Ciao ViviTelese. Sul vostro sito leggo un
articolo interessante sulla dimostrazione della
non esistenza di Cristo e della discussione che
ne è derivata tra un parroco e lo studioso
Cascioli . Nell’articolo, tra le altre cose, si
parla di prove storiche, cristiane e non, della
esistenza di Gesù, che secondo il Cascioli,
sarebbero confutabili e, Cristo, altri non
sarebbe che Giovanni di Gamala. Non voglio
essere l’ avvocato né del prete ne di Cascioli,
ma mi sembra giusto, visto che i due ne parlano,
e per completezza dell’argomento, elencare
alcune fonti storiche della figura del Cristo.
(Che poi sia Giovanni di Gamala ….io questo non
lo so).
Saluti
Francesco Giaquinto
Prove storiche da fonti non
cristiane
dell'esistenza e della vita di
Gesù Cristo
studio elaborato
sulla base di ricerche di M. Gleghorn.
Nonostante l'evidenza dell'accuratezza e della
fedeltà storica del Nuovo Testamento della
Bibbia, molte persone rifiutano di accettarne e
crederne il contenuto perché vogliono un
riscontro in fonti non bibliche e non cristiane
che ne avvalorino le affermazioni.
Alcuni agnostici
ed atei affermano che escludendo "qualche oscuro
riferimento in Giuseppe Flavio e simili", non ci
sono prove storiche della vita di Gesù al di
fuori della Bibbia.
La realtà è che
tali prove esistono, e in questo articolo ne
osserveremo qualcuna.
Prove dagli annali di Cornelio
Tacito
Cominciamo con un
passaggio che lo storico Edwin Yamauchi
definisce "probabilmente il riferimento più
importante a Gesù al di fuori del Nuovo
Testamento".
Cornelio Tacito è comunemente riconosciuto come
storico tra i più scrupolosi, come ci attesta
anche l'antica testimonianza di Plinio il
Giovane che ne loda la diligenza; Tacito si
dedicò infatti con gran scrupolo alla raccolta
di informazioni e notizie, utilizzando non solo
fonti letterarie, ma anche documentarie. Per la
sua posizione politica, egli aveva accesso agli
acta senatus (i verbali delle sedute del
senato romano) e gli acta diurna populi
romani (gli atti governativi e le notizie su
ciò che accadeva giorno per giorno).
Riportando la decisione dell'imperatore Nerone
di riversare sui Cristiani la colpa
dell'incendio che distrusse Roma nel 64 d.C.,
Tacito scrisse:
"Nerone si inventò dei colpevoli e sottomise a
pene raffinatissime coloro che la plebaglia,
detestandoli a causa delle loro nefandezze,
denominava cristiani. Origine di questo nome era
Christus, il quale sotto l'impero di Tiberio era
stato condannato all'estrema condanna dal
procuratore Ponzio Pilato"
(Tacito, Annali XV, 44).
Cosa possiamo
apprendere da questo antico (e piuttosto
animoso) riferimento a Gesù e ai primi
Cristiani? Notiamo, innanzi tutto, che Tacito
riporta che il titolo di Cristiani deriva da una
persona realmente esistita, chiamata Christus,
il nome latino per Cristo. Di lui si dice che ha
subìto "l'estrema condanna", alludendo
ovviamente al metodo romano di praticare
l'esecuzione capitale mediante la crocifissione.
Questi avvenimenti sono avvenuti "durante il
regno di Tiberio" e per decisione di Ponzio
Pilato. Ciò conferma le affermazioni del Vangelo
sulle circostanze della morte di Gesù.
