27 novembre 2007
Caso De Magistris: Travaglio al Parlamento Europeo
dal blog di Beppe Grillo

 

 

 

Intervento di Marco Travaglio al Parlamento Europeo

13 novembre 2007

 

Beppe Grillo: Adesso cedo la parola al vero ministro della Giustizia italiano: Marco Travaglio.

 

Marco Travaglio:

 

Così non posso più parlare di Mastella perché sembra lo faccia pro domo mea!

In realtà volevo semplicemente darvi la cronologia dei fatti che sono accaduti intorno alle indagini condotte da De Magistris, che oggi non le conduce più perché gli sono state scippate.

 

Forse può essere interessante vedere la scansione temporale di quello che è accaduto per rendersi conto anche della trasformazione che sta subendo il rapporto tra la politica, in particolare il governo, e la magistratura in seguito a una serie di riforme, di prassi, di comportamenti, che soltanto qualche anno fa sarebbero stati totalmente impensabili.

 

Noi, fino a qualche anno fa, eravamo famosi in Europa per avere la magistratura più autonoma e indipendente – e costituzionalmente parlando è ancora così – e si è riusciti a manomettere questa indipendenza e autonomia senza sfiorare la Costituzione, cambiando semplicemente le leggi ordinarie e soprattutto le prassi, e convincendo una parte della magistratura che non è il caso di mettersi in frizione con il potere politico con determinati tipi di indagine, come quelle di cui parlava prima il Dott. De Magistris.

 

Come molti di voi sapranno, l’Italia non ha una grande tradizione di ministri della Giustizia ma negli ultimi anni esagera, nel senso che ha avuto due fra i peggiori ministri della giustizia della sua Storia: l’ingegner Roberto Castelli, esperto in abbattimento di rumori autostradali, divenuto ministro nel 2001 e durato ben cinque anni, autore di alcune tra le leggi più incredibili mai viste – quasi tutte cassate dalla Corte Costituzionale perché incostituzionali – o scritte da lui o avallate dal suo operato; dopo cinque anni di questo genere è stato sostituito da Clemente Mastella.

 

A memoria d’uomo non era mai stato visto nulla di simile: Mastella sta in Parlamento da trentun’anni, è stato testimone di nozze, nel 2000, del braccio destro di Bernardo Provenzano, Francesco Campanella, l’uomo che fornì a Provenzano i documenti falsi per andare in Francia a operarsi di prostata. Campanella era il segretario dei giovani dell’Udeur. All’epoca, l’attuale ministro della giustizia gli fece da testimone di nozze insieme all’attuale governatore di Sicilia Salvatore Cuffaro: il mafioso si sposa e alla sua destra c’è il futuro ministro della Giustizia mentre alla sua sinistra il futuro governatore della Sicilia.

 

Con questo pedigree è diventato ministro della giustizia; ha una famiglia numerosa in parte a carico dei contribuenti, come ha dimostrato recentemente l’Espresso in un’inchiesta che non ha avuto smentite, non ha sortito alcun risultato né in Parlamento né al governo. Spulciando nei bilanci del giornale ufficiale del partito del ministro Mastella, “Il Campanile”, si è scoperto che questo – finanziato dallo Stato italiano con circa un milione e trecentomila euro all’anno vendendo, comprensibilmente, poche centinaia di copie – si occupa di pagare Mastella nel 2005 con 40.000 euro per compensi giornalistici e di stornare 14.000 euro per i panettoni e i torroncini che la famiglia Mastella invia come regali di Natale a spese degli italiani.

 

Ci sono poi 12.000 euro per lo studio legale del figlio del ministro, 36.000 per le polizze di assicurazione dello stesso figlio. Potete controllare, è tutto documentato sull’Espresso di due settimane fa a firma di un giornalista molto bravo: Marco Lillo. Viaggi aerei della famiglia e, dulcis in fundo, 2000 euro al mese al benzinaio di Ceppaloni, paese della provincia di Benevento, dove il figlio del ministro fa il pieno al suo Porsche Cayenne che consuma parecchio.

 

A un certo punto i destini del ministro Mastella e del Dott. De Magistris si incrociano perché in una delle tre importanti inchieste che conduce il magistrato – una riguarda episodi di collusioni e insabbiamenti della magistratura in Basilicata dal nome “Toghe Lucane”, un’altra si chiama “Poseidone” e riguarda il dio dei mari sporchi della Calabria e dei depuratori inesistenti pagati con denaro pubblico, la terza è “Why Not” e riguarda questo intrico di società che coinvolgono i politici e gli interessi forti tramite loro parenti o prestanome – in questa terza indagine si aggirano alcuni personaggi che hanno ottimi rapporti con gran parte della politica nazionale italiana, tra i quali anche il ministro Mastella.

