Il
signor Ivan Pruni si interroga e ci interroga
intorno ad un tema che, effettivamente, dovrebbe
suscitare l’interesse di tutti, cittadini ed
amministratori, ed è questo: dove finirà Telese?
Intorno a questo dilemma ci confrontiamo spesso
anche noi iscritti alla sezione della Quercia di
Telese Terme ed è sicuramente difficile
rispondere con un solo intervento. Ma proviamo
almeno a mettere sul tavolo qualcuna tra le
questioni più importanti.
Cominciamo con qualche considerazione sul
territorio, che dovrebbe essere sempre al centro
dell’attenzione sia di chi amministra che di chi
è amministrato. La natura ci ha favorito in
tutto regalandoci ciò che, in altre zone del
mezzogiorno, manca, e cioè l’acqua. Bene
prezioso per qualsiasi attività umana e per la
salute di tutti, arriva nella nostra cittadina
in varie forme. Dall’acqua sulfurea a quella del
Grassano, dal lago alla Seneta, questo elemento
fondamentale della vita dell’uomo è presente in
quantità tali da rimanere, in alcuni casi,
persino inutilizzata. Da qualche anno anche il
Cerro, piccola sorgente all’interno del Parco
delle Terme, attiva solo nei mesi estivi, ha
ricominciato a scorrere abbondantemente ma
inutilmente in un punto del Parco
irraggiungibile a causa della caduta di un
vecchio ponticello di legno…Si è in attesa dei
finanziamenti dei Pit, ma non ricordo che sia
stato spiegato ai cittadini di Telese con
chiarezza di che tipo di intervento si tratta e
se sarà finalmente restituita a tutti questa
area del Parco in modo da poter ancora godere
della sua bellezza originaria (era nel passato
uno degli angoli più incantevoli del Parco delle
Terme!). Negli ultimi decenni l’area era stata,
inspiegabilmente e contro ogni buon senso,
abbandonata ad un totale degrado.
Vi
è, poi, una fonte di acqua, quella che si trova
di fronte alla biblioteca municipale, che da
anni scorre invano: ma se non fosse potabile per
quale motivo non riconvertirla per altri usi?
Oltretutto siamo anche in una zona con una
agricoltura assolutamente favorevole a
produzioni vinicole e olearie di buona qualità,
ma che potrebbero raggiungere livelli
qualitativi ancora più alti.
Cosa potremmo desiderare di più per e dal nostro
territorio, con una vocazione così evidente
verso due attività, l’agricoltura ed il turismo,
a cui aggiungere anche l’artigianato, per non
parlare poi di attività legate alla cultura,
allo sport e al tempo libero (lo ricordava il
prof. De Masi, noto sociologo, in occasione
della presentazione di un suo libro avvenuta nel
Parco delle Terme) e che potrebbero creare
occupazione e condizioni di vita decisamente
ottimali?
Da
ciò possiamo solo concludere che, essendo stati
baciati non dalla fortuna ma dalla natura in
maniera anche considerevole, e se abbiamo tanti
problemi (e certamente li abbiamo: degrado
dell’ambiente e del sottosuolo, mancanza di aree
ben curate di verde pubblico, strade non
sufficientemente alberate, invasione del cemento
con palazzi che spuntano ovunque come funghi
senza nessuna regola, distruzione di giardini
che scompaiono con rapidità, carenza di servizi
sia ai cittadini sia ai turisti insieme alla
scarsa funzionalità di quelli già esistenti,
ecc.), dobbiamo cercare la responsabilità
esclusivamente nell’opera degli uomini, in quel
rapporto tra uomo e realtà circostante, tra uomo
e, appunto, natura, tra uomo e ambiente.
E
qui possiamo cominciare a fare delle
considerazioni più concrete. Nel momento in cui
l’uomo, nel suo operare quotidiano, distrugge
proprio quelle risorse da cui, invece, potrebbe
trarre infiniti vantaggi e benefici, bisogna
interrogarsi su quale deve essere il modo di
amministrare la cosa pubblica. Voglio dire, più
chiaramente, che chi amministra dovrebbe tenere
in grande considerazione le esigenze di tutta la
collettività e non quella di singoli cittadini o
di gruppi di persone. Non è detto che sia
semplice, ma bisognerebbe perlomeno provarci.
Ogni volta, per esempio, che si colpisce con
violenza l’ambiente, le conseguenze non sono
immediatamente visibili, ma con il tempo si
trasformano in un danno che diventa sempre più
costoso per tutti riparare. Infatti,
indipendentemente da chi sia la responsabilità
oggettiva dei fatti, quel danno si trasforma in
un onere di spesa per tutti i cittadini.
