Al Prof. Dr.
Gregorio Rubino
C/o la Repubblica
Napoli
Oggetto. Lettera
aperta
Grazie.
Questa è la
semplice, spontanea parola che mi sento di
rivolgere a chi ha saputo trasmettere profonde
emozioni con quella magnifica pagina apparsa,
come per magia, sull’edizione di “la Repubblica”
del 4 ottobre 2007, giorno del grande San
Francesco, patrono d’Italia.
Sono l’arch.
Lorenzo Morone, ex Presidente della Pro Loco di
Cerreto Sannita, attuale consigliere (ancora per
poco) di minoranza in un Consiglio che,
purtroppo, ha un progetto per questa città che
non collima col mio. Nel momento in cui mi
avvicino ai 60 anni, sento vacillare la mia
forza, la mia testardaggine nel voler convincere
la gente, gli amministratori, che Cerreto merita
ben altro che lo spreco di risorse per Notti
bianche, sagre etc. etc. Basta poi un articolo
come il Suo per far riaccendere la fiammella.
Pensi che, nella
città della ceramica, nella città “pensata” e
ricostruita in pochi anni per ferma volontà di
quel grande principe illuminato che fu Marzio
Carafa, educato alla scuola dei Gesuiti, nella
città in cui “…la borghesia laniera si
finanziava con la banca di Santa Maria di
Costantinopoli…ed era in grado di stipulare
convenzioni con la casa feudale” e
ricostruiva la “Tinta” dei panni lana, nella
città che ha vissuto il fenomeno del
brigantaggio (Cosimo Giordano era Cerretese),
nella città capace di stimolare sensazioni che
restituiscono, non solo a Lei, frammenti di vita
trascorsa, oggi si tradisce la propria identità
sprecando le poche energie che indubbiamente
oggi hanno i Comuni per iniziative buone si, ma
adatte ad altri siti, privi della nostra
tradizione e/o comunque con storia diversa.
La si tradisce
trascurando Cerreto Vecchia, la città medievale
distrutta dal sisma del 1688 e sepolta sotto le
sue macerie, la “Pompei medievale” che nasconde
tanti tesori, non solo storici (basti citare la
storia di Suor Giulia de Marco, la Monaca di
Monza del Sud, internata nel Convento delle
Clarisse dal 1607 al 1610, processata
dall’Inquisizione nel 1615 perché accusata di
aver fondato una congrega che praticava
“processi carnali” per essere poi “purificati
elevando la mente a Dio” (Ghirelli: Storia di
Napoli—F.Romano: La carità di Giulia).
La si tradisce
quando si rinuncia alla Tinta per una somma che
è la metà della metà di quanto costa una…Notte
Bianca.
La
si tradisce preoccupandosi di portare avanti, di
soppiatto, una mega foresta di pali eolici su
Monte Coppe, proprio ove dovrebbero esistere le
tracce più che cospicue di un villaggio
sannitico che, valorizzato, attirerebbe tanta
gente “alla ricerca del tempo perduto”,
quindi tanta economia.
La si rinnega quando si realizza un
“sorprendente” museo della civiltà contadina nel
Monte di Pietà, l’istituzione che dipendeva
dalla potente e ricca congrega di Santa Maria
di Costantinopoli.
La
si tradisce quando si interviene sul progetto
“definitivo” di Piazza S.Martino per inserirvi
elementi di arredo urbano sicuramente
impeccabili nel design, ma assolutamente
decontestualizzati, o si illuminano le facciate
dei palazzi frammentandole con fasci di luce o
camaleontici effetti colorati ….ma lasciamo
stare.
Che dirLe. Il
merito grandissimo che Le riconosco è non solo
di aver tracciato, in felice sintesi, i tratti
distintivi della storia di Cerreto, quanto di
aver detto Lei cose che, espresse da un comune
mortale, per di più paesano, non avrebbero
avuto, come non hanno avuto, lo stesso peso. La
speranza è che non sia troppo tardi per una
sterzata che faccia lasciare la “strada del
declino” e riporti Cerreto sulla strada
intrapresa anni fa, complici i grandi studiosi
ed appassionati, dai Mazzacane a Don Mimì
Franco, da Pescitelli a Don Nicola Vigliotti, da
Salvatore Biondi a Ninuccio Ciarleglio.
La speranza è che si possa
avverare il suo incredibile augurio…
perché Cerreto diventi “..un
luogo di cult, una sorta di itinerario
proustiano alla ricerca della borghesia perduta.
Insomma quasi un pellegrinaggio a Czêstochowa!”
La
saluto e, se si troverà a passare di qui, sarà
un onore stringerLe la mano. Magari davanti ad
un buon piatto di tagliatelle ai Virni e a un
bicchiere di aglianico.
Con profonda
stima
Lorenzo Morone |