6 novembre 2007
Cerreto, lettera di Morone a Pescitelli
Lorenzo Morone

 

 

Lettera aperta ad un amico che ama Cerreto.

 

Caro Renato,

con dispiacere ho appreso che ti sei adirato con un operaio per il colore che ho fatto usare in una facciata.

            Il dispiacere nasce non dal fatto che tu non apprezzi quel colore, ma perché avrei preferito chiarire con te certe scelte. Infatti, se ti arrabbi, è perché ami Cerreto. E se scegli, tra i tanti colori che oggi rivestono Cerreto, proprio uno adoperato da me, è perché evidentemente segui con interesse i vari lavori. Ma i colori si possono sempre cambiare, certe altre scelte, purtroppo, sono irreversibili. E come tu ben sai, la prima regola del restauro e quella di non sostituire il passato col moderno con operazioni non più annullabili.

            Ma qui, come sai, non è facile trovare persone con le quali discutere serenamente. Anche le teorie del restauro, infatti, sono assoggettate alle strane “dinamiche” della politica. Se poi anche quelli che si sforzano di fare le scelte giuste si isolano e/o vengono isolate per motivi che non sto qui a rimarcare, è la fine.

            Io ho cercato, nel mio piccolo, di fare quello che tu, in grande, hai fatto con la ricerca storica. Ho raccolto e conservato tanti campioni di pittura su intonaco che conservo e cerco di analizzare per il loro riutilizzo.

Ricordo ancora quando, negli anni 80, per la prima volta, feci utilizzare il colore rosa ai fabbricati del Dr. F… in Via Cantiniera e a quello di L.... nella parte bassa di Cerreto. La gente, abituata ai colori grigi, allora di moda ma assolutamente non rientranti nella tavolozza cerretese, almeno per quel che mi risulta, criticò al punto che L… rifece la casa grigia, per poi, per fortuna, ritornare sui suoi passi e rifarla definitivamente rosa. Tra i colori originali che ancora a Cerreto non vengono utilizzati ci sono l’arancio e il celeste.

 Ora ho avuto la possibilità di utilizzare l’arancio perché tale colore era su un pezzo di intonaco sottostante il cornicione: quindi in zona protetta dalle intemperie ove la tinta  ha mantenuto le tonalità originarie. Ed io conservo pezzi di tale intonaco.

Il celeste, grazie anche al Prof. P... e alla Soprintendenza, si è ricominciato ad utilizzarlo all’interno di qualche Chiesa. Se vuoi ti faccio vedere dei vecchi campioni di tale tinta.

Lo stesso disagio avvertiamo anche quando conserviamo  vecchi portali in pietra, o pietra e tufo, rotti e/o deteriorati. E’ vero che i coppi in cotto, un portale o una finestra nuova, nell’immaginario collettivo, piacciono di più, e che il tufo è un materiale povero, ma non è proprio pensabile sostituire le vecchie pietre con altre nuove o rese nuove con la bocciardatura solo perché ”così piacciono”. Anche se manteniamo lo stesso disegno realizziamo un falso che ogni teoria del restauro bandisce. Eliminiamo infatti dal manufatto il valore aggiunto dovuto al tempo. Una volta barattavamo, con scaltri mercanti napoletani, vecchi mobili in legno con mobili nuovi: tutti oggi se ne pentono. Oggi avviene lo stesso con coppi, mattoni, travi e portoni in legno.  E’ evidente che nel recupero il gusto personale non conta. I colori, poi, essendo comunque a base di calce, almeno quelli che faccio usare io, col tempo stingono ridando una patina più usuale alle facciate.

Non pretendo di dire verità assolute, ma chiaramente questo è quanto sono riuscito a capire con anni di studi e ricerche sul territorio, dentro e fuori le ristrette mura della nostra cara Cerreto.

Con rinnovata stima per quello che hai fatto per Cerreto con le tue pazienti ricerche, ti saluto cordialmente.

Renzo Morone

 

 

     

 Valle Telesina


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