbirciate qualche libro
sull’argomento e prendete qualche idea da
elaborare con qualche frase o concetto
personale. Non eguaglierete Dante o Shakespeare,
ma la vostra bella sarà lo stesso felice e ve lo
dimostrerà.
Mi
sia permesso concludere con un dolce pensiero
alla mia amata Elvira, i cui occhi devastanti
sono da oltre trent’anni l’unica bussola della
mia vita e l’unico motivo per vivere.
Achille della Ragione
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