Tacito riporta anche le seguenti notizie sulla
persecuzione verso i cristiani:
"Alla pena vi aggiunse lo scherno: alcuni
ricoperti con pelli di belve furono lasciati
sbranare dai cani, altri furono crocifissi, ad
altri fu appiccato il fuoco in modo da servire
d'illuminazione notturna, una volta che era
terminato il giorno. Nerone aveva offerto i suoi
giardini per lo spettacolo e dava giochi nel
Circo, ove egli con la divisa di auriga si
mescolava alla plebe oppure partecipava alle
corse con il suo carro. . . . [I cristiani]
erano annientati non per un bene pubblico, ma
per soddisfare la crudeltà di un individuo."
Come Tacito,
anche Svetonio (120 d.C.), scriba
dell'imperatore Adriano, fa riferimento a Gesù
ed i suoi seguaci nelle Epistole (X, 96). Nella
"Vita di Claudio", inoltre, egli scrive:
"Claudio espulse i giudei da Roma, visto che
sotto l'impulso d'un certo Christus non
cessavano di agitarsi" (Claudius 25).
Ci sono inoltre
altri autori antichi, fra i quali Epitteto,
Galeno, Celso, l'imperatore Marco Aurelio, il
siriaco Mara Bar Serapion e Luciano di Samosata;
questi e altri hanno fatto allusioni a Gesù e ai
cristiani.
(N.d.r.: Per
quanto riguarda i commenti sulle "nefandezze" di
cui si accusavano i Cristiani, si rimanda alle
note a fine pagina).
Prove da Plinio il Giovane
Un'altra
importante fonte di prove storiche su Gesù e sui
primi Cristiani si trova nelle lettere di Plinio
il Giovane all'imperatore Traiano. Plinio fu
allievo del famoso retore Quintiliano, ed era il
governatore romano di Bitinia, in Asia Minore, e
del Ponto. Egli ci ha lasciato una raccolta di
epistole contenute in 10 libri, l'ultimo dei
quali contiene il carteggio ufficiale tra lui e
l'imperatore Traiano. Queste lettere risalgono
per lo più al periodo del governatorato di
Plinio in Bitinia, ovvero agli anni 111-113, e
sono una fonte documentaria di eccezionale
importanza.
In una delle sue
lettere, egli chiede consiglio a Traiano sul
modo più appropriato di condurre le procedure
legali contro le persone accusate di essere
Cristiane (cfr. Plinio, Epistole X,96).
Plinio dichiara di avere necessità di consultare
l'imperatore riguardo a tale questione, poiché
un gran numero di persone, di ogni età, sesso e
ceto sociale, erano state accusate di essere
Cristiani.
Il procedimento
di Plinio è il seguente: egli interroga i
presunti Cristiani, e se essi risultano tali, e
non ritrattano entro il terzo interrogatorio, li
manda a morte. Per coloro che neghino di essere
Cristiani, o dicano di esserlo stato in passato,
anche vent'anni prima (allusione alle apostasie
dovute alla persecuzione di Domiziano?), egli
pretende la dimostrazione di quanto affermano,
inducendoli a sacrificare agli dei, a venerare
l'effigie dell'imperatore e a imprecare contro
Gesù Cristo.
A un certo punto
della sua lettera, Plinio riporta alcune
informazioni sui Cristiani:
"Essi avevano l'abitudine di incontrarsi in un
certo giorno prestabilito prima che facesse
giorno, e quindi cantavano in versi alternati a
Cristo, come a un dio, e pronunciavano il voto
solenne di non compiere alcun delitto, né frode,
furto o adulterio, né di mancare alla parola
data, né di rifiutare la restituzione di un
deposito; dopo ciò, era loro uso sciogliere
l'assemblea e riunirsi poi nuovamente per
partecipare al pasto - un cibo di tipo ordinario
e innocuo"
(Plinio, Epistole, trad. di W. Melmoth, revis.
di W.M.L. Hutchinson, vol. II, X,96).
Questo passaggio
ci fornisce un interessante scorcio della vita e
delle pratiche dei primi Cristiani. Innanzi
tutto, leggiamo che i Cristiani si incontravano
regolarmente un certo giorno per adorare. Poi,
leggiamo che la loro adorazione era diretta a
Cristo, e ciò dimostra che essi credevano
fermamente nella Sua divinità.
