Le domande che ci verranno poste con i referendum del 12 e
13 giugno sembrano una sfida alla natura, una
manipolazione della vita. Non si può
disconoscere che di fronte ad un simile scenario
tecnologico si può restare affascinati o
angosciati.
Da qui il solo ed esclusivo motivo di questo intervento che
si conclude oggi: aiutare a capire i temi su cui
stiamo per essere chiamati a pronunciarci,
allungare una mano per poter uscire dal buio e
consentire una decisione consapevole e serena.
Nei
quattro
passi nei referendum,
pubblicati martedì 31 maggio, sono stati
esaminati i primi due dei quattro quesiti
referendari, di cui ricordiamo qui i punti più
importanti, come i limiti posti dal legislatore
alla ricerca clinica sugli embrioni, al divieto
di clonazione, alle limitate possibilità di
crioconservazione (conservazione degli embrioni
in azoto liquido a bassissima temperatura), alle
ipotesi di accesso alla Procreazione Medica
Assistita (PMA).
Il terzo quesito – contenuto nella scheda grigia – ci pone
tutta una serie di domande per sapere se siamo
d’accordo ad abrogare altre parti di alcuni
articoli della stessa legge. Trattasi invero di
concetti già esaminati nel precedente articolo –
cui si rinvia - ed in particolare il limite del
ricorso alla PMA, previsto solo per le coppie
sterili o infertili documentalmente accertate e
certificate dai sanitari, la possibilità di
accedere alla PMA solo quando non vi siano altri
metodi terapeutici (cioè quando non si sono
potute eliminare in altro modo le cause che
impediscono la procreazione), la previsione di
poter impiantare nell’utero un numero massimo di
tre embrioni, l’autorizzazione a crioconservarli
solo per accertata impossibilità all’intervento
dovuta allo stato di salute della donna
(dimenticando, invero, di disciplinare cosa
dovrà succedere in altre ipotesi, come un
ripensamento della donna all’ultimo minuto – per
il quale tra l’altro non è prevista alcuna
sanzione - una causa di forza maggiore, etc..).
Dalla lettura del testo legislativo si rileva che solo le
coppie possono ricorrere alla PMA che resta
quindi esclusa per i single,i gay e le
mamme-nonne. Stante il divieto di
crioconservazione (se non per gravi motivi di
salute della donna) è esclusa altresì la
fecondazione dopo la morte di uno dei due
partner.
Ma
il terzo quesito richiama la nostra attenzione
anche su un concetto nuovo riportato dal
legislatore, e cioè la parità di diritti di
tutti i soggetti coinvolti nella PMA, genitori e
concepito. .
|
Il concepito, l’embrione – secondo il
legislatore e secondo i fautori del NO -
è soggetto di diritto con pari dignità
rispetto ai suoi futuri genitori.
Diventa “persona” quindi fin dal momento
della fusione dei due patrimoni genetici
originari visto che la legge gli
riconosce il diritto di nascere |
Per i fautori del SI questa dichiarata parità di
diritti è smentita successivamente (art.6 comma
3) quando si riconosce che in realtà l’embrione
ha una tutela maggiore della madre, perché lei,
dicono, non può più rinunciare all’impianto dopo
la fecondazione dell’ovulo. La legge infatti
dice: “ la volontà può essere revocata da
ciascuno dei soggetti indicati nel presente
comma fino al momento della fecondazione
dell’ovulo”. Il diritto di autodeterminazione
della madre, che già dai tempi della legge
sull’aborto (194/78) le era stato riconosciuto
con la possibilità di scegliere l’interruzione
volontaria della gravidanza, cede quindi il
passo al diritto dell’embrione. E questo,
ritengono i fautori del SI, rappresenta una
inversione nella scala dei valori etici, ragion
per cui chiedono che questo comma sia abrogato.
Parimenti da abrogare, per i fautori del SI, è
la norma che impedisce il ricorso alla PMA ove
vi siano altri metodi terapeutici efficaci.
