Gentilissime signore Cutillo e Mucci,
la
vostra breve lettera al signor Corbo, che certo
non ha bisogno della mia difesa, mi ha colpito
per la chiara riproposta di argomenti già più
volte esaminati nei nostri frequenti dibattiti
indiretti (e non).
Naturalmente qui non è in gioco la convinzione
circa valori, o fatti, ma un’azione concreta.
Quindi concreti interessi e desideri.
I
miei sono noti ed evidenti, non faccio nulla per
nasconderli: sono uno dei consulenti del
proponente, è il mio lavoro, cerco di farlo con
convinzione e passione, oltre che con
professionalità, competenza e saggezza. Potrei
fare molti lavori ed occuparmi di molte cose,
faccio questo perché credo che sia utile e
necessario ristrutturare profondamente il nostro
modello di sviluppo e il suo cuore: il modello
energetico. Oggi produciamo oltre l’80 %
dell’energia termica ed elettrica facendo un uso
dissennato, squilibrante, ineguale e iniquo
delle risorse fossili del pianeta. Tra l’altro
in questo modo immettiamo in atmosfera gas
climalteranti che furono sottratti milioni di
anni fa, modificando l’equilibrio termico che è
il primario bene comune (tale alterazione è tra
l’altro la causa della perdita di fertilità
agricola e dell’aggravarsi della fame nel
mondo). Inoltre teniamo acceso il motore delle
guerre di sopraffazione e rapina che la nostra
parte del mondo
compie
sulle altre.
Superare tale modello, stupido e ingiusto, non
sarà facile. Un intero mondo è costruito su di
esso: decine di migliaia di miliardi di euro di
investimenti accumulati nel tempo; carriere e
competenze, intere discipline scientifiche e
tecniche si sono sviluppate per ottimizzare il
ciclo del petrolio; aziende quasi onnipotenti
con assetti multinazionali pervasivi e
grandissime capacità di convinzione e
mistificazione; l’immenso potere dell’abitudine.
Tutto cospira per non mutare lo status quo. Il
petrolio, si dice, non finirà in tutto il nostro
secolo (troveremo altri depositi, poi useremo
gli ultrapesanti, le sabbie bituminose, …);
quindi potremo adoperare il nucleare di
terza-quarta generazione e poi sul finire del
secolo la fusione (calda); qualcun altro dice
che bisogna solo risparmiare o solo decrescere
(come è evidente lo stiamo facendo da quasi un
anno, non sembriamo molto contenti).
Io
credo che bisogna spostare gli equilibri
consolidati e valorizzare altre risorse. Tutte.
Cercare di passare dall’80 % al 70, 60, 50, …
arrivare a metà del secolo al 50 e poi andare
oltre. Bisogna farlo per il riscaldamento
globale, ma anche per cambiare il modello
distributivo e alleviare le tensioni del mondo.
Dopo aver combattuto e vinto (o perso) la II
guerra mondiale per il petrolio, aver
combattuto, per tutto il resto del secolo, la
III a bassa intensità (si fa per dire), aver
aperto la transizione di secolo con la I e II
guerra irachena (contro il “mostro” seduto sul
petrolio) e vedere esercizi iraniani in corso,
bisogna staccare la spina. Per staccarla bisogna
produrre energia distribuita, dal sole, dal
vento, dalle maree, dalle biomasse, dalla terra,
dagli scarti e sottoprodotti… Tutta l’energia
che si può, perché non sarà mai abbastanza.
Questi sono, nella necessaria sintesi, i miei
interessi e desideri. Il mio lavoro.
Quali sono i vostri? Perché vi sta “a cuore” la
vicenda e avete fatto “enormi sacrifici
personali”? Certo la vicenda è una bella arena,
induce senso di comunità e spirito di gruppo,
questo è emozionante e gratificante. Spiega
l’intonazione affettiva e coinvolgente dei
vostri interventi. Spiega anche qualche
forzatura polemica che nelle conversazioni
private non sempre emerge. Diventare leader
locale di una grande battaglia per la democrazia
e la libertà è straordinario. Può esserlo tanto
più in una comunità come la vostra. Questa è una
parte della spiegazione che mi do per capire.
Ma
non credo ci sia solo questo: se non sbaglio
alcuni dei “cittadini attivi” abitano a
brevissima distanza dal luogo del potenziale
impianto. Come sa credo chiunque, un impianto
termico con un alto camino ha effetti per
ricadute di fumi di combustione principalmente a
qualche chilometro di distanza. L’effetto temuto
credo sia più concreto: la perdita dei valori
immobiliari potenziali. Perché non dirlo? Se si
ha paura che gli investimenti di una vita siano
danneggiati da una iniziativa industriale,
perché parlare solo di “democrazia” e “salute”?