Inoltre, la frase di Plinio che sottolinea come
i Cristiani cantassero inni a Cristo "come a un
dio", viene interpretata da uno studioso come
riferimento al fatto singolare che, "a
differenza degli dèi che venivano adorati dai
romani, Cristo era una persona che era vissuta
sulla terra" (M. Harris, "References to Jesus in
Early Classical Authors"). Se questa
interpretazione è corretta, allora Plinio
comprendeva che i Cristiani stavano adorando una
persona realmente esistita che però reputavano
essere Dio stesso. Questa conclusione concorda
perfettamente con la dottrina della Bibbia
secondo cui Gesù è Dio ma venne nel mondo come
uomo.
Non solo la
lettera di Plinio ci conferma ciò che i primi
Cristiani credevano sulla persona di Gesù, ma
rivela anche la grande considerazione in cui
tenevano i Suoi insegnamenti. Ad esempio, Plinio
nota che i Cristiani "pronunciavano il voto
solenne" di non violare alcuno standard morale,
il che trova la sua fonte negli insegnamenti e
nell'etica di Gesù. Inoltre, il riferimento di
Plinio all'usanza Cristiana di condividere un
pasto comune fa evidentemente riferimento alla
loro osservanza di prescrizioni Cristiane come
la comunione fraterna e lo "spezzare il pane"
insieme, di cui parla il Nuovo Testamento
(Habermas, "The Historical Jesus").
Plinio sottolinea
anche che il loro era "un cibo di tipo ordinario
e innocuo", quindi rigetta le false accuse di
"cannibalismo rituale" sollevate da alcuni
pagani, come Cecilio (cfr. Bruce, "Christian
Origins", 28), insieme ad altre simili dicerie
(infanticidio, riunioni edipodee e cene tiestee
in cui ci si cibava di infanti), e non ritiene i
Cristiani pericolosi membri di sodalizi
sovversivi.
Circa le molte calunnie contro i
Cristiani (su cui aveva anche fatto leva Nerone
per accusarli dell'incendio di Roma), il
cartaginese Quinto Settimio Fiorente Tertulliano
(160-222 circa), avvocato e letterato, dichiarò
espressamente che esse non avevano nulla a
vedere con i motivi delle sentenze di morte:
"Le vostre sentenze", scrive, "muovono da
un solo delitto: la confessione dell'essere
cristiano. Nessun crimine è ricordato, se non il
crimine del nome". Egli anzi cita la formula
di queste sentenze: "In
fin dei conti, che cosa leggete dalla tavoletta?
'Egli è cristiano.' Perché non aggiungete anche
omicida?".
Prove da Giuseppe Flavio
Quelli che forse
sono i riferimenti più notevoli a Gesù al di
fuori della Bibbia, si trovano negli scritti di
Giuseppe Flavio, uno storico giudeo-romano del
primo secolo (nacque nel 37 d.C.), che fu prima
delegato del Sinedrio e governatore della
Galilea, ed in seguito consigliere al servizio
dell'imperatore Vespasiano e di suo figlio Tito.
Nelle sue
"Antichità giudaiche", egli menziona diverse
volte Gesù e i Cristiani. In uno dei riferimenti
descrive l'illegale lapidazione dell'apostolo
Giacomo, che era a capo della comunità cristiana
di Gerusalemme, avvenuta nel 62, descritto come
un atto sconsiderato del sommo sacerdote nei
confronti di un uomo virtuoso: "Anano ...
convocò il sinedrio a giudizio e vi condusse il
fratello di Gesù, detto il Cristo, di nome
Giacomo, e alcuni altri, accusandoli di
trasgressione della legge e condannandoli alla
lapidazione" (Ant. XX, 200). Questa descrizione
combacia con quella fatta dall'apostolo Paolo in
Galati 1:19, dove egli parla di "Giacomo, il
fratello del Signore".
