Intervento riferito a: Un'altra scuola è possibile

 

 

26 settembre 2005
Rosario Lavorgna, contributo di riflessione
Rosario Lavorgna

 

 

Egregio Garofalo,

Ho appena finito di leggere lo scritto da Lei inviato dal titolo "Un'altra Scuola è possibile", e onestamente parlando un'altra Scuola l'ho intravista, non so se si tratti di una dalla connotazione "possibile", di sicuro quel tipo di Scuola la si incontra nei libri di storia, lì dove si parla dell'istruzione dei bambini i cui genitori erano confinati nei Goulag siberiani.

 

Editorialmente parlando, poi, non so se lei si rende conto di essere passato da una opinione apprezzabile, anche se contestabile del suo primo scritto sullo stesso argomento, ad una feroce, sgarbata ed inopportuna analisi squisitamente politica dell'argomento Scuola, tanto da non solo ridicolizzare le Istituzioni centrali del nostro Paese, ma fomentando in chi dovrebbe leggere una sorta di ribellione, o disobbedienza, come la si osa definire oggi, nei confronti di un pianeta sociale, come la Scuola, che indotti ci si ostenta a non comprendere e a demolire, avendo buona cura di non distruggere solo l'immagine di una riforma, ma la sagoma di chi l'ha voluta e dell'intero governo alla guida del paese.

 

E passo così ad analizzare qualche punto bollente:

 

"Evidentemente, gli “acuti ideologi” del centro-destra sanno bene che la Scuola Pubblica svolge un ruolo fondamentale ed eversivo nella misura in cui forgia personalità ribelli."

 

Mio caro amico, solo Lienin, Stalin e Mao sfornavano dalla Scuola gli stampini: oggi li chiameremmo cloni. Il ruolo eversivo della scuola è solo quello di pretendere di imbottire i ragazzi di verità assolute che nell'era spaziale nella quale viviamo sono acquisite all'unico scopo di farsi una idea passeggera, e non certo per ostentare una ideologia metamorfosi.

 

"E’ assolutamente innegabile, infatti, l’importanza della scuola nel processo di formazione della mentalità, del carattere, delle attitudini, degli interessi, dei valori e delle aspirazioni ideali delle persone, in modo particolare dei soggetti in età evolutiva."

 

Egregio Garofalo, la scuola non è più il luogo dove avviene la mutazione genetica del credo ideologico. Questo processo non avviene più da almeno mezzo secolo. La spiegazione è semplice: Uno dei motivi per cui Thomas Carlyle, filosofo e politologo inglese del XIX secolo già sosteneva la morte dell'ideologia politica era per la troppo veloce espansione della Rivoluzione Industriale. Immagini oggi, che i nostri ragazzi vivono, forse, la decima rivoluzione industriale, quanto siano interessati ad essere imbottiti da una parte o dall'altra.

 

"Io credo che un rinnovamento sociale e politico passi soprattutto attraverso un rinnovamento culturale. In tal senso ritengo decisivo rilanciare la funzione della scuola e dell’educazione."

 

Caro Garofalo, perchè si ostina a parlare di rinnovamento sociale e rinnovamento culturale quando sa bene nella sua esperienza ideologica, appena urlata ai quattro venti, che nessun rinnovamento sociale o culturale giunge a prescindere da una rivoluzione. Il concetto dovrebbe esserle chiaro, se non lo fosse basta che lei acquisti l'interessante volume (che con piacere ho letto) "Hasta la victoria" Einaudi Ed. di Ernesto Che Guevara, lì dove parla delle stesse argomentazioni di rinnovamento sociale e culturale. Ma mi potrà dire che quì non siamo in Bolivia, o a Cuba, e io le risponderei che ci arriveremo presto, basta attendere il 2006. E' pur vero che oggi non essite più la grande madre Russia, ma almeno è rimasta la grande madre Cina.

 

"Oggi, il principale problema della scuola italiana è costituito dal corpo docente, precisamente dallo scadimento e dalla svalutazione della professionalità e del ruolo degli insegnanti, dunque dallo stato di malessere, demotivazione, avvilimento e frustrazione che li attanaglia."

 

Caro amico, il vero e unico problema della Scuola italiana, nel senso che ha voluto concedere all'affermazione virgolettata, non è lo svilimento, nè la svalutazione della professionalità, nè certo la frustrazione. Provi a pensare se nelle buste paga degli insegnanti vi fossero 1000 euro in più al mese: pensa che lei avrebbe più, o chiunque altro, la possibilità fisiologica di affermare una cosa del genere, o di nichilizzare il sistema nuclearizzandolo alla base? No.

