Lettera aperta ad
un amico che ama Cerreto.
Caro Renato,
con dispiacere ho
appreso che ti sei adirato con un operaio per il
colore che ho fatto usare in una facciata.
Il
dispiacere nasce non dal fatto che tu non
apprezzi quel colore, ma perché avrei preferito
chiarire con te certe scelte. Infatti, se ti
arrabbi, è perché ami Cerreto. E se scegli, tra
i tanti colori che oggi rivestono Cerreto,
proprio uno adoperato da me, è perché
evidentemente segui con interesse i vari lavori.
Ma i colori si possono sempre cambiare, certe
altre scelte, purtroppo, sono irreversibili. E
come tu ben sai, la prima regola del restauro e
quella di non sostituire il passato col moderno
con operazioni non più annullabili.
Ma
qui, come sai, non è facile trovare persone con
le quali discutere serenamente. Anche le teorie
del restauro, infatti, sono assoggettate alle
strane “dinamiche” della politica. Se poi anche
quelli che si sforzano di fare le scelte giuste
si isolano e/o vengono isolate per motivi che
non sto qui a rimarcare, è la fine.
Io ho
cercato, nel mio piccolo, di fare quello che tu,
in grande, hai fatto con la ricerca storica. Ho
raccolto e conservato tanti campioni di pittura
su intonaco che conservo e cerco di analizzare
per il loro riutilizzo.
Ricordo ancora
quando, negli anni 80, per la prima volta, feci
utilizzare il colore rosa ai fabbricati del Dr.
F… in Via Cantiniera e a quello di L.... nella
parte bassa di Cerreto. La gente, abituata ai
colori grigi, allora di moda ma assolutamente
non rientranti nella tavolozza cerretese, almeno
per quel che mi risulta, criticò al punto che L…
rifece la casa grigia, per poi, per fortuna,
ritornare sui suoi passi e rifarla
definitivamente rosa. Tra i colori originali che
ancora a Cerreto non vengono utilizzati ci sono
l’arancio e il celeste.
Ora ho avuto la
possibilità di utilizzare l’arancio perché tale
colore era su un pezzo di intonaco sottostante
il cornicione: quindi in zona protetta dalle
intemperie ove la tinta ha mantenuto le
tonalità originarie. Ed io conservo pezzi di
tale intonaco.
Il celeste,
grazie anche al Prof. P... e alla
Soprintendenza, si è ricominciato ad utilizzarlo
all’interno di qualche Chiesa. Se vuoi ti faccio
vedere dei vecchi campioni di tale tinta.
Lo stesso disagio
avvertiamo anche quando conserviamo vecchi
portali in pietra, o pietra e tufo, rotti e/o
deteriorati. E’ vero che i coppi in cotto, un
portale o una finestra nuova, nell’immaginario
collettivo, piacciono di più, e che il tufo è un
materiale povero, ma non è proprio pensabile
sostituire le vecchie pietre con altre nuove o
rese nuove con la bocciardatura solo perché ”così
piacciono”. Anche se manteniamo lo stesso
disegno realizziamo un falso che ogni teoria del
restauro bandisce. Eliminiamo infatti dal
manufatto il valore aggiunto dovuto al tempo.
Una volta barattavamo, con scaltri mercanti
napoletani, vecchi mobili in legno con mobili
nuovi: tutti oggi se ne pentono. Oggi avviene lo
stesso con coppi, mattoni, travi e portoni in
legno. E’ evidente che nel recupero il gusto
personale non conta. I colori, poi, essendo
comunque a base di calce, almeno quelli che
faccio usare io, col tempo stingono ridando una
patina più usuale alle facciate.
Non pretendo di
dire verità assolute, ma chiaramente questo è
quanto sono riuscito a capire con anni di studi
e ricerche sul territorio, dentro e fuori le
ristrette mura della nostra cara Cerreto.
Con rinnovata
stima per quello che hai fatto per Cerreto con
le tue pazienti ricerche, ti saluto
cordialmente.
Renzo Morone
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