 

La legge sull’ordinamento giudiziario approvata lo scorso anno dal Parlamento italiano, ereditata dal governo Berlusconi, ministro Castelli, e lasciata pressoché intatta dal governo Prodi, ministro Mastella, concede al ministro della Giustizia un potere che prima gli era negato: quello di chiedere al Consiglio Superiore della Magistratura il trasferimento urgente in via cautelare dei magistrati anche a prescindere dall’accertamento di loro eventuali responsabilità disciplinari.

 

La scansione temporale di questa inchiesta è la seguente: nel marzo di quest’anno il Procuratore capo di Catanzaro toglie a De Magistris la prima delle sue inchieste, “Poseidone” riguardante i depuratori mai fatti. Ha un discreto conflitto di interessi su questa decisione perché il principale indagato dell’inchiesta “Poseidone” è un deputato di Forza Italia, Giancarlo Pittelli, socio di studio del figlio della convivente del Procuratore Lombardi. Questo accade a marzo.

 

Nel mese di luglio, nell’altra inchiesta, “Why not”, viene iscritto nel registro degli indagati il nome di Romano Prodi a proposito di alcuni telefonini in uso ad alcuni suoi collaboratori, in parte indagati: per andare a vedere chi usa quei telefonini la Procura prende questa decisione. Prodi si comporta correttamente: evita di attaccare la magistratura, cosa che in Italia non accade mai, e dice di essere sereno e di attendere con tranquillità le decisioni dei magistrati.

 

Passa l’estate. Il 21 settembre, quando ormai tutti sanno che gli investigatori si stanno occupando attivamente del ruolo avuto da Mastella e delle sue telefonate intercettate con due dei principali indagati cioè uno dei principali capi della Compagnia delle Opere – il ramo finanziario di Comunione e Liberazione, organizzazione cattolica molto potente – e un vecchio arnese della Loggia P2, già condannato per la maxitangente Enimont Pisignani, il ministro Mastella chiede al Consiglio Superiore della Magistratura il trasferimento urgente in via cautelare di De Magistris. Avendo da un anno questo potere, su chi decide di sperimentarlo? I magistrati in Italia sono 9000 e chiede il trasferimento del Pubblico Ministero che indaga su di lui e sul Presidente del Consiglio. Uno a caso su 9000.

 

Poi, per non aver vigilato e non avergli tolto prima anche quell’inchiesta, chiede anche il trasferimento del suo capo, colpevole di aver sottratto solo l’inchiesta che riguardava il socio del figlio della sua convivente. Il CSM non ritiene che ci siano questi requisiti di urgenza, tant’è che rinvia la decisione a dicembre. Mastella, sempre più preoccupato per queste indagini, corrobora la richiesta di trasferimento con nuove carte arrivate dagli ispettori del suo ministero che da tre anni stazionano quasi in permanenza alla Procura di Catanzaro per occuparsi del Pubblico Ministero De Magistris.

 

Arrivano al CSM anche carte che contestano l’operato di De Magistris proprio sull’indagine che riguarda Mastella. Mastella, nel frattempo, è andato in Parlamento a dire che non ha chiesto il trasferimento di De Magistris per l’indagine che lo riguarda ma per un’altra: mente spudoratamente perché quando arrivano le carte degli ispettori, si capisce che riguardano anche l’indagine nella quale si parla di Mastella.

 

Il 14 ottobre di quest’anno De Magistris iscrive Mastella nel registro degli indagati per truffa all’Europa, truffa allo Stato italiani, finanziamento illecito e abuso. Due giorni dopo, la notizia che è segretissima viene pubblicata da un quotidiano italiano il cui ex vice direttore è molto legato ai servizi segreti, tant’è che prendeva soldi dal servizio segreto militare. Sul quotidiano “Libero” c’è questa fuga di notizie che lo stesso giorno provoca un effetto devastante: il Procuratore Generale di Catanzaro, Dott. Dolcino Favi, decide, avendo saputo che De Magistris ha iscritto Mastella sul registro degli indagati di togliergli l’inchiesta con il meccanismo della avocazione. Il motivo è che visto che Mastella ha chiesto il trasferimento di De Magistris, allora questo ce l’ha con Mastella quindi non può più indagare su di lui.