In un altro
passo, Giuseppe Flavio menziona la figura di
Giovanni Battista; Erode Antipa, per sposare
Erodiade moglie del proprio fratello aveva
ripudiato la figlia di Arete, re di Nabatene, la
quale si rifugiò dal proprio padre. Ne sorse una
guerra nel 36 in cui Erode fu sconfitto, e
questo è il commento di Giuseppe Flavio:
"Ad alcuni dei Giudei parve che l'esercito di
Erode fosse stato annientato da Dio, il quale
giustamente aveva vendicato l'uccisione di
Giovanni soprannominato il Battista. Erode
infatti mise a morte quel buon uomo che spingeva
i Giudei che praticavano la virtù e osservavano
la giustizia fra di loro e la pietà verso Dio a
venire insieme al battesimo; così infatti
sembrava a lui accettabile il battesimo, non già
per il perdono di certi peccati commessi, ma per
la purificazione del corpo, in quanto certamente
l'anima è già purificata in anticipo per mezzo
della giustizia. Ma quando si aggiunsero altre
persone - infatti provarono il massimo piacere
nell'ascoltare i suoi sermoni - temendo Erode la
sua grandissima capacità di persuadere la gente,
che non portasse a qualche sedizione - parevano
infatti pronti a fare qualsiasi cosa dietro sua
esortazione - ritenne molto meglio, prima che ne
sorgesse qualche novità, sbarazzarsene prendendo
l'iniziativa per primo, piuttosto che pentirsi
dopo, messo alle strette in seguito ad un
subbuglio. Ed egli per questo sospetto di Erode
fu mandato in catene alla già citata fortezza di
Macheronte, e colà fu ucciso"
(Antichità XVIII,116-119).
Altrettanto
interessante, e davvero sorprendente, è un
capitolo della stessa opera, conosciuto come
"Testimonium Flavianum", nel quale leggiamo
(libro 18, capitolo 3, paragrafo 3):
"Ci fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio, se
è lecito chiamarlo uomo: era infatti autore di
opere straordinarie, maestro di uomini che
accolgono con piacere la verità, ed attirò a sé
molti Giudei, e anche molti dei greci. Questi
era il Cristo. E quando Pilato, per denunzia
degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce,
non cessarono coloro che da principio lo avevano
amato. Egli infatti apparve loro al terzo giorno
nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini
profeti queste e migliaia d'altre meraviglie
riguardo a lui. Ancor oggi non è venuta meno la
tribù di quelli che, da costui, sono chiamati
Cristiani"
(Giuseppe Flavio, Antichità XVIII, 63-64).
Giuseppe Flavio
menziona anche Giovanni il Battista, e Giacomo
il fratello di Gesù. Egli parla inoltre del
battesimo praticato da Giovanni il Battista, dei
suoi discepoli, della sua condanna a morte sotto
Erode (Antichità XVIII, 5). E' interessante la
seguente citazione dal libro 20 capitolo 9
paragrafo 1 della sua opera:
"Festo era ora morto, e Albino era per la
strada; così riunì il Sinedrio dei giudici, e
portò dinanzi a loro il fratello di Gesù che era
chiamato Cristo, il cui nome era Giacomo, e
alcuni altri, e quando ebbe formato un'accusa
contro di loro come violatori della legge, li
consegnò loro per essere lapidati"
(Giuseppe Flavio, ibid.).
Alcuni studiosi
esprimono dubbi sull'autenticità del primo brano
di questi due brani; ritengono infatti che
Giuseppe Flavio sia realmente l'autore del
brano, ma che questo possa essere stato alterato
da qualche Cristiano. Il motivo di questi dubbi
è che Giuseppe Flavio non era un Cristiano, e
quindi essi trovano difficile credere che egli
potesse fare affermazioni in favore della
divinità di Cristo. Ad esempio, l'affermazione
che Gesù era "un saggio" la ritengono originale,
mentre sospettano la frase "se è lecito
chiamarlo uomo", in quanto essa lascia scorgere
l'idea che Gesù potesse essere di natura divina.