Ritengono che una tale limitazione limiti e
neghi l’autonomia decisionale dell’individuo in
tema di cure mediche. Di fronte ad una malattia
per la quale vi sono più possibilità di
cure,affermano, non può il legislatore escludere
il ricorso ad un tipo di cura solo perché ve ne
sono altre a disposizione. Deve poter essere il
soggetto affetto da quella patologia a decidere
a quale tipo di cura sottoporsi. Analogo
dissenso manifestano i fautori del SI per il
limite di ricorrere alla PMA solo in caso di
accertata e documentata sterilità o infertilità,
limite che, come già si è visto nella precedente
parte di questo intervento, ritengono ancora una
volta riduttivo della libertà di scelta
terapeutica riconosciuta a tutte le persone.
Il
quarto e ultimo quesito – contenuto nella scheda
rosa – tratta del divieto di fecondazione
eterologa, cioè della fecondazione assistita
tramite l’utilizzo di spermatozoi e/o ovociti
appartenenti ad un donatore o a una donatrice,
quindi non alla coppia. Per i trasgressori è
prevista una sanzione da 300.000 a 600.000 euro.
Se si ricorre alla fecondazione eterologa,
nonostante il divieto, sono previste in aggiunta
alla sanzione pecuniaria le seguenti ulteriori
limitazioni legali: a) il coniuge o il
convivente non può disconoscere la paternità del
bambino/a; b) il donatore di gameti (spermatozoi
o ovociti a seconda se uomo o donna) non
acquisisce alcuna relazione giuridica di
parentela con il bambino/a; c) la madre non può
chiedere di non essere nominata all’ufficio
anagrafe quando denunzierà la nascita del
bambino/a; d) il bambino/a è da considerare
figlio/a legittimo (o riconosciuto) della
coppia.
|
I fautori del SI chiedono l’abrogazione
di tutte queste norme e la possibilità
che anche in Italia, come in altri Paesi
europei si possa ricorrere alla
fecondazione eterologa. Il problema è
delicatissimo perché non sono rari i
casi in cui una coppia non è in grado di
procreare o perchè l’uomo è privo di
spermatozoi o perchè la donna non è in
grado di produrre ovociti. |
Per la attuale normativa questa coppia ha tre
scelte: può rassegnarsi a rinunciare ad avere
un figlio, può recarsi in quegli Stati esteri
(ove abbia soldi sufficienti) dove la
fecondazione eterologa è ammessa, può separarsi
e cercare un altro partner che non abbia
problemi a procreare.
Per i fautori del NO (quelli che non
vogliono la fecondazione eterologa) il problema
va capito fino in fondo per coglierne tutte le
implicazioni etiche. Ritengono che in una coppia
con figlio nato da fecondazione eterologa si
crea uno squilibrio tra la madre – che è madre
biologica ed affettiva – ed il padre, che è solo
padre affettivo, con il rischio che un tale
squilibrio possa ripercuotersi negativamente nei
rapporti tra figlio e genitori.
La fecondazione eterologa è ammessa in Austria, Germania,
Inghilterra, Spagna e Svezia. In Francia e
Norvegia è ammessa con alcune limitazioni (solo
quando la PMA non ha avuto successo) mentre in
America è ammessa e possono ricorrervi anche le
donne single.
I quattro referendum che abbiamo esaminato stanno
dividendo il Paese per le implicazioni
ideologiche che derivano dal lasciare la legge
così come è (se vincono i NO o gli
astensionisti) o abrogarne alcune parti, come
chiedono quelli che voteranno SI.
Certo è che il desiderio di avere un figlio per tante
coppie è condizione di vita e da tale scelta
dipende molte volte anche la prosecuzione del
rapporto coniugale. Per chi vive da fuori il
problema non è facile comprendere le paure, i
desideri, le vergogne,le aspirazioni alla base
del desiderio della coppia. Se questa si
sottopone alla Procreazione Medica Assistita
significa che ha accettato di sottoporsi ad un
percorso complicato sia a livello medico che
psicologico ed emotivo.
Ma se è vero che un bambino ha bisogno di affetto, di
amore, attenzione e cure è da ritenere che chi
lo ha tanto desiderato sarà un buon genitore,
indipendentemente dal suo stato civile e dalla
tecnica utilizzata per poterlo far nascere. Ed è
quello che conta.
|