 

E’ qualcosa che riguarda la novella di Fedro “Il lupo e l’agnello”: il lupo sta sopra, l’agnello sotto e lupo accusa l’agnello di intorbidargli l’acqua del ruscello. L’agnello gli dice “ma io sono sotto, come faccio?” e l’altro gli risponde “però anni fa mi hai insultato!”. L’agnello replica: “Ho sei mesi di vita, è impossibile”, e il lupo: “Allora sarà stato tuo padre” e se lo mangia.

 

La stessa argomentazione, al contrario, viene utilizzata per avocare l’indagine: De Magistris lavora da mesi su Mastella, Mastella chiede di trasferirlo quindi gli levano l’indagine dicendo “Ha chiesto di trasferirti, quindi ce l’hai con lui!”. Gli portano via il fascicolo dalla cassaforte mentre è assente, mandano la posizione stralciata di Mastella al Tribunale dei Ministri di Roma – è notizia di oggi che lo stesso Tribunale ha dichiarato di non essere competente rimandando le carte a Catanzaro – e a questo punto Mastella dichiara che De Magistris ha deciso di indagare su di lui apposta, per farsi togliere l’inchiesta e fare il martire.

 

Questo è sempre il ministro della Giustizia italiano nell’esercizio delle sue funzioni; sembra incredibile a chi non è italiano ma noi abbiamo un ministro della Giustizia così. Nel frattempo, al consulente tecnico che ha scoperto i rapporti telefonici tra i vari indagati, compreso Mastella, viene revocato l’incarico dal Procuratore Generale Dolcino Favi il quale, in realtà, è semplicemente un reggente: sta sostituendo un altro che è andato via in attesa che il Consiglio Superiore della Magistratura ne nomini un altro.

 

Cosa che accade, ma il reggente, che a questo punto è un autoreggente, continua imperterrito a prendere decisioni che, forse, sarebbe meglio lasciare al titolare in arrivo. Per completare l’opera, l’Arma dei Carabinieri caccia il Capitano Zaccheo che stava conducendo una delle indagini più importanti, l’unica rimasta nelle mani di De Magistris ovvero l’indagine “Toghe Lucane”.

 

L’imbarazzo del governo è enorme, perché cercare di cacciare l’unico magistrato che indaga sul capo del governo e sul ministro della Giustizia è una cosa che anche i più tonti capiscono essere ben peggio di quello che aveva cercato di fare, non riuscendoci, il governo Berlusconi. L’ultimo atto di questa gravissima pantomima è la decisione della Cassazione sul ricorso presentato da De Magistris contro l’avocazione dell’indagine “Why not”: la Cassazione risponde che non è ammissibile esaminare questo ricorso perché non lo deve presentare il Pubblico Ministero che si è visto scippare l’indagine ma il Procuratore Capo che gli ha sottratto l’altra e firmato l’avocazione di questa.

 

Se avete presente il romanzo di Heller Comma 22, nel comma 22 si stabilisce che per essere esonerati dai voli di guerra bisogna essere matti ma chi chiede l’esonero non può essere matto perché sono matti quelli che li fanno, i voli di guerra. Le motivazioni addotte a giustificazione di tutti i passaggi che vi ho elencato ricordano molto il paradosso di Joseph Heller.

 

Vi ho detto che il Tribunale dei Ministri ha riconosciuto che il Procuratore autoreggente Favi non doveva mandare l’indagine a Roma perché non se ne fanno nulla. Vi leggo per concludere quello che scrive un magistrato di Palermo che fotografa così la situazione dei rapporti tra giustizia e politica, anno domini 2007 regnante il centrosinistra:

 
“Il ministro, utilizzando questo nuovo potere di chiedere il trasferimento dei magistrati, ha contribuito a creare quel processo a tappe di spoliazione delle inchieste il cui titolare era De Magistris. Utilizzando il grimaldello della legge, la questione De Magistris è diventata una vicenda pilota che mostra i guasti della riforma Mastella. Anche il potere di avocazione, che c’è sempre stato, oggi diventa uno strumento di normalizzazione della magistratura. Ai tempi del governo Berlusconi, dell’attacco all’autonomia e all’indipendenza della magistratura, nessuno si era azzardato ad usare lo strumento dell’avocazione di determinate inchieste. Oggi si sta creando nella magistratura un processo progressivo di omologazione, uno degli obiettivi si quali ha puntato la politica. C’è una trasversale insofferenza nei confronti dell’azione di controllo di legalità svolta dai magistrati che rispettano la Costituzione e applicano la legge uguale per tutti”.

Antonio Ingroia, Procuratore Antimafia a Palermo.

 

 

 

 

     

  Il Crogiuolo


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