Forse perché è un argomento egoistico? Di dubbia
legittimità? Quando infatti con fondi pubblici,
o privati, si fa una strada o un’infrastruttura
(es. un parcheggio, un centro commerciale, un
cinema o teatro, un centro sportivo) che aumenta
il valore immobiliare delle aree limitrofe
allora nessuno protesta, tutti “portano a casa”.
Quando un’opera legittima e di pubblico
interesse (se non altro del pianeta) rischia di
danneggiare un interesse concreto allora diventa
un “attacco alla democrazia”.
Proviamo a dare alle cose il loro nome?
Cambiando argomento, e scusandomi per la
veemenza dalla quale a volte mi lascio
trascinare, mi spiegate perché “di certo non è
una centrale a biomassa”? Qui bisognerebbe
mettersi d’accordo, altri dicono che deve fare
la procedura energetica (che io ho proposto di
non fare nel 2005) perché tutti gli scarti
richiesti sono biomasse. Tutti gli scarti sono
rifiuti. Quindi è un inceneritore, ma non vi
stancate di giocare con le parole? È un impianto
industriale che trasforma legna vergine e di
scarto (cioè al termine del suo ciclo di
utilizzo) in energia elettrica e termica.
Ma
soprattutto: in che stato e struttura di governo
vivete? In un paese nel quale assemblee
autoconvocate decidono per acclamazione di tutte
le questioni tecniche, politiche, distributive,
morali?
Un
simile paese non fa parte della tradizione
occidentale. Non è democratico, ma populista
(anzi è la macchietta del populismo). I
cittadini sono comproprietari del territorio o
decidono del suo ‘uso’ solo nelle forme
stabilite dall’ordinamento e secondo le
procedure sancite democraticamente.. Secondo i
vincoli della legge ed il rispetto dei diritti
istituiti (tra cui quello dell’impresa), un
progetto industriale è tenuto a presentarsi ai
cittadini nelle forme previste dalla legge, che
nel caso di Vocem sono state integralmente
rispettate. Poi, volontariamente, può andare
oltre e fare eventi, presentazioni,
pubblicazioni. Ma non è un obbligo e non inficia
la legittimità dell’iniziativa. Vi invito a
leggere con attenzione “Fatti e Norme” di Jurgen
Habermas. Quando volete ne parliamo nel
dettaglio, era in effetti oggetto della mia tesi
di dottorato in pianificazione del territorio.
Un
progetto corretto e legittimo dialoga, nelle
forme dovute, con il Presidente della Provincia
in carica, con i suoi delegati e quelli del
Presidente della Provincia di Bergamo, dialoga o
comunica - se può e vuole- con il Presidente
della Regione Campania in carica e avvia l’iter
chiedendo al sindaco in carica e all’assessore
al ramo. O forse deve solo parlare con lei,
signora Cutillo e lei, signora Mucci?
Se
l’impianto è “invasivo e deleterio per le
persone”, se permettete, signore, lo decideranno
le sedi competenti e non un’assemblea
autoconvocata e nella quale, peraltro chi non è
d’accordo –come me- viene minacciato fisicamente
di botte se vuole civilmente (lei sa, signora
Cutillo che io lo sono sempre) parlare. Sui
codici CER, avete studiato troppo e siete troppo
intelligenti per non sapere che i codici europei
dei rifiuti classificano come “speciali” tutti
gli scarti che non sono di provenienza “urbana”.
Trattare rifiuti speciali significa solo
trattare rifiuti non urbani.
Comunque sono curioso: in che senso è
“antieconomico”? Perché è incentivato? In questo
mondo nel quale viviamo è “economico” solo il
petrolio, il carbone ed il gas. Quindi la vostra
posizione è, in definitiva: nessuna fonte
rinnovabile, restiamo come stiamo. L’energia
elettrica facciamola solo quando è economico
nelle condizioni date dal mercato (cioè con il
gas in una turbogas e il carbone in una grande
centrale).
Mi
permetto di non essere d’accordo.
Chiudo, anche se ci sarebbe molto altro da dire,
con la richiesta all’arbitro di un cartellino
“giallo” ed uno “rosso”: va tutto bene, si può
non essere della stessa opinione o difendere gli
stessi interessi, si può essere avversari e fare
di tutto per far prevalere la propria volontà e
desiderio, non bisogna perdere il rispetto. Non
mi sono piaciuti alcuni passaggi: per definire
qualcuno (soprattutto un giornalista) in “mala
fede” bisogna essere certi. Se “sembra”, cioè
non si è sicuri, è meglio astenersi e rispondere
nel merito, non credete?
Accusare, senza avere prove e presentarle,
persone incaricate di pubblico servizio, come un
sindaco o un assessore, di aver tentato senza
successo di farsi corrompere e di aver cambiato
posizione perché non si è trovato un accordo di
tale natura merita invece il “cartellino rosso”.
Credo che se fossi coinvolto personalmente il
mio avvocato avrebbe del lavoro (che di questi
tempi è sempre benvenuto). |