I
fiumi, per esempio, sono stati oggetto in
passato di un intervento quale la
cementificazione delle sponde, che è contrario a
qualsiasi logica di buon senso. Basta osservare,
in caso di maltempo, la velocità che l’acqua
acquisisce nello scorrere, per capire come
questo modo di aggredire la natura potrebbe
portare, in caso di alluvione, a disastri
imprevedibili. L’unica soluzione possibile è
quella di rimuovere definitivamente il cemento
dai fiumi per ristabilire l’ecosistema
preesistente, utilizzando piante autoctone, che
abbiano la funzione di trattenere l’acqua, e in
modo che, nello stesso tempo, l’acqua stessa
venga riassorbita dalla terra, cosa che non può
avvenire con il cemento. Ogni altro intervento
sarebbe solo un palliativo e non la risoluzione
del problema. Questo è quanto affermato anche da
Mario Tozzi, noto geologo, in televisione
durante un servizio dedicato alla cittadina di
Cervinara.
Ma, come sappiamo, non è solo questo il danno
provocato da un uso irrazionale del cemento. Lo
stesso vale per qualsiasi altro esempio. Le
case, secondo gli esperti, non dovrebbero mai
essere costruite a ridosso l’una dell’altra e
gli alberi, che sono salute per le persone e non
un lusso, andrebbero distribuiti tra una casa ed
un’altra, piuttosto che raggruppati solamente in
determinate aree. Si poteva costruire in maniera
diversa a Telese? Ci si poteva preoccupare di
più dei problemi del sottosuolo? Noi della
sezione della Quercia riteniamo di sì. Riteniamo
che si possa costruire senza danneggiare, in
alcuni casi irrimediabilmente, l’ambiente. Ma
per fare questo, ogni volta che si affronta un
problema, bisogna sempre considerare l’impatto
ambientale e bisogna conoscere bene le reali
esigenze degli abitanti. In altre parole,
conoscere bene il territorio per coniugarlo con
le esigenze degli abitanti, cercando anche di
utilizzare e trasformare in positivo quello che
già c’è, piuttosto che costruire dovunque e
comunque e a tutti costi, favorendo solo la
speculazione edilizia.
La
nostra sezione si è posta l’obiettivo di
segnalare con chiarezza, come abbiamo fatto
anche in passato, qualsiasi intervento che
danneggi in maniera irreversibile l’ambiente ed
è per questo che abbiamo sottolineato l’evidente
incongruenza di quanto deciso dalla attuale
amministrazione, cioè di veicolare il traffico
proveniente dal ponte che collega Solopaca a
Telese Terme, situato nei pressi del lago,
facendolo passare proprio sulla strada,
recentemente asfaltata, dello specchi lacustre,
e che poi transiterebbe sulla via dove è situata
attualmente la scuola media della nostra
cittadina, con tutte le conseguenze del caso. A
nostro avviso l’impatto sul fragile ecosistema
del lago potrebbe essere di notevole importanza
e aggraverebbe sicuramente la situazione delle
sponde che, al contrario, se vogliamo salvare la
risorsa “lago”, andrebbe salvaguardata.
Alla luce di tali considerazioni, ci sembra
indispensabile ridiscutere con i cittadini e con
tutte le forze politiche, che fossero
interessate ad un cambiamento della politica sin
qui seguita dall’attuale amministrazione, una
prospettiva più generale per Telese. Siamo anche
convinti, come sottolineato dal signor Pruni,
che dietro un progetto vi è sempre anche una
idea di cultura, evidentemente diversa tra un
gruppo politico ed un altro, il che apre un
lungo confronto, a cui può partecipare chiunque
voglia dire la sua.
Ringraziamo anche ViviTelese per lo spazio che
mette a disposizione di tutti.
Carla Cirillo
(direttivo DS della sezione Mario Cirillo di
Telese Terme, aderente alla sinistra ecologista)
P.S.
Per il signor Pruni e per chiunque fosse
interessato allego il testo di un servizio
giornalistico di informazione uscito sulla
rivista mensile Natural Style, n. 29 novembre
2005, sull’energia solare:
Hai deciso di mettere sul tetto un pannello che
cattura i raggi del sole e li trasforma in
elettricità? Puoi guadagnarci rivendendo
l’energia che ti avanza.
Chi installa i pannelli fotovoltaici li paga di
tasca propria, ma poi può recuperare i soldi
vendendo ciò che non consuma al Gestore. La
spesa per l’installazione l’ammortizzi, è vero,
in una decina di anni, passati i quali è tutto
guadagno netto. Facciamo un esempio. Con un
impianto di 15 metri quadrati di pannelli che
costa circa 14 mila euro, sufficiente per una
famiglia media, puoi guadagnare 45 centesimi a
kW venduto.
Con un impianto più grosso arrivi a 49
centesimi. Per ottenere il finanziamento in
conto energia, invia entro il 31 dicembre una
raccomandata con la domanda, il progetto e la
cauzione al Gestore della Rete di Trasmissione
Nazionale (viale Pilsudski 92, 00197 Roma).
Entro tre mesi sai se sei
ammesso ed entro 6 inizi i lavori. Per saperne
di più:
www.grtn.it/ ita/
fotovoltaico/ IncentivazioneEnergiaFotovoltaica,asp.
Altre informazioni:
www.ecorete.it,
oppure:
www.il
porteledelsole.it.
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