 

"Così pure sono sempre più prevalenti e condizionanti gli incarichi di lavoro aggiuntivo e le attività “funzionali all’insegnamento”, in realtà funzionali solo ad un tipo di organigramma che assomiglia sempre più ad una caricatura del modello aziendale neocapitalista. Questi adempimenti sottraggono tempo prezioso all’insegnamento e al rapporto con i ragazzi. Inoltre, gli insegnanti sono sempre più tartassati dai soprusi, dalle intimidazioni e dall’arroganza di tanti “presidi-manager” che hanno scambiato la scuola per un’azienda e l’autonomia scolastica per una tirannia dei dirigenti."

 

Egregio Garfalo, la Scuola è un'azienda, e lo era pure quando il maestro Edmondo De Amicis era in servizio. Poi spieghi a noi tutti, come farebbe con i suoi allievi, che intende per modello aziendale neocapitalista, perchè onestamente parlando, e soprattutto dopo aver valutato i pro e i contro della riforma voluta dalla manager-ministro Moratti, non si evidenzia una 'caricatura' del genere,bensì il contrario, vista la grande quantità di carta che vi è compresa. Come si sa, viceversa il neocapitalismo americano, (perchè a quello faceva riferimento,e contestualmente alla filovicinanza di Arcore a quell'idea -  dica la verità almeno perchè oggi non vige più la regola del dire il peccato ma non il peccatore) è molto spiccio, e non prevede alcuna forma di burocrazia che possa incrinare tale lucida testimonianza. Relativamente poi ai dirigenti tiranni e, immagino ovviamente, anche loro neocapitalisti, gli si potrebbe imporre un corso serale di Comunismo reale, magari con approfondimenti e riflessioni sul volume 'Die Bulgarishe Schullen Shaft' (La scuola bulgara), testo edito dalla Garzanti ed in uso presso la Facoltà di Scienze Politiche di Napoli. Forse in questo modo, dal 2006 in poi, sarà possibile imporre anche una divisa ai dirigenti scolastici che, smessi i panni dei manager, andranno a svolgere forse il ruolo di dirigenti politici di base. 

 

"Nel frattempo, il potere d’acquisto degli stipendi è crollato vertiginosamente, come pure è in caduta verticale l’intero sistema scolastico, che vede nei docenti il perno centrale da ricostruire attraverso iniziative tese a stimolare ed accrescere la loro professionalità."

 

Quest'ultima sua affermazione, Esimio Garofalo, è la chiosa al suo discorso, è il diapason di una analisi nata per caso e trasformatasi in un vero e proprio comizio elettorale, ovviamente, dal pulpito meno indicato: la Scuola. Che dirle: il virgolettato sembra uscire dal testo di un'accesso dibattito sindacale, dal manuale di 'Coscienza Operaia', non certo dalla bocca di un insegnante che per caso, ma solo per caso, si intende anche di potere d'acquisto degli stipendi, o analisi statistiche dei grafici vettoriali che portano alla salita o al crollo il danaro. E con quale coraggio poi ci si lamenta del fatto che " Oggi, il principale problema della scuola italiana è costituito dal corpo docente, precisamente dallo scadimento e dalla svalutazione della professionalità e del ruolo degli insegnanti...", quando questi ultimi hanno tante e tali competenze socio politiche ed economiche che non hanno niente a che vedere con la scuola?

Se poi lo "stato di malessere, demotivazione, avvilimento e frustrazione..." che attanaglia qualche insegnante deve sfociare in affermazioni come: "E’ ora (finalmente) di mandare a casa gli unni e i vandali che hanno occupato il governo della nazione, saccheggiando e sciupando le risorse migliori, i beni culturali e materiali più preziosi, lo stato sociale, il ricco patrimonio di civiltà, i diritti e la legalità democratica del nostro Paese.Costoro hanno scambiato lo Stato per un’impresa privata e l’hanno ridotto in brandelli, l’hanno straziato, svilito e oltraggiato...", allora a tutti potrà essere chiaro cosa è divenuta la Scuola Italiana oggi. Un grazie sincero per avercelo ribadito e reso finalmente chiaro.

 

Rosario Lavorgna

 

 

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