Allo stesso modo, trovano difficile che un non
cristiano possa attribuire a Gesù il titolo di
"Cristo".
Notiamo però che secondo il Vangelo ciò fu
precisamente quello che fece Pilato; è scritto
anche che Erode credeva nei miracoli di Gesù, ma
che Gesù non volle compiere alcuno dei miracoli
che Erode gli chiese di fare. Né Pilato né Erode
erano Cristiani. Dopo la morte di Gesù, persino
il centurione romano che era con le guardie
arrivò a dire: "veramente costui era Figlio di
Dio" (Matteo 27:54).
Anche lo storico Eusebio, vissuto agli inizi del
IV secolo, conosceva questo passaggio di
Giuseppe Flavio e lo accettò come originale; lo
stesso fecero Girolamo e Ambrogio. Persino il
tedesco A. von Harnack, noto per le sue violente
critiche, lo considerò originale.
Roger Liebi scrive: "...dal punto di vista della
critica dei testi (cioè dall'esame dei vecchi
manoscritti tramandatici), non appare
giustificato neanche il minimo dubbio in merito
a una simile falsificazione. Vi è da aggiungere
l'interessante constatazione che Eusebio
(263-339) ha conosciuto questo passo, perché lo
riporta due volte nei suoi scritti. Una volta
nella «Storia della chiesa» I,12 e una volta
nella «Demonstratio Evangelica» III,5. Vi è pure
da notare che, fra gli altri, il Dott. H. St.
John Thackeray, uno dei più importanti studiosi
inglesi delle questioni concernenti Giuseppe
Flavio, ha di recente constatato che questo
passo mostra determinate peculiarità
linguistiche che sono caratteristiche di
Giuseppe Flavio".
Lo studioso A. Nicolotti commenta: "...se il
passo su Gesù fosse stato costruito a tavolino
da un interpolatore cristiano, sarebbe stato
verosimilmente inserito subito dopo il resoconto
di Giuseppe su Giovanni Battista, mentre in
Giuseppe l'accenno a Gesù non segue il racconto
di Giovanni. D'altra parte, sarebbe strano che
Giuseppe abbia omesso di registrare qualche
informazione su Gesù, dato che si occupa del
Battista, di Giacomo e di altri personaggi del
genere; né il cristianesimo, da storico qual
era, gli poteva essere ignoto, essendo a quei
tempi penetrato fin nella famiglia imperiale.
Quando poi Giuseppe più avanti tratta di
Giacomo, invece di indicare come si faceva di
solito il nome del padre per identificarlo
(Giacomo figlio di...), lo chiama "fratello di
Gesù detto il Cristo", senza aggiungere altro,
lasciando intendere che questa figura era già
nota ai suoi lettori. Se a ciò si aggiunge che
Flavio Giuseppe parla già di altri "profeti"
(come appunto Giovanni, oppure Teuda), è
perfettamente plausibile che si sia occupato
anche di Cristo".
In ogni caso, anche scegliendo di non
considerare i punti "sospetti" di questo
passaggio, che diversi studiosi di larga fama (F.
K. Burkitt, C.G. Bretschneider, A. von Harnack e
R.H.J. Schutt) hanno invece difeso, rimane
ugualmente una buona quantità di informazioni
che avvalorano la visione biblica di Gesù.
Leggiamo che era "un uomo saggio" e che "compì
opere straordinare". E sebbene fosse stato
crocifisso per mano di Pilato, i Suoi seguaci
"non scomparvero", ma anzi continuarono a
seguire la via di Cristo e furono conosciuti
come Cristiani. Quando combiniamo queste
affermazioni con la frase di Giuseppe: "Gesù,
detto Cristo", ne emerge un quadro piuttosto
dettagliato che si armonizza bene con i
resoconti biblici. Appare sempre più evidente
che il "Gesù biblico" e il "Gesù storico" sono
la stessa persona.
