Un giusto risalto è stato dato dal Sannio di
Domenica 22 luglio all’ingresso del Comune di
San Lorenzello nel Consiglio Direttivo
dell’Associazione Italiana Città della
Ceramica.”…finalmente, scrive
l’articolista, anche San Lorenzello, seconda
patria di Nicola Giustiniani, occupa uno spazio
all’interno del Consiglio Direttivo
dell’A.I.C.C. che riunisce 36 Comuni di 15
regioni e che nacque nel 1999…”
Nulla da dire. La notizia rallegra anche chi,
come me, da sempre ha lottato perché due piccole
realtà come Cerreto e San Lorenzello, una volta
Comune unico, unissero le loro forze (e si
potrebbe fare in tanti altri settori della
pubblica amministrazione, con enormi risparmi
per le tasche dei contribuenti), per sedere al
fianco di città come Deruta, Faenza, Caltagirone
etc, ove la Ceramica è una realtà economica
trainante. E’ giusto però ricordare alcuni
passaggi che hanno reso possibile questo
miracolo, perché di miracolo si è trattato:
eliminare le rivalità di due centri “ uniti
dalla storia ma divisi dall’argilla del
Titerno”. E’ giusto ricordare che qui si è
tornati a parlare di ceramica grazie alle sudate
ricerche dei vari Don Nicola Vigliotti,
Salvatore Biondi, Giuseppina Goglia, Don
Salvatore Moffa e alle pionieristiche botteghe
di Guido Barbieri, Elvio Sagnella e Tonino
Maddonni. Ma è altrettanto giusto ricordare chi
fece tanto per superare divergenze…storiche tra
due paesi troppo vicini per non essere
campanilisticamente divisi: gli ex assessori
alla Cultura del comune di Cerreto, Lucio Rubano
prima e Franco Gismondi poi. Ricordo ancora con
orgoglio quando, a Faenza, nella costituzione
del primo consiglio direttivo dell’A.I.C.C,
Novella Calligaris, la famosa nuotatrice
olimpionica, assessore alla Cultura di Faenza ed
anima dell’Associazione, per dirimere i continui
contrasti tra Cerreto e San Lorenzello (…ma
quanti addetti al settore ceramico avete, ci
chiedeva, visto che siete così combattivi…-eravamo
invece i più piccoli!), invitò i rappresentanti
dei Comuni di San Lorenzello e di Cerreto,
nonché il sottoscritto, a riunirci nella “sala
dei matrimoni”, dalla quale saremmo usciti
“solo” dopo aver trovato la soluzione.
Ebbene, Lucio Rubano, promotore sin dalla fase
costituente dell’Associazione, con felice
intuito e dimenticando di avere la possibilità
di essere tranquillamente eletto, avendo il voto
di quasi tutti i Consiglieri, propose che
Cerreto e San Lorenzello si alternassero nel
Consiglio. La mossa fu non solo estremamente
corretta, ma anche politicamente intelligente in
quanto ha poi spiazzato sia Vietri che
Capodimonte, allora ancora non presenti
nell’Associazione. Una stretta di mano a tre
sancì un accordo, accettato da tutti, di cui
oggi si vedono i primi frutti, accordo che
dimostra, ancora una volta, che in politica
bisogna saper ascoltare e cedere qualcosa per
vincere.
Certo, l’orecchio del politico ascolta a
comando, essendo guidato da un cervello convinto
che la cultura, le teorie del restauro, le norme
sismiche, la morale, tutto sia subordinato alle
ferree (…io direi assurde!) logiche della
politica (e forse è anche per questo che molti
hanno (abbiamo) firmato l’ultimo referendum), ma
in questo caso l’assessore Rubano è stato
accorto e lungimirante, come il suo successore
Gismondi che ebbe l’intelligenza di seguire il
solco da lui tracciato. Ed entrambi non hanno
per fortuna seguito la logica di quelli che,
poi, avrebbero “politicamente” tuonato (ed oggi
sono nella Giunta Comunale a rivendicare meriti
per l’apertura di nuove botteghe!)…”vi state
svendendo la storia di Cerreto”.
La storia non si svende quando si da il giusto
riconoscimento ad un paese vicino per un
obiettivo comune, si svende la Tinta, quando ci
si rinuncia per quattro soldi, si svende il
territorio, quando vogliamo innalzare centinaia
di torri eoliche là dove i sanniti costruivano
la loro storia, si svende la nostra identità,
quando apriamo un “sorprendente” museo della
Civiltà contadina (sic!) nel Monte di Pietà, si
svende infine la nostra cultura quando
introduciamo elementi di arredo impeccabili nel
design, ma decontestualizzati, e frammentiamo
l’unicità dei nostri settecenteschi palazzi con
fasci di luce a volte addirittura asimmetrici,
variopinti e mutevoli, come se fossero
camaleontici casinò di Las Vegas. Ma questo è un
altro discorso. Da toccata e fuga. Come la mia
storia politica.
Arch. Lorenzo Morone
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