Caro Ezio,
tu sai quanto me che
l'opposizione è una pratica faticosa, difficile,
spesso avara di soddisfazioni. E poi c'è tutto
da perdere: se la fai nel migliore dei modi non
ottieni nulla di pratico, se non la fai (o se la
fai in maniera blanda) ti esponi alle legittime
critiche di chi ha riposto fiducia in te e nella
tua coalizione.
Perché, allora,
ostinarsi tanto, procurarsi tanti nemici,
"perdere" tutto quel tempo che si potrebbe
magari dedicare alla cura della propria persona
e dei propri affetti? Ci sono diversi buoni
motivi:
1) non ha alcun senso,
per me, una politica concepita come mera
gestione del potere: un'impostazione del genere
contempla esclusivamente la vittoria elettorale,
da cui poi scaturiscono i posti in giunta, negli
enti strumentali, la distribuzione delle
prebende. Da qui deriva la grande difficoltà di
chi non può permettersi il lusso di mollare,
soprattutto dopo una sconfitta, di fronte alla
quale bisogna conservare la lucidità di
analizzare gli errori commessi per evitare di
ripeterli;
2) anche dopo una
sconfitta elettorale, come quella del 2004,
rimane un forte entusiasmo, capace di spronare
le coscienze e di mobilitare i corpi delle
persone. I problemi cominciano dopo, quando la
quotidianità rischia di abbattere anche i più
coriacei. Qui subentra un minimo di esperienza,
acquisita precedentemente al prezzo dei propri
sbagli: chi fa politica (non necessariamente di
professione) sa che tutto questo è fisiologico,
e che bisogna soltanto badare a rivitalizzare le
situazioni quando appaiono smorte, così come, al
contrario, occorre smorzare quegli entusiasmi
eccessivi, talvolta esaltati, che rischiano di
produrre soltanto cocenti delusioni. Insomma,
occorre continuamente cercare il punto di
equilibrio, e non è facile, soprattutto quando
vedi l’arroganza del potere divenire sempre più
ostentata;
3) poi c'è un fatto
tutto personale, che magari si potrebbe chiamare
orgoglio. Sai, ho ancora negli occhi le immagini
davanti al seggio elettorale, dopo lo spoglio,
allorquando i tifosi avversari intonavano toni
da stadio (NON PERDIAMO MAI, urlavano), come se
fosse tornato il Napoli di Maradona, che vinceva
su tutti i campi d'Italia e finanche d'Europa.
Chissà cosa dicono oggi, quegli stessi tifosi,
loro che contavano sui soliti noti perché
l'economia telesina continuasse a tirare... Cosa
dicono imprenditori, commercianti e cittadini,
oggi che tutto è tristemente fermo, asfittico,
miserevole nell'aspetto e nelle prospettive?
E poi ho nella mente e
davanti agli occhi lo sguardo di chi, dalla
nostra parte, aveva condiviso un progetto e si
era lasciato coinvolgere, senza calcoli
opportunistici né richieste clientelari da farsi
soddisfare. Nelle orecchie mi risuonano le
parole di coloro che, a caldo, ci chiedevano di
continuare, dopo le elezioni, la strada aperta
in quella bellissima campagna elettorale: ci
chiedevano una speranza, anche se la chiamavano
opposizione.
Telese è allo sbando,
infognata nel gorgo degli interessi privati,
disossata giorno per giorno sulla pietra del
calcolo economico, insudiciata nell'anima,
divenuta ormai indistinguibile zona grigia,
terra senza valori, crogiolo di possibilità
irrisolte e forse svanite per sempre.
Telese l'hanno
massacrata e la stanno massacrando: evito di
elencare i temi che conosci benissimo. Sui
lavori pubblici mi sono pronunciato insieme agli
altri consiglieri, e ti anticipo una campagna di
informazione (e spero mobilitazione) nelle
prossime settimane. Per quelli privati, beh, ti
scandalizzeresti se si scoprisse che buona parte
dei megainsediamenti sorti ovunque hanno
qualcosa a che fare con il clan dei Casalesi?
Nelle riunioni fatte
ultimamente ho avanzato la proposta di
un'iniziativa popolare sul tema dei lavori
pubblici e del PUC (Piano Urbanistico Comunale),
il tanto atteso strumento urbanistico che
proprio non si riesce a partorire. A quando la
grazia? Probabilmente mai, perché la giunta ha
tutto l'interesse a non svelare le carte; e
intanto i ben informati possono fare qualche
affaruccio.
Insomma, vorrei poter
dire ad una platea più vasta quello che
affermiamo in ogni consiglio comunale,
richiamando gli assessori, la giunta e il
sindaco alle loro colpose responsabilità.
Tu hai menzionato via
del Boschetto, una storia emblematica in cui ben
si vede l'intreccio tra gli interessi privati e
il ruolo pubblico. Ma potrei fare un bilancio
dell'operato di D'Occhio, assessore ai lavori
pubblici: la filiera termale, mi si passi il
termine, è una vergogna senza misura; mi viene
in mente la raccolta differenziata, che si è
confermata la presa in giro che avevamo
anticipato oltre un anno fa. E che dire della
viabilità e dei parcheggi? Avevamo chiesto un
progetto-obiettivo per i vigili urbani, affinché
prestassero sevizio le sere del finesettimana,
in cui sembra di stare in un far west:
niente da fare. E infine mi viene in mente il
sindaco, dottor Gennaro Capasso, che finge di
agitarsi ben sapendo di non poter aprire bocca
se D'Occhio non glielo consente.
Hai ragione: occorre
fare il punto della situazione, riprendere
un'azione organica di opposizione, avanzare le
nostre proposte: insomma, bisogna ricostruire
una praticabile speranza di alternativa. Mentre
tu le scrivevi, queste cose, a me capitava di
dirle in alcune riunioni. Non è il tempo dei
tentennamenti, dei calcoli, delle cautele: è il
tempo del coraggio e delle scelte nette. Io ci
sto, e sono convinto che in tante e tanti, nella
nostra Telese, raccoglieranno il tuo sprone.
11 maggio 2007
Gianluca Aceto
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