Prove dal Talmud Babilonese
Ci sono solo
pochi riferimenti espliciti a Gesù nel Talmud
Babilonese, una collezione di scritti rabbinici
ebrei, compilata verso il 70-500 d.C. circa. Il
primo periodo di compilazione del Talmud è il
70-200 d.C. (Habermas, ibid.). Il passaggio più
significativo che fa riferimento a Gesù è il
seguente:
"Alla vigilia della Pasqua [ebraica], Yeshu fu
appeso. Per quaranta giorni prima
dell'esecuzione, un araldo . . . gridava: "Egli
sta per essere lapidato perché ha praticato la
stregoneria e ha condotto Israele verso
l'apostasia" (Talmud Babilonese, trad. di I. Epstein, vol.
III, 43a/281; cfr. Sanhedrin B, 43b).
Esaminiamo questo
passaggio. "Yeshu" (o "Yeshua") è il nome di
Gesù in lingua ebraica. Ma allora perché è
scritto che Gesù "fu appeso"? Il Nuovo
Testamento non dice che Gesù fu crocifisso?
Questo è certo, ma il termine "appeso" indica
proprio la crocifissione. Ad esempio, in Galati
3:13 leggiamo che Cristo fu "appeso", in Atti
10:39 che fu "appeso al legno", e in Luca 23:39
questo termine viene usato anche per i criminali
che furono crocifissi assieme a Gesù. Troviamo
questo termine anche in Giuseppe Flavio.
Il Talmud afferma inoltre che Gesù fu crocifisso
alla vigilia della Pasqua ebraica, proprio come
riportato nel Nuovo Testamento (Matteo 26:2;
27:15).
Ma che dire
allora dell'annuncio dell'araldo, secondo cui
Gesù sarebbe dovuto essere lapidato? La condanna
che avevano in mente i Giudei era evidentemente
la lapidazione (ciò si evince molto chiaramente
dal Nuovo Testamento in Giovanni 10:31-33, 11:8,
8:58-59). Furono i Romani a cambiare tale
giudizio, mutandolo in crocifissione (cfr.
Giovanni 18:31-32).
Il passaggio
spiega anche il motivo per cui Gesù fu
crocifisso. Esso riporta che Egli praticava la
"stregoneria" e che aveva "condotto Israele
verso l'apostasia". Dal momento che questa
affermazione proviene da una fonte ostile a
Cristo, non meraviglia il fatto che questi Ebrei
descrivessero la situazione dal loro punto di
vista. È interessante, però, notare il
parallelismo tra queste accuse e quelle rivolte
dai farisei a Gesù nel Nuovo Testamento. Essi
infatti, vedendo le liberazione da Lui compiute,
lo accusavano di scacciare i demòni "con l'aiuto
di Beelzebub, principe dei demòni" (Matteo
12:24). Notiamo anche che questa è una conferma
del fatto che Gesù compì realmente delle opere
miracolose. A quanto pare i Suoi miracoli erano
talmente reali da non poter essere negati
pubblicamente, dunque l'unica alternativa era
attribuirli alla stregoneria! Allo stesso modo,
l'accusa di aver condotto Israele verso
l'apostasia, collima con il racconto del Vangelo
secondo cui i capi di Israele accusarono Gesù di
stare sovvertendo la nazione mediante i Suoi
insegnamenti (Luca 23:2,5). Una simile accusa da
parte dei religiosi dell'epoca, non fa altro che
confermare la realtà della potenza degli
insegnamenti di Gesù.
Dunque, se letto con attenzione, questo
passaggio del Talmud conferma diverse
affermazioni che il Nuovo Testamento fa su Gesù.
