intervento riferito a: Limatola, finisce il mito della Svizzera del Sud

 

 

9 giugno 2009
Flaviano Di Santo risponde a Di Lorenzo

Flaviano Di Santo

 

 

Gentile ing. De Lorenzo


Ho letto la sua amara constatazione sull’economia di Limatola e mi accingo a qualche riflessione personale. Io non sono un imprenditore e neanche un esperto di economia o politiche sociali, mi limito quindi all’osservazione di comune cittadino. Cerco di sintetizzare, per semplificare la sua analisi: qualche anno fa andava tutto a gonfie vele, oggi no e la colpa è della politica. Se anche lei, si è preso come me un’intossicazione epatica leggendo il lavoro editoriale di Rizzo-Stella, non è difficile arrivare a conclusioni diverse e lei vivendole da protagonista, avrà ragioni ancora più dirette. Non c’è dubbio che la mentalità con cui si fa politica è assolutamente diversa dal fare impresa e se quella dell’imprenditore è rimasta la stessa di un tempo, a cambiare deve essere stato il modo di fare politica. Ma lei, crede davvero che la nostra classe politica sia in grado di teorizzare un progetto di smantellamento industriale e poi renderlo esecutivo ? Ma se la classe politica nel suo insieme, fosse capace realmente di fare questo, qual è il suo tornaconto? Mi sembrerebbe logico che, in un disegno così perverso, il tornaconto ci sarebbe con un’economia attiva, non le pare?

Io credo che comunemente commettiamo l’errore di identificare nella classe politica, tutti i politici e dall’altra parte, la classe produttiva in cui ci stiamo tutti i lavoratori, dirigenti e imprenditori. Commettiamo anche l’errore, a mio avviso, di usare il concetto del comune di residenza, provincia, nazione, ecc. in funzione della convenienza del nostro ragionamento e non del suo valore assoluto. Spero di essere più chiaro nel prendere spunto da un suo esempio. A Limatola, l’economia è in regresso, le industrie chiudono, i campi sono improduttivi. La causa? Sono i suoi amministratori, d’accordo con Provincia e Regione che naturalmente, sono in linea col Parlamento Italiano e quello Europeo. Troppo riduttivo secondo me. Ci siamo mai chiesti da dove proviene il 70% di quello occorrente al mantenimento del nostro tenore di vita che, (ammettiamolo) siamo nel 20% di quelli che se la passano meglio sul pianeta Terra? La sua industria funzionerebbe a legna di faggio del Taburno? E per quanto tempo? Siamo in grado di progettare, e costruire un telefonino o un pc con le risorse  della Campania Felix? Lei, non si sente (come me ovviamente) un po privilegiato ad usare 20 litri d’acqua potabile per pulire il water dalla plin-plin che facciamo per bere un’acqua (quella ce l’abbiamo qui e manco la usiamo) che solo un’alpinista come Messner potrebbe raggiungere? Nello stesso istante in cui io e lei premiamo il pulsante dello sciacquone, qualche miliardo di persone si disseta con l’acqua delle pozzanghere…

Lei crede che potremo permetterci il lusso di respirare (ripeto respirare) se un miliardo di cinesi, avesse lo stesso diritto di un metalmeccanico italiano in cassa integrazione? Comprerebbe subito una panda usata, un plasma a rate ed un telefonino in comodato d’uso. Per far fronte a questa richiesta di mercato, faccia un po lei i conti di quanto petrolio servirebbe. E non ci sono solo i cinesi…almeno3- 4 miliardi di persone (esseri umani) vivono con meno di 100 dollari al mese.

Ma questi non sono di Limatola (o della Valle Telesina) e la cosa non ci sfiora nemmeno. Ne a lei ne a me. Conosce qualche imprenditore o impiegato come me che se ne preoccupa?  Eppure devo ammettere che per altri la cosa non è indifferente. Parlo di ONU per la politica, di associazioni ONLUS nella società civile,  di live8 nella musica ecc e sarebbe bello (oltre che giusto) se anche io e lei, provassimo solo a fare una riflessione sulla nostra condizione planetaria, prima che della cittadina in cui viviamo.

Non mi permetto di trarre conclusioni che sarebbero comunque imprecise, per preparazione e per cultura ma, se qualcosa non sta andando come un tempo, qualche conticino con quel parolone grosso e misterioso dobbiamo pur farlo: globalizzazione…ma torniamo nella valle telesina.  A me non preoccupa tanto che i campi siano incolti e le fabbriche chiudono. Preoccupa moltissimo constatare che pur senza produrre, conduciamo tutti un tenore di vita superiore a quando si era produttivi. Preoccupa il fatto di avere la consapevolezza di consumare risorse che vengono da luoghi in cui non ci si avvantaggia socialmente. In poche parole penso che, attraverso un complesso meccanismo universale, io sia passato dalla condizione di produrre quello che consumo a quella di sfruttare zone del pianeta ‘sottosviluppate’, ripagandole con coca-cola e dolce&gabbana.

Se stessero buoni per tutta la vita, la cosa non preoccuperebbe nessuno ma…se quella parte del pianeta s’incazza? Io sinceramente, m’incazzerei moltissimo se succhiassero l’oro nero sotto i miei piedi e non riuscissi a  sfamare i miei figli.

Il nostro è sempre stato (fortunatamente) un mondo in ‘movimento’…negli ultimi tempi le cose cambiano solo più velocemente ma credo sia sempre un errore riferirsi al passato come modello da imitare. E’ solo romantico ma è sul futuro che bisogna puntare e cercare sempre nei suoi aspetti positivi che emergono ‘pensando’ al passato e non adagiarsi su di esso. Gli imprenditori come lei, sono l’ossatura di una società, perché gli unici capaci di trasformare le risorse disponibili in reali esigenze. Io, non me la prenderei con il politico, perché se fossi Marchionne, con tutto l'affetto, ma non metterei uno stabilimento a Limatola. Proverei a dimostrargli che lei è il primo a sapersi adeguare ai tempi ad individuare nuove risorse , nuove strategie e sono convinto che pur essendoci innegabilmente dei disonesti, ci sono altri disposti a fare bene la loro parte. So che non è facile…se lo fosse, farei parte anch’io della sua categoria.

 

 

     

 Valle Telesina


Per intervenire: invia@vivitelese.it