1 aprile 2005
Giovani a Telese, ritorniamo al futuro
Alessandro Liverini

 

 

Non saprei da dove iniziare, né dove andrei a finire se volessi parlare della gioventù telesina (o almeno la gioventù compresa nella mia generazione, poiché rischierei di offendere coloro i quali, arrotolati nei veli dell'età, ancora si sentono in diritto di esprimere la loro carica vitalistica... e fanno bene, ci mancherebbe altro!). Sento, però, l'esigenza di dover condividere alcune mie riflessioni sulle condizioni materiali e sui condizionamenti morali del nostro telesino presente.

 

Non conosco molto bene Federico Di Mezza e non me la sento di esprimere giudizi sulle sue riflessioni che rispetto, ma non condivido. Devo, però, lodare il suo coraggio espressivo e la sua perfetta e appassionata buona fede. Vivo a Telese da quando sono nato. A volte mi capita di passeggiare da solo, così da poter dedicare la mia attenzione alla riflessione e al ricordo. Paragono i passi di ieri in compagnia di mio nonno all'uscita di scuola, ai passi di oggi in compagnia della mia coscienza e della mia totale disillusione. Ci sono tante cose in comune, tante labirintiche (quasi misteriche) e affascinanti trame ad unire i sentieri di senso della mia infanzia, della mia addolescenza e del mio presente (che non riesco ad acrivere a nessuna categoria di età).

 

Il nodo, il centro focale è l'amore suggestivo e grande che nutro per ogni singolo lembo di quei quasi dieci chilometri quadrati della mia terra. Non è campanilismo sfrenato, né orgoglio di facciata, bensì una strana maternale sensazione di nido. Ho rispetto per le persone che mi circondano, anche se a volte mi capita di essere un po' duro. Non porto alcun tipo di rancore personale. Verso nessuno. Esprimo, però, con tutta la carica possibile il mio più totale dissenso verso quegli atteggiamenti (a tutte le età, si badi) che aprono la strada alla perdita di dignità, alla negazione del diritto e della libertà, allo sviluppo dell'ignoranza e della superficialità.

 

Viviamo in un periodo universale di grande smarrimento esistenziale:la scuola e la famiglia hanno perso il loro ruolo di guida etica e culturale, il lavoro inteso nella sua forma unitaria e nobilitante non esiste, l'ambiente è considerato un problema secondario e la sua tutela solo un optional, il sistema delle idee e dei valori è scardinato dalle fondamenta in nome di una improbabile modernizzazione. Se riduciamo in scala questa dimensione e vi aggiungiamo affarismo dilagante, realismo politico di bassa lega, interesse da "sportula", allora possiamo comprendere perchè l'elemento vitale della nostra comunità si è immobilizzato. Le sorgenti d'acqua corrente, i freschi torrenti, gli splenditi bacini delle nostre potenzialità intellettive, emotive e finanche fisiche sono ora uno stagno di cemento.

 

A Telese mancano i luoghi, i tempi e le volontà dell'incontro: sono stretti dalla morsa della privatizzazione e dell'atomizzazione delle sensibilità. Non ha tutti i torti Federico quando parla delle devianze e del disagio. Io, però, ancor prima di leggere Marx ero convinto (lo sono tuttora) che la condizione materiale condiziona lo status sociale e psichico-comportamentale di un individuo e non il contrario. Se, quindi, "l'alba tarda ad arrivare" (come cantava Battiato) non possiamo dare la colpa esclusivamente al libero arbitrio deviato.

 

Certo, ciascuno di noi ha delle responsabilità, ma quella più grande e, cioè, quella politica (in senso stretto) è di chi amministra la cosa pubblica. C'è bisogno di dare spazio ai giovani, ma non nella retorica elettoralistica tipica dei nostri politici(?) che spunta a cadenza quinquennale. Non bastano neanche le baby amministrazioni (in auge in alcuni comuni limitrofi), i forum o gli sportelli. E' necessario restituire a noi tutti, giovani telesini, il diritto a vivere Telese, per poter tornare a passeggiare con la spensieratezza, la felicità e l'innocenza del tempo che fu. Ritorniamo insieme al futuro. Auguri.

 

 

    

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