DA “IL SANNIO
QUOTIDIANO” DEL 7 MAGGIO 2009.
Una certa
difficoltà ad individuare e quantificare i
membri del direttivo “Vera Lombardi”. Ha fatto
bene a menzionare il nostro tentativo di parlare
con Lei. Solo che avrebbe dovuto dare una scorsa
al Suo cellulare. Immaginiamo che è di quelli
che registrano anche le chiamate perse. Si
sarebbe accorto che in più d’una occasione
abbiamo provato a sentirla, in più giorni, ma
senza risultato. In altre circostanze, quando
più difficoltoso era per Lei indovinare il
motivo della chiamata, non ha indugiato nel
contattarci.
Evidentemente la
preoccupazione del “ministero” che occupa alla
Rocca deve toglierle anche il sonno! Ci dispiace
davvero registrare le sue critiche.
Evidentemente s’è scordato che non è stato il
sottoscritto a candidarla in ogni dove, ma gli
amici che Lei si è scelto qualche tempo fa e con
i quali ha compiuto un percorso comune prima
d’essere scaricato…
Si legga il frutto del comunicato dei suoi ex
compagni di viaggio pubblicato a pagina 11 del
Sannio Quotidiano del 1 maggio. Ma legga tutto
il contenuto dell’articolo, non solo il titolo.
Ci meraviglia che proprio Lei, con un trascorso
giornalistico, poggi le critiche su un titolo di
giornale, dimenticando il contenuto del pezzo,
la storia di una testata. Una storia in cui Lei
stesso è stato protagonista, proprio in
contrapposizione con quelli che sarebbero “i
candidati che stiamo trattando con i guanti
bianchi!” In ogni caso se è conveniente per Lei
etichettarci, lo faccia pure… anche da
“preparato” di sinistra. Le servirà –
probabilmente - come escamotage per ravvivare la
sua aureola di “bravo” politico?
A noi non ci preoccupa minimamente… ci affidiamo
serenamente al giudizio dei lettori… Con
serietà, non certo con quel divertimento
nell’animo che Lei dice di provare nel porsi
alla guida di una quarta lista…. Noi i nostri
esami li facciamo tutti i giorni in edicola. Lei
solo saltuariamente e per giunta con la
consapevolezza di essere premiato anche con il
giudizio negativo degli elettori. La capiamo,
sa… ha di che sorridere!
(Antonio
Vecchiarelli)
Gentile dottor Vecchiarelli,
prendo atto delle Sue argute battute, che fanno
parte del diritto di cronaca e di opinione,
anche quando rischiano di sconfinare nel livore
fine a se stesso. Tuttavia non Le sfugga che se
fossi stato «preparato» e «bravo», come
politico, mi sarei da tempo scelto case più
comode di quella in cui sono entrato, per libera
convinzione, nel 1995, e che non ho abbandonato
– pur avendo avuto molte occasioni – neanche in
questa fase difficile e complessa.
Non sfuggirà alla Sua intelligenza, e alla Sua
onestà professionale, che probabilmente se
avessi scelto liste più agibili qualche
voterello in più l’avrei preso. È quello che
fanno i bravi politici. Ammetto pertanto i miei
limiti e Le dico, con estrema sincerità, che i
Suoi attestati di “stima”, per quanto graditi,
sono decisamente immeritati.
Non ricordo se Lei era già redattore del Sannio
nel 1999, quando il sottoscritto e il PRC
presentarono una lista di partito che elesse un
consigliere comunista. Parva materia, per
chi è molto più aduso alle categorie della
politica che oggi sono vincenti, e che il
sottoscritto, invece, considera spesso forme
aberranti di un esercizio che, contrariamente a
quanto da Lei ritenuto, si misura davvero
nell’agire quotidiano. Tesoro inestimabile,
invece, per chi crede che la democrazia si
costruisce un passo alla volta, producendo
sforzi inusitati a fronte di risultati spesso
minimali, soprattutto agli occhi dei rampanti e
“vincenti”.
Vede, dottor Vecchiarelli, le regole non scritte
del giornalismo Le consentono – talvolta – di
non firmare gli articoli che scrive, soprattutto
quando sono un po’ scomodi; quelle della
politica non concedono questa opportunità. Si
sia trattato di concorsi discutibili,
speculazioni edilizie o di camorra, il
sottoscritto e il suo partito ci hanno messo,
giorno su giorno, il nome, la faccia e la
storia. Se chiedessi di alzare la mano a quanti,
a Telese, possono dire lo stesso, conteremmo il
numero in un batter di ciglio.
Per questo non ho bisogno di alcun escamotage,
di alcuna scorciatoia, né di «ravvivare» la mia
aura, essendomi comunque estranea l’ «aureola».
Mi fa piacere che Lei tragga piacere
dall’esprimere giudizi sferzanti che, in tutta
evidenza, covavano da chissà quanto. Ognuno di
noi è fatto a suo modo, e si prende le
soddisfazioni che ritiene. Del resto ha
indirettamente e involontariamente dato ringhio
a tanti cani inselvatichiti, un branco randagio
che aspettava solo l’occasione di dimostrare a
che livello si è abbassata la politica.
Riporto alcune espressioni
da Lei usate: «La
preoccupazione del “ministero” che occupa alla
Rocca deve toglierle anche il sonno!»;
«Gli
amici che Lei si è scelto qualche tempo fa e con
i quali ha compiuto un percorso comune prima
d’essere scaricato»;
«la
consapevolezza di essere premiato anche con il
giudizio negativo degli elettori. La capiamo,
sa… ha di che sorridere!».
Riconosco uno stile anglosassone, distaccato,
non c’è che dire.
In effetti perdo il sonno molte volte, per
riflettere sugli errori commessi, cercare le
soluzioni ai problemi ferali che le persone in
carne ed ossa rappresentano; per smaltire il
senso di inadeguatezza che muove quando le cose
vanno diversamente da quello per cui si lotta,
si lavora, si spera. Al cronista tutto questo
interessa poco, non essendo res politica.
Non è colpa del giornalista, lo so, se la
politica è ridotta a poltrone, prebende,
giochetti. Né il cronista è tenuto ad alzarsi
dalla scrivania per verificare quanto si scavi
il volto di chi perde il sonno e di sorridere
non ha voglia affatto, come invece Lei
erroneamente ritiene.
Da parte mia, non mi crogiolo del fatto di
essere il primo assessore telesino della
Provincia, e forse l’unico (ma potrei sbagliare)
comunista; né mi rammarico eccessivamente per il
fatto che questo risulti indigesto a molti.
Cerco di fare la mia parte, verificando
quotidianamente se la scelta di Cimitile è stata
giusta o sbagliata. Le persone sanno formarsi la
propria opinione in merito.
Sono caduto molte volte, dottor Vecchiarelli, ed
ogni volta ho trovato la forza di rimetter
dritta la schiena, anche se più indolenzito e
infiacchito di prima. Ne approfitto per studiare
da invincibile. Perché, secondo Erri De Luca,
«l’invincibile non è chi sempre vince, ma chi
mai si fa scoraggiare dalle sconfitte ed è
pronto a rimettersi in piedi e a battersi di
nuovo».
Del resto, ognuno di noi si sottopone al
giudizio degli altri e di se stessi, nel lavoro,
nella vita, nella passione politica. Direbbe
Sartre che gli uomini liberi sono esposti al
vento della storia. Ma noi non siamo così seri:
apparteniamo alla cronaca, ai cronisti.
9 maggio 2009
Gianluca Aceto
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