Intervento riferito a: Repubblica su inceneritore: inesattezze e bugie

 

 

8 giugno 2009
Inceneritore, "Energia, interessi e democrazia"
Alessandro Visalli

 

 

 

Gentilissime signore Cutillo e Mucci,

 

la vostra breve lettera al signor Corbo, che certo non ha bisogno della mia difesa, mi ha colpito per la chiara riproposta di argomenti già più volte esaminati nei nostri frequenti dibattiti indiretti (e non).

 

Naturalmente qui non è in gioco la convinzione circa valori, o fatti, ma un’azione concreta. Quindi concreti interessi e desideri.

 

I miei sono noti ed evidenti, non faccio nulla per nasconderli: sono uno dei consulenti del proponente, è il mio lavoro, cerco di farlo con convinzione e passione, oltre che con professionalità, competenza e saggezza. Potrei fare molti lavori ed occuparmi di molte cose, faccio questo perché credo che sia utile e necessario ristrutturare profondamente il nostro modello di sviluppo e il suo cuore: il modello energetico. Oggi produciamo oltre l’80 % dell’energia termica ed elettrica facendo un uso dissennato, squilibrante, ineguale e iniquo delle risorse fossili del pianeta. Tra l’altro in questo modo immettiamo in atmosfera gas climalteranti che furono sottratti milioni di anni fa, modificando l’equilibrio termico che è il primario bene comune (tale alterazione è tra l’altro la causa della perdita di fertilità agricola e dell’aggravarsi della fame nel mondo). Inoltre teniamo acceso il motore delle guerre di sopraffazione e rapina che la nostra parte del mondo compie sulle altre.

 

Superare tale modello, stupido e ingiusto, non sarà facile. Un intero mondo è costruito su di esso: decine di migliaia di miliardi di euro di investimenti accumulati nel tempo; carriere e competenze, intere discipline scientifiche e tecniche si sono sviluppate per ottimizzare il ciclo del petrolio; aziende quasi onnipotenti con assetti multinazionali pervasivi e grandissime capacità di convinzione e mistificazione; l’immenso potere dell’abitudine. Tutto cospira per non mutare lo status quo. Il petrolio, si dice, non finirà in tutto il nostro secolo (troveremo altri depositi, poi useremo gli ultrapesanti, le sabbie bituminose, …); quindi potremo adoperare il nucleare di terza-quarta generazione e poi sul finire del secolo la fusione (calda); qualcun altro dice che bisogna solo risparmiare o solo decrescere (come è evidente lo stiamo facendo da quasi un anno, non sembriamo molto contenti).

 

Io credo che bisogna spostare gli equilibri consolidati e valorizzare altre risorse. Tutte. Cercare di passare dall’80 % al 70, 60, 50, … arrivare a metà del secolo al 50 e poi andare oltre. Bisogna farlo per il riscaldamento globale, ma anche per cambiare il modello distributivo e alleviare le tensioni del mondo. Dopo aver combattuto e vinto (o perso) la II guerra mondiale per il petrolio, aver combattuto, per tutto il resto del secolo, la III a bassa intensità (si fa per dire), aver aperto la transizione di secolo con la I e II guerra irachena (contro il “mostro” seduto sul petrolio) e vedere esercizi iraniani in corso, bisogna staccare la spina. Per staccarla bisogna produrre energia distribuita, dal sole, dal vento, dalle maree, dalle biomasse, dalla terra, dagli scarti e sottoprodotti… Tutta l’energia che si può, perché non sarà mai abbastanza.

 

Questi sono, nella necessaria sintesi, i miei interessi e desideri. Il mio lavoro.

 

Quali sono i vostri? Perché vi sta “a cuore” la vicenda e avete fatto “enormi sacrifici personali”? Certo la vicenda è una bella arena, induce senso di comunità e spirito di gruppo, questo è emozionante e gratificante. Spiega l’intonazione affettiva e coinvolgente dei vostri interventi. Spiega anche qualche forzatura polemica che nelle conversazioni private non sempre emerge. Diventare leader locale di una grande battaglia per la democrazia e la libertà è straordinario. Può esserlo tanto più in una comunità come la vostra. Questa è una parte della spiegazione che mi do per capire.

 

Ma non credo ci sia solo questo: se non sbaglio alcuni dei “cittadini attivi” abitano a brevissima distanza dal luogo del potenziale impianto. Come sa credo chiunque, un impianto termico con un alto camino ha effetti per ricadute di fumi di combustione principalmente a qualche chilometro di distanza. L’effetto temuto credo sia più concreto: la perdita dei valori immobiliari potenziali. Perché non dirlo? Se si ha paura che gli investimenti di una vita siano danneggiati da una iniziativa industriale, perché parlare solo di “democrazia” e “salute”? Forse perché è un argomento egoistico? Di dubbia legittimità? Quando infatti con fondi pubblici, o privati, si fa una strada o un’infrastruttura (es. un parcheggio, un centro commerciale, un cinema o teatro, un centro sportivo) che aumenta il valore immobiliare delle aree limitrofe allora nessuno protesta, tutti “portano a casa”. Quando un’opera legittima e di pubblico interesse (se non altro del pianeta) rischia di danneggiare un interesse concreto allora diventa un “attacco alla democrazia”.