Prove da Luciano
Il retore
scettico Luciano, nato a Samosata intorno al 120
e morto dopo il 180, attivo nell'età degli
Antonini, ci ha lasciato un'opera intitolata "La
morte di Peregrino". In essa, egli descrive i
primi Cristiani nel seguente modo:
"I Cristiani . . . tutt'oggi adorano un uomo -
l'insigne personaggio che introdusse i loro
nuovi riti, e che per questo fu crocifisso. . .
. Ad essi fu insegnato dal loro originale
maestro che essi sono tutti fratelli, dal
momento della loro conversione, e [perciò]
negano gli dèi della Grecia, e adorano il saggio
crocifisso, vivendo secondo le sue leggi"
(Luciano, De morte Per., 11-13, trad. di H.W.
Fowler).
Sebbene Luciano
si beffi dei primi Cristiani per la loro scelta
di seguire "il saggio crocifisso" anziché "gli
dèi della Grecia", egli riporta diverse
informazioni interessanti. Innanzi tutto, egli
dice che i Cristiani servivano "un uomo", che
"introdusse i loro nuovi riti". E sebbene i
seguaci di questo "uomo" avevano chiaramente un
alto concetto di Lui, molti dei Suoi
contemporanei Lo odiavano per i Suoi
insegnamenti, al punto che "per questo fu
crocifisso".
Pur non
menzionandone il nome, è chiaro che Luciano si
sta riferendo a Gesù. Ma cosa aveva fatto Gesù
per farsi odiare fino a questo punto? Secondo
Luciano, aveva insegnato che tutti gli uomini
sono fratelli dal momento della loro
conversione. E fin qui niente di pericoloso. Ma
cosa si intendeva con "conversione"? Significava
abbandonare gli dèi Greci, adorare Gesù, e
vivere secondo i Suoi insegnamenti. Non è
difficile immaginare che una persona venga
uccisa per aver insegnato queste cose in quell'epoca.
Inoltre, sebbene Luciano non lo dica
esplicitamente, il fatto che i Cristiani
rinnegassero gli altri dèi e adorassero Gesù, e
facessero questo pur essendo consapevoli delle
persecuzioni cui andavano incontro, implica che
per loro Gesù era senza dubbio più che un essere
umano. Perché tante persone arrivassero a
questo, rinnegando tutti gli altri dèi, appare
evidente che per loro Gesù era un Dio più grande
di tutti gli altri dèi che le religioni della
Grecia potevano offrire!
Conclusioni di Gleghorn… dunque, cosa
abbiamo appreso su Gesù da questo studio delle
antiche fonti non cristiane.
Primo, sia
Giuseppe Flavio che Luciano riconoscono che Gesù
era un saggio. Secondo, Plinio, il Talmud, e
Luciano, implicano che Egli era un insegnante
potente e riverito. Terzo, sia Giuseppe che il
Talmud indicano che Egli compì opere miracolose.
Quarto, Tacito, Giuseppe, il Talmud, e Luciano,
menzionano tutti il fatto che Egli fu
crocifisso. Tacito e Giuseppe dichiarano che ciò
avvenne sotto Ponzio Pilato. E il Talmud
dichiara che il periodo era quello della vigilia
della Pasqua ebraica. Quinto, ci sono possibili
riferimenti alla risurrezione di Gesù sia negli
scritti di Tacito che in quelli di Giuseppe.
Sesto, Giuseppe racconta che i seguaci di Gesù
credevano che Egli fosse il Cristo, cioè il
Messia. E infine, sia Plinio che Luciano
indicano che i Cristiani adoravano Gesù come
Dio.
Rendiamoci conto
di come anche prendendo in considerazione alcuni
degli antichi scritti non cristiani, le verità
su Gesù riportate nei Vangeli sono da essi
avvalorate e confermate. Naturalmente, oltre
alle fonti non cristiane ve ne sono anche
innumerevoli Cristiane, come conseguenza della
conversione di tanti a ciò che era ed è più che
semplicemente un fatto storico. |