 

Proviamo a dare alle cose il loro nome?

 

Cambiando argomento, e scusandomi per la veemenza dalla quale a volte mi lascio trascinare, mi spiegate perché “di certo non è una centrale a biomassa”? Qui bisognerebbe mettersi d’accordo, altri dicono che deve fare la procedura energetica (che io ho proposto di non fare nel 2005) perché tutti gli scarti richiesti sono biomasse. Tutti gli scarti sono rifiuti. Quindi è un inceneritore, ma non vi stancate di giocare con le parole? È un impianto industriale che trasforma legna vergine e di scarto (cioè al termine del suo ciclo di utilizzo) in energia elettrica e termica.

 

Ma soprattutto: in che stato e struttura di governo vivete? In un paese nel quale assemblee autoconvocate decidono per acclamazione di tutte le questioni tecniche, politiche, distributive, morali?

 

Un simile paese non fa parte della tradizione occidentale. Non è democratico, ma populista (anzi è la macchietta del populismo). I cittadini sono comproprietari del territorio o decidono del suo ‘uso’ solo nelle forme stabilite dall’ordinamento e secondo le procedure sancite democraticamente.. Secondo i vincoli della legge ed il rispetto dei diritti istituiti (tra cui quello dell’impresa), un progetto industriale è tenuto a presentarsi ai cittadini nelle forme previste dalla legge, che nel caso di Vocem sono state integralmente rispettate. Poi, volontariamente, può andare oltre e fare eventi, presentazioni, pubblicazioni. Ma non è un obbligo e non inficia la legittimità dell’iniziativa. Vi invito a leggere con attenzione “Fatti e Norme” di Jurgen Habermas. Quando volete ne parliamo nel dettaglio, era in effetti oggetto della mia tesi di dottorato in pianificazione del territorio.

 

Un progetto corretto e legittimo dialoga, nelle forme dovute, con il Presidente della Provincia in carica, con i suoi delegati e quelli del Presidente della Provincia di Bergamo, dialoga o comunica - se può e vuole- con il Presidente della Regione Campania in carica e avvia l’iter chiedendo al sindaco in carica e all’assessore al ramo. O forse deve solo parlare con lei, signora Cutillo e lei, signora Mucci?

 

Se l’impianto è “invasivo e deleterio per le persone”, se permettete, signore, lo decideranno le sedi competenti e non un’assemblea autoconvocata e nella quale, peraltro chi non è d’accordo –come me- viene minacciato fisicamente di botte se vuole civilmente (lei sa, signora Cutillo che io lo sono sempre) parlare. Sui codici CER, avete studiato troppo e siete troppo intelligenti per non sapere che i codici europei dei rifiuti classificano come “speciali” tutti gli scarti che non sono di provenienza “urbana”. Trattare rifiuti speciali significa solo trattare rifiuti non urbani.

 

Comunque sono curioso: in che senso è “antieconomico”? Perché è incentivato? In questo mondo nel quale viviamo è “economico” solo il petrolio, il carbone ed il gas. Quindi la vostra posizione è, in definitiva: nessuna fonte rinnovabile, restiamo come stiamo. L’energia elettrica facciamola solo quando è economico nelle condizioni date dal mercato (cioè con il gas in una turbogas e il carbone in una grande centrale).

 

Mi permetto di non essere d’accordo.

 

 

Chiudo, anche se ci sarebbe molto altro da dire, con la richiesta all’arbitro di un cartellino “giallo” ed uno “rosso”: va tutto bene, si può non essere della stessa opinione o difendere gli stessi interessi, si può essere avversari e fare di tutto per far prevalere la propria volontà e desiderio, non bisogna perdere il rispetto. Non mi sono piaciuti alcuni passaggi: per definire qualcuno (soprattutto un giornalista) in “mala fede” bisogna essere certi. Se “sembra”, cioè non si è sicuri, è meglio astenersi e rispondere nel merito, non credete?

 

Accusare, senza avere prove e presentarle, persone incaricate di pubblico servizio, come un sindaco o un assessore, di aver tentato senza successo di farsi corrompere e di aver cambiato posizione perché non si è trovato un accordo di tale natura merita invece il “cartellino rosso”. Credo che se fossi coinvolto personalmente il mio avvocato avrebbe del lavoro (che di questi tempi è sempre benvenuto).

 

 

     

 Valle Telesina


Per intervenire: invia@vivitelese.it